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Per Cuffaro improcedibilità per 'ne bis in idem' o l'assoluzione

La richiesta degli avvocati dell'ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa

14 gennaio 2011

Ancora il 'pizzino' che sarebbe stato scritto dal 2001 dal boss mafioso Bernardo Provenzano e che sarebbe stato consegnato a Massimo Ciancimino, come riferito da quest'ultimo, protagonista del processo, a carico dell'ex presidente della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro, oggi senatore del Pid, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. L'ex governatore della Sicilia è stato già condannato in appello a sette anni per favoreggiamento aggravato dall'aver agevolato la mafia.
Nel processo, che si svolge con il rito abbreviato, davanti al gup del Tribunale di Palermo Vittorio Anania, ieri ha preso di nuovo la parola l'avvocato Oreste Dominioni che ha proseguito le arringhe difensive. Dominioni, dopo avere già parlato nell'udienza del 17 dicembre scorso del 'pizzino' che sarebbe stato consegnato da Provenzano a Ciancimino junior per farlo avere al padre del superteste della' trattativa', l'ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, ieri è tornato su questo biglietto. Il 'pizzino' era stato consegnato nei mesi scorsi da Massimo Ciancimino ai magistrati della Dda di Palermo.
Sul pizzino il capomafia di Corleone farebbe riferimento a dei provvedimenti di indulto e amnistia parlando del "nuovo pres". Secondo quanto dichiarato da Ciancimino junior il capomafia avrebbe fatto riferimento all'ex presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro. Il legale ha messo in dubbio che il pizzino sia "originale".

L'arringa difensiva di Dominioni è proseguita con la candidatura dell'ex assessore comunale di Palermo Domenico Miceli, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Al termine della requisitoria, lo scorso giugno, i pm della Dda Antonino Di Matteo e Francesco Del Bene hanno chiesto per il senatore la pena a dieci anni di reclusione. Le arringhe dovrebbero terminare il prossimo 27 gennaio.
"Sembra evidente, da una lettura completa dei documenti, la pantomima che Aragona e Miceli inscenano davanti a Guttadauro. Per ottenere il suo appoggio elettorale dicono falsità su Cuffaro. Miceli ed Aragona non mediavano alcun rapporto tra Guttadauro e Cuffaro. E' una finzione che fanno di comune accordo e all'insaputa di Cuffaro. L'accusa all'ex governatore è quindi priva di fondamento perché le basi sono false". Queste le parole del legale di Cuffaro. L'avvocato si è soffermato durante l'arringa sulle intercettazioni a casa del boss Giuseppe Guttadauro. Secondo l'accusa ci sarebbe stata una trattativa a distanza tra il mafioso e Cuffaro che si concluse con l'indicazione di Mimmo Miceli come persona idonea a soddisfare le esigenze di tutti in occasione delle elezioni regionali del 2001. La difesa di Cuffaro ha avanzato anche l'inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali a casa Guttadauro che sono entrate in questo processo. "Le intercettazioni - ha spiegato Dominioni - originarono da una richiesta di autorizzazione motivata da indagini di ricerca di un latitante (Di Fresco) e via via vennero ottenute delle proroghe. A un certo punto vennero chiuse queste ricerche e tuttavia le richieste di proroga vennero ancora motivate con la ricerca del latitante che a quel punto non era più nell'orizzonte delle indagini. Sono pertanto inutilizzabili". "Abbiamo presentato questa richiesta - ha aggiunto - dopo averle analizzate perché non vogliamo sfuggire dai contenuti che a nostro avviso sono a discapito dell'accusa".

Al termine delle arringhe, i legali di Cuffaro (gli avvocati Nino Caleca, Oreste Dominioni, Nino Mormino e Marcello Montalbano) hanno chiesto improcedibilità nei confronti del loro assistito per 'ne bis in idem', ribadendo al gup la richiesta fatta già alla prima udienza del processo.
Secondo la difesa Cuffaro non doveva essere processato con l'abbreviato perche' gia' sotto processo per "le stesse imputazioni" nel dibattimento delle cosiddette 'talpe' della Procura di Palermo. I legali di Cuffaro, nel caso in cui il gup non accogliesse l'eccezione del 'ne bis in idem', hanno chiesto l'assoluzione del politico perché il fatto non sussiste o non costituisce reato.
Il processo è stato quindi rinviato al prossimo 3 febbraio per le repliche dell'accusa. Per il 16 febbraio è prevista l'udienza per le eventuali repliche della difesa e in quello stesso giorno potrebbe essere emessa la sentenza.

Totò Cuffaro, presente anche ieri all'udienza del processo, ai giornalisti che gli chiedevano con quale stato d'animo attendesse la sentenza della Cassazione chiamata a pronunciarsi, il 21 gennaio, sul verdetto emesso dalla corte d’appello di Palermo che lo ha condannato a 7 anni per favoreggiamento aggravato, ha detto: "Come sempre, sono fiducioso nelle istituzioni e la magistratura è un’istituzione e come tale va rispettata".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa]

- "Talpe alla Dda": il 21 gennaio la Cassazione deciderà il futuro di Cuffaro (Guidasicilia.it, 24/12/10)

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14 gennaio 2011
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