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Oliver Twist

Polanski traspone Dickens come mai si era visto, in un film di commovente generosità espressiva

25 ottobre 2005

 






Noi vi segnaliamo...
OLIVER TWIST
di Roman Polanski

Londra, XIX Sec. Il piccolo Oliver Twist scappa dall'istituto per giovani orfani gestito dal perfido Sig. Bumble e si unisce ad un gruppo di ladruncoli di strada che fanno capo al vecchio Fagin. Durante una delle scorribande del gruppetto di furfanti, Oliver viene arrestato mentre gli altri ragazzi riescono a farla franca. Tuttavia, quella che potrebbe essere una disgrazia, si rivela per il piccolo orfano una svolta felice perché in suo aiuto giunge il facoltoso Sig. Brownlow, che testimonia in suo favore e dopo averlo fatto scagionare lo accoglie nella sua bella e confortevole casa...
Dal romanzo di Charles Dickens.


Distribuzione Medusa
Durata 130'
Regia Roman Polanski
Con Barney Clark, Ben Kingsley, Jamie Foreman, Frank Finlay, Harry Eden, Leanne Rowe, Edward Hardwicke, Frances Cuka
Genere Drammatico

La critica
''E' perfetto in ogni particolare. Bravi gli attori, incantevoli le scenografie, superlativa la fotografia, straziante il piccino con i piedi piagati, generosa (anche di tette, ma uno degli abiti indossati è originale) la prostituta Nancy, spietato Bill Sykes, onnipresente il patibolo, consultate tutte le illustrazioni d'epoca (ecco perché i personaggi secondari sembra di averli già visti), ripescato anche Gustave Doré per i titoli di testa. Manca solo il 'Polanski's touch'. Se ne può fare a meno. Ma un po' si soffre''.
Mariarosa Mancuso, 'Il Foglio'
 
''Polanski ha realizzato un film d'immagini classicheggianti e di tono prevalentemente patetico, appena smussato dalla recitazione grottesca di alcuni attori (Ben Kingsley; in particolare). Barney Clark ha un faccino d'angelo che sottolinea la passività di Oliver''.
Roberto Nepoti, 'Vanity Fair'

''Questo Oliver Twist è uno dei più belli passati o sul grande o sul piccolo schermo. Risultato di una ampia e bella coralità, di una ricostruzione d'ambiente credibilissima. E questo è merito di Polanski. Il resto lo fanno il soggetto di Dickens e la sceneggiatura di Ronald Harwood (...) L'area del London Bridge è evocata nel film abbastanza bene da dare il meglio che possa dare un film: l'illusione della realtà. La recitazione è invece sopra le righe, pensata com'è per un pubblico infantile al quale l'orco va delineato con certezza. Magari i cattivi fossero sempre così nettamente connotati...''
Maurizio Cabona, 'Il giornale'

''Una narrazione che, Dickens docet, sa scavare nell'umanità e dipingere con uguale incisività sia la bontà che la feroce grettezza. Una storia senza tempo, per dirla con Polanski, immedesimato nel suo protagonista 'sopravvissuto'. Vedere per credere: strappa l'applauso la sequenza in cui Fagin, Artful Dodger e Nicky insegnano a Oliver come agire. Una vera lezione. Di cinema e di vita''.
Raffaella Giancristofaro, 'Film TV'

''Un oggetto emozionantissimo, girato ad altezza dì bambino, messo in scena con la leggerezza e la coreografia magica di un musical, filtrato attraverso una profonda sapienza del fumare la letteratura dell’800 (lo stesso che Polanski aveva usato in Tess), i tempi e la complessità corale del suo racconto, ma anche. e forse soprattutto, di autobiografia. (...) Muovendosi con agilità tra le pagine e il denso pilot dickensiano, il film snellisce, semplifica e a volte modifica certi toni del romanzo. La narrativa è sciolta, lieve. Il senso della durata come un incantesimo''.
Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto'

Racconto d'autunno
La città livida e maligna, vorace puttana dei suoi sudditi, ha un nuovo figlio ribelle: il percorso ovattato di Oliver è fuga dall’ortodossia del degrado (degli altri, di sé stesso), un volo impazzito sotto il cielo plumbeo di una società affamata e corrotta dove il confine tra Bene e Male è sfumatura, la chincaglieria borghese incontra il pendaglio da forca. Polanski, deponendo la Storia per una semplice storia, risolve trionfalmente una doppia operazione: traspone Dickens come mai si era visto, in un film di commovente generosità espressiva (una Londra ricostruita a Praga che intimidirebbe Scorsese) e superbo sincretismo narrativo (tanti intrecci si sfiorano - dall'ebreo alla prostituta - in un set nebbioso e lunare), e ad un tempo adatta il suo (e soltanto suo) cinema. Ripassando lievemente le amate suggestioni (la soggettiva, lo sguardo alterato: personaggi che spesso si ''affacciano'' sulla storia come 'Il pianista', la camminata sul tetto è puro 'Frantic') evita ogni trappola del film per bambini: prima che (il rispetto di) un topos Oliver è velenosa metafora, densa di sfacciato humor caustico, rigorosamente articolata contro tutti i pioli (i piani alti del collegio si ingozzano mentre i cuccioli fanno la fame), la purezza stuprata dalla necessità, il dettato ontologico del male necessario. Un canto strozzato fra la sorte e la morte: stante la burla grottesca dell'orribile Bumble che si impicca da solo il film provocatoriamente chiude mostrando, filtrati dai vetri di una carrozza (oppure cinepresa), i preparativi per l'ennesima forca. Oliver è salvo, si stringe il nodo scorsoio. Nelle mani di un maestro, nei corpi di un cast stupendo (la sobrietà di Barney Clark contro tutti i ''bambini prodigio''), l'inquieta giovinezza di un classico invincibile.

Emanuele Di Nicola (Gli Spietati)

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25 ottobre 2005
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