One Man Show
Berlusconi in tribunale a Milano al processo per i diritti tv Mediaset, tra applausi, cori e comizi
Questa mattina il Palazzo di Giustizia di Milano è stato nuovamente 'blindato' per la presenza di Silvio Berlusconi, arrivato in aula poco prima delle 10, all'udienza del processo sui diritti televisivi Mediaset, in cui è imputato per frode fiscale assieme ad altre dieci persone, tra cui Fedele Confalonieri e il produttore e intermediario americano Frank Agrama.
Al suo arrivo in tribunale il premier è stato accolto da un coro di suoi sostenitori: "Abbiamo solo un presidente". Circa 200 sostenitori, 'armati' di striscioni e bandiere del Pdl, da dietro le transenne hanno inneggiato a Berlusconi. Secondo un 'copione' già collaudato 15 giorni fa, quando il premier partecipò all'udienza preliminare per il caso Mediatrade, già dalle 7 di questa mattina la cittadella giudiziaria, come tutta la zona del centro città che circonda le mura del Tribunale, è stata letteralmente 'assediata' da uomini delle forze dell'ordine che hanno transennato il perimetro del palazzo di Giustizia. Controlli ancor più rigidi all'interno del Palazzo perché, a differenza della precedente 'puntata', il processo sui diritti tv, che dura da anni, è aperto al pubblico. Libero accesso in aula, quindi, ma non per le tv alle quali, con una specifica ordinanza, la Procura generale ha revocato i permessi per motivi di sicurezza.
"Contro di me sono state fatte accuse assolutamente inventate, infondate e demenziali, senza senso", ha detto il premier in attesa che i giudici dessero il via all'udienza. "Non riesco a capire - ha detto - come il presidente del Consiglio possa trovarsi davanti a una situazione come questa con accuse infondate e demenziali. Sono solo invenzioni dei pm staccate dalla realtà. In sintesi, vengo sospettato di essere socio occulto di un signore che vendeva diritti a mia insaputa. E' inesistente come situazione reale".
"Una condanna? Ma nemmeno per sogno", ha poi aggiunto rispondendo alle domande di chi gli ha chiesto quale potrà essere il suo atteggiamento in caso di condanna. Un'ipotesi che il premier non vuole prendere neanche in considerazione.
Ai cronisti che gli hanno chiesto del caso Ruby, lui ha spiegato che "le ho dato dei soldi per evitare che si prostituisse, le avevo dato la possibilità di entrare in un centro estetico con un'amica, che lei avrebbe potuto realizzare se portava un laser per la depilazione, per un importo che a me sembrava di 45mila euro. Invece lei ha dichiarato di 60mila e io ho dato l'incarico di darle questi soldi per sottrarla a qualunque necessità, per non costringerla a fare la prostituta e portarla anzi nella direzione contraria".
Quanto a quella telefonata con la Questura di Milano, la notte tra il 27 e 28 maggio 2010, il suo intervento - ha spiegato - fu dettato dalla volontà di "evitare un incidente diplomatico". "Ho chiesto un'informazione, preoccupato per una situazione che poteva dar luogo a un incidente diplomatico. Successivamente mi è stato risposto che la ragazza non era egiziana, ed è caduto tutto. Quindi non c'è alcuna concussione. Accuse risibili, demenziali e infondate". E la ragazza "ha sempre detto di non avere mai ricevuto avance da parte mia". Quanto alle intercettazioni, che per la pocura di Milano lo inchioderebbero nell'ambito del caso Ruby, ha affermato: "Non sono una prova. In un paese serio le intercettazioni non hanno alcuna affidabilità", ha ripetuto poi. "In un paese civile - ha aggiunto - le intercettazioni non possono essere portate a processo sia da parte dell'accusa sia da parte della difesa. Non possono essere utilizzate né tantomeno pubblicate". Parlando poi della riforma della giustizia e dei processi a suo carico ha dichiarato: "E' una magistratura che lavora contro il paese non per il paese".
Dato il via all'udienza, come prima cosa i giudici della I sezione penale del tribunale di Milano hanno revocato la contumacia nei confronti di Berlusconi, dopo averne verificata la presenza in aula facendo l'appello. D'ora in poi il premier, anche se non presente, sarà considerato assente e non più contumace. Poi l'udienza è iniziata con l'audizione del primo testimone, Paola Massia, ex collaboratrice dell'imprenditore cinematografico Frank Agrama.
A fine mattinata l'udienza è stata aggiornata alle 15, dopo che la Corte si è ritirata in camera di consiglio per deliberare sulle richieste presentate dalle parti, in particolare sulla eventuale riduzione della lista dei testimoni. "Ho passato una mattinata surreale", ha commentato il premier uscendo dall'aula. Fuori ha poi inscenato un comizio, di fronte a un centinaio di supporter arrivati per acclamarlo fin dal mattino. "Abbiamo sentito alcuni testimoni - ha detto - vengo via con una sensazione drammatica di perdere tempo". E poi di nuovo le accuse alla magistratura, il fango gettato su di lui e sul Paese. Infine battibecco con Giuseppe d'Avanzo di Repubblica, che gli ha chiesto perché non abbia reso dichiarazioni ai giudici invece che alla stampa. "Senta, signor Stalin - ha replicato il premier - lei di che giornale è?"; "Repubblica" ha risposto d'Avanzo. E il premier: "Ecco, appunto, grazie".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it]