Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

Papello e... contro-papello

Mentre i pm aspettano ''l'originale'' ci si concentra sulle rettifiche politiche apportate da Vito Ciancimino

17 ottobre 2009

L'atteso documento, il "papello", che dimostrerebbe ci sia stata, all'inizio degli anni '90, una "malata" volontà da parte di alcuni pezzi delle istituzioni di scendere a patti con la mafia, ieri è finalmente arrivato nelle mani dei giudici di Palermo e Caltanissetta (Leggi). Trattasi però di una fotocopia, circostanza che, insieme a tutta un'altra serie di fatti da convalidare, ha immediatamente sollevato comprensibili dubbi sulla veridicità di tale documento che, se si rivelasse invece vero, andrebbe a sbloccare una parte importantissima, ed inquietante, della recente Storia d'Italia.
Solo quando la Procura avrà la disponibilità del documento originale, che sarebbe nelle mani di un fiduciario di Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso, Vito - protagonista dell'ancora presunto accordo tra lo Stato e Cosa Nostra -, e che il dichiarante non avrebbe ancora avuto modo di recuperare, sarà possibile accertare, attraverso una perizia, se quello consegnato dal figlio dell'ex sindaco è realmente il famigerato "papello" di cui, per primo, parlò il pentito Giovanni Brusca, definendolo prova tangibile che la Mafia e lo Stato, tra le stragi del '92, vennero a patti.
Comunque, ha assicurato ai magistrati Ciancimino jr, sembra che il "papello" originale dovrebbe essere consegnato ai pm la prossima settimana.

Tuttavia, restano ancora molti dubbi alla Procura sull'autenticità del documento - due paginette scritte a mano e in stampatello -: in particolare a non convincere i magistrati è l'inserimento, tra le dodici condizioni imposte dal padrino corleonese Totò Riina, dell'abolizione delle supercarceri e il cenno ad un trattamento legislativo di favore per i così detti boss dissociati.
E infatti, come sostiene Cincimino e come pare essere emerso dalle rivelazioni recenti fatte dall'ex ministro della Giustizia, Claudio Martelli, la trattativa ha avuto inizio tra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio, cioé tra il 23 maggio e il 19 luglio del '92, il riferimento a istituti di pena speciali per i mafiosi è quanto meno singolare dal momento che, in quel periodo, non esistevano prigioni ad hoc per i boss, che erano detenuti nelle carceri ordinarie. È poco spiegabile, alla luce del periodo in cui il "papello" sarebbe stato prodotto, e anche in riferimento alla dissociazione, progetto che, secondo quanto è venuto fuori dalle indagini, risalirebbe solo ad anni dopo, quando i vertici di Cosa Nostra erano stati arrestati.


Risulta strano anche il fatto dell'esistenza di un "contro-papello", una sorta di rettifica ai 12 punti vergati, sembra, da Riina, e reputati da don Vito Ciancimino "irricevibili". Massimo Ciancimino ha raccontato, infatti, che nel momento in cui diede a suo padre il papello, che aveva ricevuto dalle  mani del medico-boss Antonino Cinà, leggendolo avrebbe esclamato, riferendosi chiaramente ai mittenti: "Le solite teste di minchia".

Per spiegare meglio questo passaggio ci avvaliamo delle parole del giornalista de 'La Stampa' Francesco La Licata: "Ciò che chiedeva la mafia era irrealizzabile se non con la complicità di una solida maggioranza parlamentare e, ovviamente, governativa. Riforme di legge e del codice (i pentiti, la Rognoni-La Torre, i domiciliari ai detenuti ultrasettantenni), l’annullamento del carcere duro (41 bis), la revisione del maxiprocesso, la dissociazione, la carcerazione preventiva solo in flagranza di reato, benefici carcerari, insomma un vero programma politico piuttosto che la semplice richiesta di favori. Ecco, il programma politico. La vecchia abitudine della mafia a inciuciare col potere, al di là di ideologie e schieramenti. E chi, meglio di Vito Ciancimino, politico e mafioso insieme, rappresentante del gruppo criminale vincente, poteva cercare di traghettare il vecchio quieto vivere (affari, appalti, finanziamento della politica e ai boss una repressione «accettabile») sulle sponde della Nuova Repubblica? Nel foglio che accompagna il papello - «Un allegato per il mio libro», scrive don Vito - s’intuisce uno schema politico che avrebbe potuto in qualche modo favorire buoni risultati per gli amici di Cosa nostra. Ciancimino fissa in apertura i nomi di Rognoni, Mancino e del «ministro Guardasigilli» e s’intuisce che riterrebbe essenziale l’accondiscendenza dei tre ministeri competenti: Difesa, Interni e Giustizia. Ci sono stati contatti? Chi li ha ipotizzati ha dovuto registrare secche smentite. Lo scritto di Ciancimino rivela una strategia politica tesa ad alleggerire i problemi dei boss: in testa il carcere duro che don Vito ritiene possibile far abolire. Per neutralizzare le conseguenze delle condanne del maxiprocesso ipotizza il ricorso alla Corte di Strasburgo. Ma l’idea di don Vito è più complessiva: pensava a un Partito del Sud e a una «riforma della giustizia all’americana col sistema elettivo con persone superiori ai 50 anni, indipendentemente dal titolo di studio (esempio Leonardo Sciascia)». Cioè giudici eletti dal popolo non necessariamente laureati in legge. E per quelli arrestati in flagranza di reato, carcere preventivo ma «rito direttissimo». Anche don Vito, come l’anonimo autore del papello, non disdegnava il populismo annotando una strana «abolizione monopoli tabacchi» che fa il paio con la detassazione dei carburanti inserita nel documento consegnato da Ciancimino jr."
Insomma, come dire, se si deve trattare con lo Stato bisogna, come minimo, dimostrare di non essere inferiori e di volere che venga messa in atto una politica strutturale ad hoc per il "regno mafioso di Sicilia".
Ma, si chiede ancora La Licata, visto che il papello è stato consegnato nelle mani di tale "Franco" o "Carlo", un non meglio identificato agente dei servizi segreti o di altri apparati simili, è possibile che un disegno così complesso potesse essere "garantito" soltanto da un gruppo di ufficiali dei carabinieri?

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa.it, La Siciliaweb.it, La Stampa.it]

- Terremoto per il papello, i capi del Ros sotto accusa di A. Bolzoni e F. Viviano (Repubblica.it)

- Il contro-papello di don Vito: giudici eletti come negli Usa di Giovanni Bianconi (Corriere.it)

 

 

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

17 ottobre 2009
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia