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Omicidio politico

Rinviato a giudizio il marine Usa che uccise il funzionario del Sismi Nicola Calipari durante la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena

08 febbraio 2007

Era il 4 marzo del 2005 quando, dopo un mese di sequestro, la giornalista de ''il manifesto'' Giuliana Sgrena veniva liberata grazie alle trattative del governo italiano tramite i servizi segreti. Sulla strada di ritorno, vicino all'aeroporto di Bagdad, successe però l'impensabile. Nei pressi di un check point americano i soldati fecero fuoco sull'auto che trasportava Giuliana Sgrena insieme a due funzionari del Sismi, tra i quali Nicola Calipari che veniva colpito e ucciso. Ad uccidere Calipari si accertò che fu il marine Usa Mario Luis Lozano. Ieri il Gup di Roma Sante Spinaci ha deciso di rinviare a giudizio il marine americano perché: ''La condotta di Mario Lozano appare sorretta da un dolo diretto finalizzato a raggiungere l'obiettivo di bloccare l'autovettura anche mediante il ferimento o la morte dei suoi occupanti''. Insomma Nicola Calipari fu ucciso volontariamente, per fermarlo e impedirgli di portare a termine la sua missione.
Le accuse per Lozano sono di omicidio volontario e duplice tentato omicidio di Giuliana Sgrena e del maggiore Andrea Cartani che erano sull'auto (una Toyota Corolla) con Calipari e vennero feriti.

Nell'ordinanza del Giudice Spinaci viene spiegato che l'omicidio ''è da qualificarsi come delitto oggettivamente politico in considerazione dell'evidente lesione degli interessi politici dello stato e al funzionamento delle sue istituzioni supreme''. Nel merito tecnico della vicenda ''vi fu una macroscopica violazione delle regole d'ingaggio. La sparatoria avvenne in contemporanea con l'illuminazione dell'auto''. In questo senso, per il Gup ''sono inattendibili le dichiarazioni dei militari Usa sulla dinamica dei fatti''. Non solo, l'ordinanza parla anche di un vero e proprio inquinamento probatorio: ''Non è stato conservato lo stato dei luoghi - si legge nell'ordinanza - sono stati rimossi i veicoli, distrutti i diari dei servizi di quella sera''.

Il processo per il marine americano, dunque, si dovrà celebrare in Italia. Sicuramente da contumace anche perché il Dipartimento di Stato Usa ha immediatamente negato l'estradizione, né tanto meno il soldato Lozano sarà messo in alcuna maniera a disposizione degli inquirenti italiani. A renderlo noto è stato il portavoce del dipartimento della Difesa di Washington Bryan Whitman. Per il ministero della Difesa americano infatti, restano valide le conclusioni dell'inchiesta militare sulla morte di Nicola Calipari, in base alle quali ''non era richiesta alcuna altra azione'' contro i soldati del check point di Baghdad. Il ministero della Difesa americano ha ricordato che spetterà ad altri ''elementi del governo statunitense, in particolare il Dipartimento di Stato, discuterne con le autorità appropriate in Italia''. In casi internazionali che riguardano militari americani, sono il ministero della Giustizia e il Dipartimento di Stato a farsi carico dell'assistenza ai soldati coinvolti. Il Pentagono, ha ricordato il comandante di Marina Joe Carpenter, ''non ha mai intenzionalmente reso nota l'identità'' dei militari del check point dove il 4 marzo 2005 fu ucciso Calipari, e per questo non discute lo stato di servizio attuale di Lozano. ''Non diamo informazioni su singoli individui'', ha detto Carpenter. ''Il nostro governo ha espresso a suo tempo le condoglianze, che ribadiamo, per una morte tragica. Tuttavia noi restiamo ai risultati dell'inchiesta che fu condotta dalle forze della Coalizione nel 2005, incluse le conclusioni ufficiali che sottolineavano come nessuna ulteriore azione fosse richiesta contro i soldati di quel check point''.

La posizione del ministero degli Esteri americano non è diversa dal quella del Pentagono. Secondo Terry Davidson, responsabile delle comunicazioni per l'Europa, il suo governo ''è dispiaciuto per la tragica morte di Calipari, considerato un eroe dai funzionari americani che hanno lavorato con lui. Gli Stati Uniti e l'Italia hanno condotto insieme un'approfondita inchiesta congiunta su questo caso, che consideriamo chiuso''. Davidson ha dichiarato di non poter commentare gli aspetti legali della vicenda, però una fonte anonima ha precisato all'Ansa che non c'è alcuna possibilità di estradizione.
Il portavoce delle Casa Bianca, Tony Snow, ha evitato di commentare gli aspetti legali della vicenda: ''Non intendo parlare di attività giudiziarie però intendo sottolineare che noi continueremo a lavorare molto strettamente con gli alleati degli Stati Uniti''. Per Sean McCormack, del Dipartimento di Stato Usa: ''I soldati americani hanno agito in linea con le regole di ingaggio. Persone ragionevoli possono giungere a conclusioni diverse partendo dagli stessi fatti: penso che ciò sia accaduto in questo caso''.

Ricordiamo che il nome di Mario Lozano si è saputo solo per un errore nella criptazione dei documenti che lo citavano. Lui ha 35 anni, è originario del Bronx e ha due figlie, di 12 e 15 anni. Era andato in Iraq come specialist nel 69th Infantry Regiment della New York State National Guard. Secondo il tenente colonnello Paul Fanning, portavoce del reggimento, Lozano serve ancora nella sua unità. La Guardia Nazionale fa parte della riserva, e quindi i suoi membri non sono soldati a tempo pieno. Lozano ha sempre rifiutato di parlare in pubblico della morte di Calipari, ma ieri Fanning lo ha sentito e ha raccolto questa dichiarazione: ''Il rapporto frutto dell'investigazione è accurato''. Dunque l'incidente, secondo il soldato di New York, è andato come ha scritto la commissione d'inchiesta.
Qualche tempo fa un suo compagno di reparto aveva detto al giornale Daily News che Mario era ''devastato'' dalla morte di Calipari. Fanning conferma che ''tragedie così non le superi mai, anche perché il nostro reparto ha perso undici uomini in Iraq''. Il tenente colonnello descrive Lozano come ''una persona normalissima'', al corrente degli sviluppi legali e politici del suo caso. Proprio perciò chiede di essere lasciato in pace.

Ritornando in Italia, contrariato dalla sentenza del Gup di Roma il legale di Lozano, l'avvocato Fabrizio Cardinali: ''Non me l'aspettavo proprio'', ha detto il difensore d'ufficio del militare Usa che aveva chiesto per il suo assistito il non luogo a procedere per legittima difesa e per aver adempiuto a un dovere da un ordine legittimo del suo superiore. ''Se Nicola Calipari avesse avuto una scorta quel tragico incidente non si sarebbe verificato'', ha detto l'avvocato aggiungendo: ''Nicola Calipari e Andrea Carpani non hanno voluto la scorta militare perché volevano tenersi il merito dell'operazione, risultata poi sbagliata, tutto per loro''.
Una osservazione che ha lasciato sgomenta la vedova di Calipari, la senatrice Rosa Villecco: ''Nessuno può contestare diritto alla difesa di Lozano, il legale avrebbe però dovuto evitare giudizi di merito''. Duro il commento di Giuliana Sgrena che parla di ''meschino attacco alla persona che mi ha liberato'', e ha aggiunto: ''L'avvocato è andato oltre ogni decenza''.
Nonostante le esternazioni dell'avvocato Cardinali, sia Rosa Villecco che Giuliana Sgrena hanno comunque espresso la propria soddisfazione per la decisione del giudice: ''Sono soddisfatta di questo primo passo verso la verità e la giustizia. Mi sembra che la mia fiducia nei confronti della magistratura abbia trovato conferma'', ha detto la vedova Calipari. ''Volevamo il processo... Sono soddisfatta, anche se non voglio che Lozano diventi un capro espiatorio. Desidero che il processo serva ad acclarare la verità. Ma non mi faccio illusioni'', ha detto in fine Giuliana Sgrena.

Il processo nei confronti del marine Mario Luis Lozano, avrà inizio davanti alla terza corte d'assise il 17 aprile prossimo. Il militare è stato dichiarato irreperibile dai magistrati che hanno preso atto dell'insistito silenzio delle autorità statunitensi che non hanno voluto fornire ufficialmente le generalità dell'indagato.

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08 febbraio 2007
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