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Paolo Borsellino era intercettato da Cosa nostra

Nelle intercettazioni di Totò Riina: "Questa del campanello è stata un fenomeno, si è sparato la bomba lui stesso"

23 luglio 2014

Cosa nostra teneva sotto controllo il telefono del giudice Paolo Borsellino o dei suoi familiari. Ecco come vennero a sapere con certezza che quella domenica di luglio, il giudice sarebbe andato a far visita alla madre.
A rivelarlo è stato lo stesso Totò Riina, in una conversazione intercettata in carcere, nell'ora d'aria che il boss di Corleone trascorreva con Alberto Lorusso.
"Sapevamo che doveva andare là perché lui gli ha detto: 'Domani mamma vengo'", ha raccontato il boss, riferendo le parole dette dal magistrato alla madre. "Ma mannaggia - prosegue Riina - Ma vai a capire che razza di fortuna. Alle cinque mi sono andato a mettere lì". "Quello senza volerlo - spiega il capomafia corleonese - le ha telefonato". "Troppo bello: sapevo che ci doveva andare alle cinque. Piglia, corri e mettigli un altro sacco", continua Riina facendo intendere, secondo gli inquirenti, che dopo avere sentito la conversazione tra Borsellino e la madre, evidentemente intercettati dalla mafia, si affrettò a imbottire la 126 usata come autobomba con un altro sacco di esplosivo. "Minchia come mi è riuscito", ha aggiunto soddisfatto.

"Questa del campanello però è un fenomeno... Questa una volta il Signore l'ha fatta e poi basta. Arriva, suona e scoppia tutto". Nella conversazione intercettata si sente Riina raccontare a Lorusso che a innescare l'esplosione che uccise Paolo Borsellino fu lo stesso magistrato, suonando al citofono in cui era stato piazzato un telecomando. La conversazione - il cui contenuto era noto, ma non il testo - è stata depositata al processo sulla "trattativa".
"Il fatto che è collegato là è un colpo geniale proprio. Perché siccome là era difficile stare sul posto per attivarla... Ma lui l'attiva lo stesso", commenta Lorusso il 29 agosto del 2013.
Il boss detenuto ha raccontato di avere cercato di uccidere Borsellino per anni. "Una vita ci ho combattuto una vita... Là a Marsala" (il magistrato lavorava a Marsala ndr).
"Ma chi glielo dice a lui di andare a suonare?" si chiede Riina. "Ma lui perché non si fa dare le chiavi da sua madre e apre", ha aggiunto confermando che a innescare l'esplosione sarebbe stato il telecomando piazzato nel citofono dello stabile della madre del magistrato in via D'Amelio. "Minchia! lui va a suonare a sua madre dove gli abbiamo messo la bomba. Lui va a suonare e si spara la bomba lui stesso. È troppo forte questa".

Secondo gli inquirenti Cosa nostra avrebbe predisposto una sorta di triangolazione: un primo telecomando avrebbe attivato la trasmittente, poi suonando al citofono il magistrato stesso avrebbe inviato alla ricevente, piazzata nell'autobomba, l'impulso che avrebbe innescato l'esplosione. La tecnica, per i magistrati, sarebbe analoga a quella usata per l'attentato al rapido 904 per cui Riina è stato recentemente rinviato a giudizio come mandante. Questo genere di innesco si renderebbe necessario quando è pericoloso o impossibile per chi deve agire restare nei pressi del luogo dell'esplosione.

Nell’intercettazione, anche i pesanti giudizi espressi dal capomafia sulla sorella del magistrato ucciso, Rita: "Una disgraziata - ha detto a Lorusso - la vedi inviperita nel telegiornale, quanto è inviperita la disgraziata, non ha digerito la morte di questo suo fratello che ci ha suonato il campanello a sua madre".

"Le conversazioni di Riina su Borsellino e sulla strage di via D’Amelio svelato particolari che lasciano sgomenti: lo Stato non era in grado di proteggere Paolo Borsellino, addirittura non rimosse le auto parcheggiate davanti casa della mamma, mentre Cosa nostra sembra che ne controllasse i movimenti, addirittura intercettandolo". Lo dice il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia. "Continuo a ribadire - aggiunge - la necessità di fare il possibile affinché emergano tutte le verità, anche quelle più amare e terribili. Bisogna accertare le responsabilità nelle stragi del ‘92/’93".
"Giovedì prossimo - conclude l’esponente del Pd - con la Commissione antimafia avremo un’importante audizione con il direttore del carcere di Opera, da dove Riina è stato intercettato. Utilizzando tutti i poteri previsti dalla legge istitutiva della Commissione, partiremo proprio da quelle conversazioni per continuare a fare luce sul periodo stragista".

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23 luglio 2014
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