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Omaggio ai repubblichini

Il ministro La Russa e il sindaco Alemanno rendono omaggio ai fascisti della Repubblica di Salò

09 settembre 2008

- «Alemanno dice che se non fosse stato per le leggi razziali il fascimo non sarebbe stato poi così male».
- «Insomma lo hanno rovinato i soliti sporchi ebrei!».

[Vauro, "il manifesto" 09 settembre 2008]

"Farei un torto alla mia coscienza se non ricordassi che altri militari in divisa, come quelli della Rsi, soggettivamente dal loro punto di vista combatterono credendo nella difesa della patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli angloamericani e meritando quindi il rispetto, pur nella differenza di posizioni, di tutti coloro che guardano con obiettività alla storia d'Italia".
Tra di loro - intendendo tra di loro di destra - avranno sicuramente detto: "Eh già, buon sangue non mente!". Per chi invece, continua a non riuscire a vedere nulla di buono nel fascismo, il sangue portatore di verità è un sangue nero, che affonda le proprie radici in quel ventennio nel quale furono in vigore leggi razziste e nel quali si strinse alleanza con Hitler, uno dei mostri più terribili di tutta la Storia dell'Uomo.
Nonostante ciò, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, da persona sicuramente non ipocrita, a Porta San Paolo, nel giorno in cui si è ricordato il 65° anniversario della difesa di Roma dalle truppe di occupazione naziste, giorno che segnò anche l'avvio della Resistenza militare e partigiana, non ha voluto fare torto alla sua anima "nera", a quella sua coscienza che ancora freme pensando Benito Mussolini.

Dichiarazioni che sembrano un rincaro di dose su quanto detto in questi giorni dal sindaco di Roma Gianni Alemanno, che aveva definito il fascismo "un fenomeno complesso, al quale molti vi aderirono in buona fede". Le leggi razziali "quelle sì che furono il male assoluto, un cedimento al nazismo". Come dire, per Alemanno se il fascismo non fosse inciampato su quell'errore sarebbe stato  veramente niente male.
Certo, sia La Russa che Alemanno hanno poi condito le proprie dichiarazioni con una serie di svolazzi linguisitici così da far apparire tutto molto corretto, il sindaco della Capitale ha infatti "condannato l'esito antidemocratico e liberticida di quel regime", mentre il ministro della Difesa ha ricordato quei "giorni drammatici" che "aprirono quella tragica stagione che vide il territorio nazionale diviso in due, con gli italiani schierati su fronti opposti. Stagione che si concluse con il ritorno della libertà e della democrazia, la sconfitta del fascismo e soprattutto la liberazione dal giogo nazista".
Ma di quella brace sotto la cenere... se ne sente ancora tutto il calore.

Ieri sul palco di Porta San Paolo anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che non ha appoggiato il ricordo di La Russa verso i repubblichini. "Vorrei incoraggiare tutti a rafforzare il comune impegno di memoria, di riflessione, di trasmissione alle nuove generazioni del prezioso retaggio della battaglia di Porta San Paolo, della difesa di Roma e della Resistenza", ha detto il Capo dello Stato. "Tutte le componenti ideali, sociali, politiche, della società italiana, - ha aggiunto - si possono trovare nel sentire come propria la Costituzione, nel rispettarla, nel trarne ispirazione". Il presidente ha esortato tutte le forze politiche ad "animare un clima di condiviso patriottismo costituzionale". Napolitano ha ricordato: "L'8 settembre 1943 sancì il crollo - nella sconfitta e nella resa, nonostante il sacrificio e l'eroismo dei nostri combattenti - di quel disegno di guerra, in alleanza con la Germania nazista, che aveva rappresentato lo sbocco fatale e l'epilogo del fascismo. Ma quell'8 settembre annunciò nello stesso tempo la nascita della Resistenza, nel duplice segno che la caratterizzò fino all'insurrezione vittoriosa e alla Liberazione del 25 aprile del'45". Nel clima "di dissoluzione e pauroso sbandamento che seguì l'armistizio con le forze angloamericane, avrebbe davvero potuto essere travolta la patria : così non fu, così non sarebbe stato, perchè nacque in quello stesso giorno un decisivo moto di riscossa e di rinascita, che chiamammo ben presto Resistenza". "Una Resistenza", ha sottolineato infine Napolitnao, "che andrebbe ricordata nella sua interezza". "Per questo ho parlato di un duplice segno della Resistenza: quello della ribellione, della volontà di riscatto, della speranza di libertà e di giustizia che condussero tanti giovani a combattere nelle formazioni partigiane e quello del senso del dovere, della fedeltà e della dignità che animarono la partecipazione dei militari, compresa quella dei seicentomila deportati nei campi tedeschi, rifiutando l'adesione alla Repubblica di Salò".

Il "ritorno di fiamma" letto fra le righe delle frasi di Alemanno e di La Russa, ha ovviamente scatenato svariate polemiche, incominciando da quella, più che detta resa nell'azione, di Walter Veltroni che si è dimesso dal comitato per il Museo della Shoah di Roma. Il leader del Pd era stato tra i promotori del comitato del museo romano e, dopo le sue dimissioni da primo cittadino, gli era stato chiesto di rimanere. "Ho deciso ora però di presentare le mie dimissioni dal consiglio - ha spiegato - dopo le dichiarazioni del sindaco Alemanno che mi sono apparse gravissime. Quel tentativo di esprimere un giudizio "doppio" sul fascismo, questa ambiguità non chiarita e anzi se possibile aggravata dalle successive dichiarazioni mi feriscono e mi fanno ritenere impossibile rimanere al mio posto nel comitato presieduto da lui".
Il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, si è impegnato a parlare con Walter Veltroni, che "ha avuto il grande merito di aver iniziato questo lavoro", perché "sarebbe anacronistico, quasi un'ironia della sorte, concludere questo progetto senza la sua presenza". Pacifici ha inoltre evidenziato che "non esiste un fascismo buono e uno cattivo, perché l'ideologia fascista ha provocato le leggi razziali. Oggi il museo della Shoah serve più che mai".

Per Massimo D'Alema, "colpisce molto questa rivalutazione del fascismo che viene da parte di esponenti di governo e istituzionali. Trovo che, prima nelle affermazioni di Alemanno, e adesso in quelle del ministro La Russa si confondano ruoli istituzionali con riflessioni di natura storica assai discutibili". Il "cittadino La Russa - ha aggiunto D'Alema - può pensare quello che vuole, ma il ministro della Difesa è lì per ricordare la lotta antifascista da cui è nata la repubblica di cui egli è ministro. Invece la 'repubblichina' di Salò è un'altra cosa". Per quanto riguarda il giudizio storico, ha aggiunto D'Alema, "io credo che il fatto sia quello di ricordare, come disse una volta Violante, che i caduti, coloro che sono morti in buona fede, sono persone che meritano rispetto. Una cosa è questo e l'altra è la valutazione del conflitto in cui c'era chi combatteva dalla parte della democrazia e chi dalla parte del fascismo e del nazismo". Chi combatteva da questa parte, ha concluso l'esponente del Pd, "aveva torto e guai a dimenticarlo".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it, Corriere.it]

- La Repubblica Sociale Italiana (Wikipedia)

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09 settembre 2008
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