Ostaggi della giungla
Francesco Arena e Cosma Russo continuano ad aspettare la loro liberazione, ma le minacce del Mend diventano più pesanti
Cosma (Mimmo) Russo e Francesco Arena, i due tecnici dell'Eni ostaggi in Nigeria del Mend (Movimento per l'emancipazione del Delta del Niger) dal 7 dicembre scorso, hanno nuovamente avuto la possibilità di dare loro notizie grazie a due lettere arrivate al quotidiano la Repubblica. In prima persona hanno raccontato quello che stanno passando prigionieri in un campo dentro la giungla, e hanno potuto dire delle loro condizioni di salute, per fortuna ancora buona, e dell'esasperazione e della stanchezza maturata in oltre un mese di prigionia.
E' all'ormai usuale mail del portavoce del Mend, che si fa chiamare Jomo Gbomo, che ieri sono state allegate le due lettere scannerizzate, scritte in stampatello da Arena e Russo. Con il portavoce del Movimento, che invia mail circolari agli organi di informazione e alle agenzie di stampa, il contatto diretto va avanti dal 16 gennaio. La vera identità di chi si nasconde dietro lo pseudonimo non si conosce: Jomo scrive in un buon inglese, che fa capire che ha un livello di istruzione superiore, e conosce bene i mezzi di informazione e le loro potenzialità. Risponde alle mail con rapidità, vede la televisione internazionale e anche nella mail di ieri ha polemizzato con l'americana Cnn, colpevole a suo dire di aver mandato in onda un servizio menzognero sui ribelli del Delta.
Jomo Gbomo ci ha messo dieci giorni a far arrivare ai due italiani il veloce questionario preparato da Repubblica, ma aveva garantito da principio: ''Saranno liberi di scrivere ciò che desiderano''. Una disponibilità che Gbomo ha sempre dimostrato nei confronti degli organi di informazione, proprio perché è importante che l'opinione pubblica sia informata dei motivi ''politici'' che muovono le azioni del Mend.
Agli ostaggi dunque è stato chiesto di raccontare le loro giornate, il modo in cui vengono trattati, i rapporti con i guerriglieri. All'inizio sono state fatte due domande sui particolari della loro vita alle quali solo loro avrebbero potuto rispondere. Le famiglie, che ieri sera hanno letto per prime le lettere, hanno riconosciuto la firma di Cosma Russo e Francesco Arena, pur non volendo commentare non hanno nascosto la loro fame di notizie, l'apprensione per una vicenda che sembra non avere eguali nella storia dei rapimenti nel Delta.
Da ciò che scrive, il gelese Francesco Arena sembra il più stanco. Nella missiva ha sottolineato ''siamo stressati'', e si intuisce la sua paura di stare nella foresta ''con tutti i pericoli che essa comporta'', che già aveva rimarcato nell'intervista col giornalista de ''il manifesto'' (leggi). Con un'espressione colorita Arena ha scritto di non ne poterne più di ''sentir parlare i ribelli delle loro rivendicazioni'', ma quando descrive come si lavano e che cosa bevono (''ci forniscono acqua minerale'') non tralascia di puntualizzare che i militanti ''bevono acqua mista a fango'', la norma in quella zona, dove l'acqua potabile è un lusso. Il messaggio rivolto alla propria famiglia è stringato: ''Sto bene, spero di rincontrarli al più presto''.
Cosma Russo è riuscito ad essere meno avaro di particolari, e nel suo scritto ha spiegato che i ribelli mantengono contatti con l'Eni: ''Una decina di giorni fa la nostra società ci ha inviato pasta italiana, dei pelati, dei biscotti con dei barattoli di marmellata''.
Entrambi hanno scritto che possono muoversi all'interno del campo, ''oziando tutto il giorno'' ad aspettando il giorno della liberazione (le risposte alle dieci domande poste da Repubblica).
Le trattative per la loro liberazione però rimangono più che mai delicate: Eni e Farnesina sostengono che i contatti per la liberazione proseguono, ma Jomo Gbomo ha ripetuto anche ieri che ''le trattative per il rilascio si sono interrotte da tempo'' e che ''le affermazioni dello stato di Bayelsa (il governo locale del Delta n.d.r.) che esiste un contatto in questo momento sono discutibili'' perché il Mend ''ha smesso di parlare con i mediatori del governo di Bayelsa il 5 febbraio''.
Gbomo in una mail all'agenzia Apcom ha annunciato inoltre che i tre (ricordiamo che insieme agli italiani Russo e Arena, è prigioniero anche il libanese Imad Abed) non saranno liberati prima di maggio, ossia quando si insedierà il nuovo presidente (le elezioni si terranno in aprile).
In un messaggio separato al Corriere della Sera, Jomo ha spiegato anche perché: ''Con questo governo non si può trattare e abbiamo quindi chiuso tutti i contatti. Speriamo che i nuovi dirigenti del Paese abbiano altre idee e altre intenzioni - scrive -. Noi non siamo separatisti, come qualcuno continua a definirci. Non vogliamo l'indipendenza dei territori del delta del Niger, ma una migliore e più equa ridistribuzione delle ricchezze petrolifere che ora finiscono soprattutto nelle tasche di pochi''.
Jomo ha anche preso le distanze dai gruppi che nei giorni scorsi hanno sequestrato altri stranieri che lavorano per le compagnie petrolifere, gli ultimo filippini e coreani: ''Gli autori di questi atti sono dei banditi che chiedono solo riscatti in denaro. Noi non c'entriamo niente con questi criminali. Il nostro è un gruppo politico. Le nostra condizioni per il rilascio degli ostaggi sono chiare: vogliamo che vengano liberati quattro prigionieri che giacciono nelle galere nigeriane''.
E dal Mend alla fine è arrivata una minaccia, scritta in una e-mail inviata alla France Presse: ''Faremo scoppiare una guerra inaudita, che non è mai stata fatta in Africa e faremo disintegrare la Nigeria se non otterremo giustizia''. Il Mend ha inoltre ''invitato'' tutti Paesi stranieri a far evacuare rapidamente i loro cittadini che lavorano nelle zone petrolifere.''Tutti i paesi che hanno cittadini al lavoro nel Delta del Niger sono avvisati che devono cominciare a fare piani per una rapida evacuazione''.
E proprio perché a tutt'oggi non si è ancora visto alcuno spiraglio nei negoziati, in questi giorni in Nigeria c'è stato il viceministro degli Esteri Franco Danieli, insieme al capo dell'Unità di Crisi Elisabetta Belloni che ha avuto un colloquio con il presidente Olosegun Obasabjo, e che nei giorni scorsi ha parlato al telefono con Francesco Arena, al quale ha personalmente confermato il forte e continuativo impegno del Governo italiano per la positiva conclusione del caso.
Per il numero uno dell'Eni, Paolo Scaroni: ''Visto che questo rapimento ha una motivazione politica, deve essere risolto dai politici''. ''Abbiamo però l'impressione di essere incappati in un cambio di passo politico della situazione nigeriana difficilmente prevedibile''. Ma, ha aggiunto alla fine, di essere ''fiducioso in una soluzione positiva della vicenda''.