Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

Pentito, abbandonato, disperato

Il collaboratore Giuseppe Di Maio è stato trovato impiccato nella sua abitazione in una località segreta della Liguria

25 luglio 2011

Il collaboratore di giustizia Giuseppe Di Maio, 34 anni, è stato trovato impiccato nella sua abitazione in una località segreta della Liguria, venerdì scorso. Probabilmente si è suicidato. L'ex esattore della cosca mafiosa di Santa Maria di Gesù a Palermo non vedeva i figli da oltre un anno e la moglie lo aveva lasciato. Con le sue dichiarazioni, come scrivono alcuni giornali, aveva consentito anche l'arresto del suocero, il boss Giuseppe Lo Bocchiaro.
Di Maio non ha lasciato alcun biglietto e il suo suicidio potrebbe essere imputato a una forte depressione dovuta all'assenza della moglie, che l'aveva lasciato due anni fa, e soprattutto al fatto di non poter vedere i due figli. Ma la sua morte deve "essere approfondita". Di Maio è stato trovato impiccato con una fune e da una prima indagine necroscopica esterna la lesione presente sul collo farebbe propendere per il suicidio. Ciononostante, la procura di Palermo ha sollecitato l'autopsia che potrebbe essere disposta nei prossimi giorni.

L'uomo era stato arrestato nel marzo 2010: dopo un mese dall'arresto ha iniziato a collaborare (LEGGI) facendo così arrestare, oltre al suocero, alcuni dei maggiori esponenti della famiglia di Santa Maria di Gesù, guidata fino al 1997 da Pietro Aglieri e in seguito da Ino Corso. La moglie di Di Maio si dissociò pubblicamente dalla decisione del marito, abbandonandolo.
L'attività di Di Maio nell'ambito della famiglia mafiosa, era incentrata sul business delle estorsioni perpetrate a danno di commercianti della zona di sua competenza. Nel suo portafogli, al momento dell'arresto, gli inquirenti ritrovarono la lista delle estorsioni portate a termine.
Dopo l'arresto e la decisione di collaborare con la giustizia, Di Maio era rimasto in contatto con i genitori, che anni fa si erano opposti al suo matrimonio con la figlia del boss Giuseppe Lo Bocchiaro. Era stato proprio il suocero a introdurre Di Maio in Cosa nostra. "Ma poi, aveva iniziato a considerarmi un debole - così raccontava il pentito in una delle sue ultime deposizioni, rispondendo alle domande del pm Roberta Buzzolani - la verità è che io non volevo fare più quella vita".
Spesso in aula aveva ripetetuto di essere "schifato" dai metodi di Cosa nostra. Aveva quattro anni da scontare, per mafia ed estorsione: ma sulle spalle, più che la detenzione, portava il peso della lontananza dai suoi figli, dai genitori e dalla sua città.

Suicidi in carcere: 42 nel corso dell’anno - Ammontano a 42 i suicidi in carcere nel corso dell’anno in Italia. Un "record". A Sulmona due collaboratori di giustizia hanno tentato di uccidersi assumendo una quantità industriale di ansiolitici. Sono stati salvati in extremis da agenti della polizia penitenziaria.
Carmelo Di Bartolo, ex collaboratore di giustizia, nato a Gela 42 anni fa, si è suicidato nella casa circondariale di Ravenna. Francesco Maurilio La Cognata, 50 anni, condannato all’ergastolo, è stato trovato cadavere nella sua cella a Olbia. Si sarebbe suicidato, secondo notizie di stampa, nella località protetta in cui viveva, Bruno Piccolo, il pentito della 'ndrangheta, che ha consentito con le sue rivelazioni di scoprire i presunti mandanti ed esecutori dell’omicidio del vice presidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno. Il 24 luglio un detenuto di 39 anni, napoletano, collaboratore di giustizia, si è suicidato nel carcere di Benevento. Si è impiccato con una calzamaglia nella propria cella del reparto transito.
In qualche caso permangono dubbi sulle cause della morte fra i collaboratori di giustizia. È apparsa strana la morte, nel 2008, di Niki Aprile Gatti avvenuta nel carcere di Sollicciano. Si è sospettata la mano della 'ndrangheta.
I dati più aggiornati sulle persone sottoposte a misure di protezione in Italia risalgono al 2007, più di quattro anni or sono, e vanno letti come un riferimento parzialmente corretto: erano 3.853, di cui 800 collaboratori di giustizia e 2.763 familiari. I testimoni erano 67, e i loro parenti, 233. I minori sottoposti a misure di tutela 1.230. Tra gli 800 collaboratori di giustizia prevalgono i camorristi (270), seguiti da quelli di mafia (238) e 'ndrangheta (97). Le donne sono 36.

[Informazioni tratte da ANSA, LiveSicilia.it, GdS.it, Repubblica/Palermo, SiciliaInformazioni.com]

 

 

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

25 luglio 2011
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia