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Omicidio Fragalà: tre arresti a Palermo

Sulla morte dell'avvocato l'ombra della mafia. Due dei presunti killer sono affiliati a Cosa Nostra

11 luglio 2013

Dopo tre anni dalla sua morte, sono stati arrestati a Palermo, i tre presunti killer dell'avvocato Enzo Fragalà, aggredito il 23 febbraio del 2010 a colpi di bastone, a pochi metri dal suo studio, e morto in ospedale dopo 3 giorni di coma.
Secondo quanto reso noto dai carabinieri del nucleo investigativo palermitano, due dei presunti omicidi sono affiliati a Cosa Nostra. I tre arrestati sono Francesco Arcuri e Salvatore Ingrassia - già detenuti per mafia ed estorsione e ritenuti affiliati al mandamento di Porta Nuova - e Antonino Siragusa.

Il commando che ha ucciso Fragalà era formato da cinque persone, secondo la ricostruzione degli inquirenti. Oltre ad Arcuri, Ingrassia e Siragusa, ci sarebbero anche Giuseppe Autieri e Antonino Abate che avrebbero fatto da "autisti". Le figure dei due emergono nell'ordinanza firmata dal gip Ferdinando Sestito. A parlare di Autieri è la pentita Monica Vitale, che aveva una relazione con un uomo d'onore, che lo apprende dal suo fidanzato Gaspare Parisi.
"Parisi me lo ha confidato - ha spiegato Monica Vitale - Mi ha detto: si sono sbagliati (quando hanno indagato Ivano Parrino, ndr) perché quello è stato Francesco Arcuri con Giuseppe Autieri". Vitale ha inoltre detto che Autieri e Arcuri si muovevano sempre con un Sh300, moto con cui sarebbero scappati dal luogo del delitto. I due, ha detto la pentita, "agivano per conto del capo mandamento Di Giovanni".
Antonio Abate è stato invece intercettato alle 20.08 del 23 febbraio mentre telefona a Siragusa. Per gli inquirenti, pur non essendoci ulteriori riscontri tali da giustificare una misura cautelare, è uno dei protagonisti dell'aggressione perché, trovandosi già nei pressi di via Nicolò Turrisi poco prima del delitto chiamò Siragusa per dirgli "ma che tempo perdi? Minchia! Siamo rimasti alle otto meno cinque!". Dopo qualche minuto le telecamere immortalarono Siragusa e Ingrassia arrivare a piedi. I due furono poi ripresi mentre si allontanavano dalla scena del delitto, subito dopo l'aggressione. Siragusa, in particolare, faceva un cenno con la mano come per chiamare qualcuno che, secondo gli inquirenti, li aspettava in macchina.

A permettere l'arresto è stato l'incrocio dei dati estrapolati dai tabulati e dalle celle telefoniche, delle riprese video delle telecamere di sorveglianza piazzate nella zona del delitto. Ad incastrare i tre presunti omicidi è stata in particolare un'intercettazione, effettuata nell'ambito di un'altra indagine, e poi messa in relazione con la morte dell'avvocato. Un'ora prima dell'omicidio del penalista, il 23 febbraio del 2010, i tre parlavano tra loro. "Chiddi unn'è cuntu cà s'annu arricugghiutu cù u cuoso i lignu" (quelli ancora non sono arrivati con quel coso di legno) dice Siragusa agli altri due. Durante la conversazione i tre si mettono d'accordo sui mezzi da utilizzare. "Perché? Con quale motore devi venire?", dice Siragusa ad Arcuri. "Con lo Scarabeo", risponde l'altro. "No!", ribatte Siragusa. "Che ce ne facciamo se quello poi deve buttare il motore - dice Arcuri - che fa ce ne andiamo tutti e due con la macchina?". "Come deve buttare il motore?", chiede Siragusa. "Veniamo tutti e due con la macchina - spiega ancora Siragusa -  Poi lui... tu ti porti il motore e lui se ne viene via con me". Poi l'accenno al bastone: "Ancora quelli non sono tornati con il coso di legno", dice Siragusa.

Se sugli esecutori materiali è stata accertata la verità, ancora incerto è il movente del delitto. Due le piste seguite dai carabinieri: quella passionale e quella mafiosa. Secondo la Vitale il penalista sarebbe stato ucciso perché aveva infastidito la moglie di un cliente. Ma gli investigatori non escludono, invece, che dietro al delitto ci siano scelte professionali del legale che abbiano dato fastidio a Cosa nostra.
Pur giudicando la pentita attendibile, il procuratore Maurizio Scalia, che ha coordinato l'inchiesta, ha detto che rimangono aperte le piste che portano a Cosa nostra, corroborate dal fatto che a eseguire l'assassinio sono stati esponenti del mandamento mafioso di Porta Nuova.

Per i pm, infatti, vanno verso la pista mafiosa le dichiarazioni fatte da Leoluca Bagarella durante un'udienza nel carcere di Novara nel 2002. Il boss si era lamentato del comportamento di alcuni avvocati eletti in parlamento che avevano promesso un impegno per l'alleggerimento del regime del 41 bis senza poi adoperarsi in tal senso. Secondo gli inquirenti, il riferimento potrebbe essere a Fragalà eletto in quegli anni nelle liste di An. Inoltre, il penalista, assisteva, poco prima di essere ucciso, Vincenzo Marchese e Salvatore Fiumefreddo, sotto processo con l'accusa di avere fatto da prestanome al capomafia dell'Uditore Nino Rotolo. L'avvocato avrebbe convinto i due a fare delle parziali ammissioni (come avrebbe fatto anche con altri clienti, tanto da essere conosciuto nell'ambiente mafioso come l'"avvocato-sbirro"). Qualche giorno prima di essere ucciso, Fragalà aveva prodotto in un'udienza una lettera con cui la moglie di Rotolo si scusava delle grane capitate a Marchese in carcere dopo la sua parziale apertura. Non è chiaro però perché la mafia avrebbe dovuto punire, con modalità lontane dai comportamenti usuali di Cosa nostra (come l'aggressione con il bastone) l'avvocato. [Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it]

- BRUTALMENTE MASSACRATO (Guidasicilia.it, 24/02/10)

- Enzo Fragalà non ce l'ha fatta (Guidasicilia.it, 27/02/10)

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11 luglio 2013
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