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Omaggio a Rosario

Mentre Viareggio cerca, dopo l'immane tragedia ferroviaria, di ritornare alla normalità...

04 luglio 2009

Dopo l'immane tragedia ferroviaria che nella notte tra lunedì e martedì ha trasformato la bella Viareggio in un inferno crudele ed ingiusto (LEGGI), la città cerca di ritornare lentamente alla normalità della vita di tutti i giorni. Ieri mattina all'alba, infatti, è stata riaperta la stazione, riattivando così la linea Tirrenica. Il primo treno a fermare nella stazione flagellata dall'esplosione, è stato il regionale 23375 La Spezia-Pisa alle 5:54.
Purtroppo il numero dei morti è ulteriormente aumentato e 4 feriti rimangono molto gravi. Il numero delle vittime è salito a 22.

Unendoci umanamente al dolore di tutti quelli che nell'insopportabile tragedia, della quale ancora si devono trovare le cause certe e le responsabilità, hanno perso un familiare o un amico, qui vogliamo fare un omaggio a Rosario Campo, falegname 42enne di Pozzallo (RG), emigrato in Toscana tanti anno fa, e che nella strage di Viareggio a perso la vita in maniera terribile. Rosario, infatti, al momento dell'esplosione del convoglio ferroviario, era vicino al luogo della deflagrazione a bordo di un ciclomotore, assieme alla moglie Claudia Frasca, 36 anni, che è ricoverata in gravissime condizioni in ospedale. Rosario è morto carbonizzato, mentre la moglie ha riportato gravi ustioni su tutto il corpo. A dare l'allarme a Pozzallo, come hanno rivelato diversi quotidiani locali siciliani, sono stati i due figli della coppia, un ragazzo di 16 anni e una ragazza di 13 anni.
A lui rivolgiamo come omaggio l'articolo di Fabrizio Ravelli (pubblicato nei giorni scorsi su Repubblica.it), un articolo che ci è piaciuto particolarmente perché che ci è sembrato un grande atto di devozione verso tutte le "persone normali", tutte quelle persone che rappresentano il nostro vero Paese e che incarnano il vero dolore, le vere speranze, la vita vera.

Una vita, casa e lavoro sbriciolata in quella macchia sull'asfalto
LA STORIA TRAGICA DI ROSARIO L'EMIGRANTE

di Fabrizio Ravelli (Repubblica.it, 2 luglio 2009)

Lascia poche tracce, la morte pompeiana che tutto ha bruciato e fissato in cenere. Quello che resta dell'ultimo istante di Rosario Campo è una macchia sull'asfalto di via Burlamacchi, una macchia grigia disseminata di pochi frantumi. I morti di Viareggio, almeno parecchi di loro, sono un niente. Un tronco carbonizzato in un cassetto dell'obitorio, e qualche povero minimo resto sulla strada. La gente scruta inorridita, prova a immaginare che cosa c'era - di vita, affetti, passioni - dietro a quelle macchie nere.
Di Rosario, quarantenne falegname provetto, salito a Viareggio da Pozzallo provincia di Ragusa, andando all'indietro da quei resti, troviamo la normalità solida e vera di un uomo, il nucleo di una famiglia felice. Quella normalità che la cronaca spesso nasconde, ma è lì che c'è la verità.
Andrea, il volontario della Croce Verde che l'altra notte l'ha prima coperto e poi raccolto fra le braccia, dice: "Stava morto con le gambe piegate e le braccia tese, così com'era sulla moto, accartocciato sulle strisce pedonali". Come a Pompei, lo dicono tutti. La moto non c'era più, scivolata cinquanta metri più in là, e bruciata. Claudia, la moglie, sbalzata via ma viva, i vestiti in fiamme. L'hanno spenta, con una coperta, le hanno strappato i vestiti, poi via all'ospedale. Ora è ricoverata a Cesena, ha ustioni sull'80 per cento del corpo, in condizioni gravissime. La vegliano i fratelli, la sorella minore, e il figlio grande Salvatore, 16 anni. Sono ospiti di una Casa famiglia. Giulia, la figlia minore, è da parenti a Massa.

Nella macchia sull'asfalto ci sono pochi pezzi della Yamaha 650, la custom nera che Rosario aveva comprato molti anni fa. Ci sono le leve di freno anteriore e frizione. Una pinza, due piccole chiavi inglesi, la chiave a tubo della candela. Uno specchietto retrovisore. Quattro fibbie, forse delle cinghie di uno zaino. Quattro placche in metallo, con un fiore in rilievo: vengono da una cintura. Viaggiavano su via Burlamacchi, una strada che corre lungo le rotaie. Di là, a monte, il disastro di via Ponchielli, il quartiere devastato. Ma lo scoppio ha colpito anche da questa parte. Sei auto bruciate parcheggiate in fila, e anche una di passaggio: quelli che erano a bordo si sono salvati. Rosario e Claudia andavano verso la passeggiata a mare, magari un gelato prima di rientrare. Erano stati a Bocchette, al laboratorio della New Farg, la ditta di Rosario, per recuperare un telefonino dimenticato. Via Burlamacchi non è la strada naturale per arrivare in passeggiata: "L'ha fatta per abitudine - dice il socio Giorgio Ruffino - Era la strada della darsena. Ma anche questo sembra destino".

Casa di Rosario e Claudia è a Massarosa, dieci chilometri da Viareggio, nell'interno, al numero 129/c di via don Minzoni. Una villetta nuova, comprata due anni fa, gialla con le persiane verdi che oggi sono tutte chiuse. Una folla di amici sta sotto il portico, intorno a Salvatore, il vecchio padre di Rosario, salito ieri da Pozzallo. La madre è rimasta là, alla notizia ha avuto un malore. Il padre parla solo siciliano, trema per il dolore, vuole a tutti i costi che lo portino a vedere Rosario. Dice: "Me l'hanno sbattuto di qua e di là come acqua, nemmeno so dove sta". Proveranno a fargli cambiare idea: è meglio che non veda quei poveri resti. Non sarà facile convincerlo. Il dolore di questa folla siciliana è un silenzio pesante, una vibrazione che ti scuote. Giorgio Ruffino, suo fratello Francesco, e Rosario erano i tre soci della New Farg. "Ci siamo conosciuti qua a Viareggio, e messo su la ditta sedici anni fa - racconta Giorgio - Eravamo già falegnami formati, io anche figlio di falegname. Un mestiere ce l'avevamo". Per chi sa fare bene quel mestiere, Viareggio è il posto giusto: "Facciamo arredi per barche, lavoriamo soprattutto per la Fipa Yacht dei signori Guidetti, padre e figlio". Un lavoro di fino, precisione assoluta. Rosario, come i suoi soci, era uno che lavorava a testa bassa, uno serio. "Serio, tranquillo, disponibile. Sempre pronto a dare una mano", dicono tutti gli amici.

La moglie Claudia, conosciuta e sposata a Pozzallo, e venuta al Nord con lui, era invece "solare, allegra, piena di voglia di vivere". Casalinga, badava a Salvatore, 16 anni, e a Giulia, 13, studenti. Avevano abitato nel quartiere dell'ex campo di aviazione, poi l'acquisto della casa nuova. "Lui non aveva grandi passioni, magari una partita a calcetto ogni tanto. Ma lavorava sempre, a volte anche il sabato per conto proprio". Contavano i giorni prima delle vacanze, giù al paese. Sotto il portico della villetta il dolore della famiglia è solido come la vita di Rosario, della sua Claudia che ha bisogno di un miracolo. C'è tutto questo, ed è molto, dietro quella macchia nera sull'asfalto di via Burlamacchi.

 

 

 

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04 luglio 2009
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