Palermo di Natale, una città piena di mostre. A Palazzo Ziino ''Paesaggi'' di Carlo Carrà
Marine, paesaggi campestri, scorci paesani nelle tele del grande pittore piemontese
I lavori del maestro novecentesco vanno dal 1909 al '64 e tracciano il percorso di una vita attraverso le varie fasi di ricerca dell'artista.
A partire dalla prima metà degli anni Venti il motivo del paesaggio accompagna costantemente la produzione pittorica di Carlo Carrà, quasi a sancire la fine della lunga stagione di serrate sperimentazioni formali - il futurismo e la metafisica, ma anche valori plastici - e il moto di ritorno verso temi e strutture compositive più tradizionali. Eppure, nonostante l’ispirazione più lirica e distesa che caratterizza soprattutto a partire dalla fine del decennio almeno una parte dei paesaggi del maestro lombardo, il genere non offre a Carrà soltanto l’occasione di una rivisitazione della tradizione. Anzi, sia pure nei modi appartati e quasi intimi che connotano marine, vedute collinari, corsi fluviali e cascine di campagna, il paesaggio svolge nell’opera di Carrà la funzione essenziale di un luogo di decantazione: come se, anche rispetto alle grandi composizioni di figure che si susseguono per tutti gli anni Venti e Trenta, nei paesaggi prendesse forma, in modo embrionale, la filigrana di una visione che riconduce all’essenziale le sue sedimentazioni. E’ allora questo ritmo, al contempo fragile e solenne, a dettare l’armonia arcana e segreta di queste composizioni, in cui le suggestioni della pittura antica - Giotto e Masaccio in particolare - si intrecciano con lo sguardo moderno, con un sentimento della realtà ellittico e sospeso che non rinnega, e al contrario riassorbe, l’inquietudine straniata del periodo delle avanguardie.
Il curatore della mostra, Sergio Troisi, si è avvalso della collaborazione del figlio di Carrà, Massimo. ''Mio padre - ha detto - amava sperimentare e non rimpianse né rinnegò le sue esperienze passate, ritenendole di volta in volta superate''. Ci sono soggetti sui quali la mostra fonda il proprio itinerario: i capanni, le barche, le case disabitate, che a seconda dei periodi vengono trattati con approcci diversi. ''Per lui - ha spiegato il figlio - il punto di partenza era sempre il disegno, che gli forniva immediatezza. La luce e il colore arrivavano dopo. Il paesaggio è stato sempre il motivo della sua elaborazione interiore e mentale, e questo accadeva anche nel periodo futurista''. Tra i contemporanei che Carrà amò di più, il figlio ricorda sopra tutti Boccioni, Braque, Severini, Morandi, Sironi, e gli scultori Medardo Rossi e Arturo Martini. Un neo nell’unico dipinto (''Pompei - Porta Marina'', del '36) proveniente da un'istituzione palermitana, la Civica galleria d' arte moderna, che ha la tela rigonfia, con qualche lacuna di colore.