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Palermo ha perso un'altra eccellenza. E' andato via dall'Ospedale dei bambini il Prof. Maurizio Aricò

21 gennaio 2008

Maurizio Aricò lascia la Sicilia
Il luminare delle leucemie: "Mancano le risorse"

di Antonella Romano (Repubblica/Palermo, 15 gennaio 2008)

Un altro esodo eccellente nella sanità siciliana. Ha lasciato Palermo Maurizio Aricò, 52 anni, primario del centro di oncoematologia dell'Ospedale dei bambini. Dal 7 gennaio lavora a Firenze, al nuovissimo Meyer, dove dirige il dipartimento di Oncoematologia pediatrica. Un traguardo professionale di altissimo prestigio, che Aricò condivide con la moglie svizzera, Dèsirée Caselli, promossa direttore dell'unità operativa per i trapianti di midollo nello stesso ospedale pediatrico fiorentino. «Il Meyer - dice Aricò - ha altissime possibilità di sviluppo sia per l'assistenza clinica che per la ricerca. Purtroppo le condizioni per fare ricerca da noi non sono le stesse. Abbiamo ceduto alla tentazione di volare più alto. Credo che il senso della nostra scelta sia comprensibile, in molti ci hanno incoraggiati».
Un trasferimento accolto con dispiacere, che ha suscitato qualche reazione di rabbia, come quella di Carlo Marcelletti, indignato per il silenzio della città di fronte alla perdita di un «fuoriclasse» della sanità. «Tutti a Palermo parlano di Amauri che potrebbe andare via, e non di Aricò - dice il cardiochirurgo -. Nel silenzio si è sopportato anche che la Regione regalasse soldi alla clinica Villa Santa Teresa di Bagheria. E' il trionfo della mancanza di una visione del bene comune».

Quello di Aricò è solo l'ultimo degli addii di prestigio nel mondo della sanità siciliana. Si aggiunge, nel giro di pochi anni, a quelli di grandi specialisti come Ignazio Majolino, pioniere dei trapianti di midollo al Cervello, o Corrado Marini, il bisturi d'oro italo-americano che rinunciò alla Chirugia d'urgenza del Civico puntando il dito contro le ingerenze della politica nella sanità, o ancora Ignazio Marino, fondatore dell'Ismett, oppure Giovanni Lasio, neurochirurgo milanese che sbatté la porta del Policlinico.
Maurizio Aricò, professionista tra i più stimati anche dal punto di vista umano, era tornato nel settembre del 2001 nella sua Palermo, da dove era partito giovanissimo per formarsi negli Stati Uniti e continuare la carriera al San Matteo di Pavia. «Non è una fuga, ma prima di tutto una scelta personale. Anch'io vado via con rammarico», spiega l'oncoematologo, che prima di far le valigie ha rivolto un appello all'assessore alla Sanità. «Se la politica siciliana ritiene davvero strategica l'oncologia pediatrica, le destini più risorse - ha insistito fino all'ultimo -. L'assunzione del personale medico, che avevamo chiesto, non è mai avvenuta. Ma la mia missione l'ho compiuta, sia pure a fatica. Lascio un reparto che funziona. Non fatelo tornare indietro».

Al posto di Aricò prende le redini del reparto, su sua indicazione, Paolo D'Angelo. Il direttore generale del Civico, Francesco Licata di Baucina, gli ha affidato da una settimana l'incarico. Licata ha anche chiesto all'assessore Lagalla di assumere a contratto i tre medici precari che fino a oggi hanno lavorato al fianco di Aricò con il sostegno economico delle associazioni dei genitori.
I colleghi hanno accolto con rispetto la scelta del primario. «Ha fatto una scelta professionale di altissimo livello. Lo abbiamo lasciato andare via con rammarico ma non con rancore, e speriamo di continuare a lavorare insieme - dice Ottavio Ziino - I problemi nostri sono quelli della sanità siciliana, che attraversa un periodo complicato. E senza risorse gli ospedali rimarranno senza medici. L'amministrazione aziendale ci deve sostenere, anche per l'attività di trapianto di midollo osseo: con Aricò e la Caselli dal 2003 ci sono stati più di cinquanta trapianti. Ci sono in questo momento due bambini sotto trapianto e altri in lista d´attesa. La nostra attività deve poter continuare».

Il ritorno di Aricò al Nord lascia una scia di tristezza nelle associazioni dei genitori. «Ci è dispiaciuto molto, è stato un direttore eccezionale sotto tutti gli aspetti. Ha dato slancio e sviluppo a un'unità operativa che è nata con lui - dice l'avvocato Beppe Lentini, presidente di "Crescere insieme" - Sosteniamo con borse di studio e contratti tre medici, due biologi e due psicologi. Ma i problemi restano, e le associazioni non possono farsi carico a lungo del personale».
Nell'85 per cento dei casi i bambini malati di leucemia e di tumori che entrano al Di Cristina ne escono guariti. Ma non è tutto oro quel che luccica. «Avevamo un laboratorio piccolo che non è stato possibile ingrandire - lamenta Aricò - e non ci è stata data la possibilità di assumere nuovi medici. Quindi, pur essendo a livelli d'avanguardia, andare avanti era complicato. Ma oggi il gruppo, con la guida di Paolo D'Angelo, è in condizioni di proseguire».
Sul versante della ricerca qualcosa però verrà meno. «Mancheranno i nostri contatti e le collaborazioni internazionali - dice l'ex primario del Di Cristina - Come presidente dell'Associazione italiana di ematologia svolgo un progetto di ricerca unico in Italia sull'istiocitosi, una malattia rara del sangue, simile alla leucemia, che si corregge col trapianto di midollo. Eravamo riusciti a farlo qui con fatica, in laboratorio. Adesso quest'attività di centralizzazione dei campioni giunti da tutta Italia e dall'estero la porto con me a Firenze».

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21 gennaio 2008
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