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Per Eluana un po' di silenzio

La Cassazione ha deciso: si potrà staccare il sondino nasogastrico che tiene in vita Eluana Englaro

14 novembre 2008

E' giusto, è sacrosanto che ognuno abbia la possibilità di esprimere il proprio punto di vista, le proprie considerazioni su temi importanti quali possono essere il diritto alla vita, quello alla morte, oppure quanto questi diritti appena citati debbano essere messi in discussione dalla Legge, dalla politica o dalla Chiesa. Però oggi, secondo noi, sarebbe il caso di farlo a bassa voce, per rispetto verso Eluana e verso suo padre e sua madre.

Ieri le sezioni unite della Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Milano che si era opposta al decreto della Corte d'appello che autorizzava ad interrompere l'alimentazione ad Eluana Englaro, in stato vegetativo persistente da 16 anni. In questo modo è diventato esecutivo il decreto del giudice d'appello e si potrà staccare il sondino nasogastrico che tiene in vita Eluana.
In una breve nota il primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone ha informato che le sezioni unite "hanno dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione all'impugnazione, il ricorso presentato dal pm presso la Procura generale della Corte d'Appello di Milano avverso il decreto del 9 luglio con il quale la Corte d'appello di Milano ha autorizzato il distacco del sondino della paziente, in stato vegetativo permanente".
Per Eluana Englaro, per suo padre Beppino e sua madre Saturna, quello di ieri, finalmente, è stato l'ultimo verdetto, quello che li renderà liberi definitivamente.
"Viviamo in uno stato di diritto", ha subito commentato il padre di Eluana. "Ed ora via da questo inferno", ha aggiunto.

"La Cassazione ha fatto giustizia", ha sottolinea la curatrice speciale di Eluana, l'avvocato Franca Alessio, parlando con l'Adnkronos Salute. Sui tempi e i modi in cui verrà eseguita la sentenza, "le decisioni spettano al tutore di Eluana", ovvero a Beppino. Quel che è certo "è che avverrà nei tempi e nelle strutture adeguate, sicuramente dovremo spostarla dalla clinica di Lecco dove attualmente si trova", ovvero quella dedicata a Monsignor Luigi Talamoni e gestita dalle suore misericordine.
Carlo Alberto Defanti, il neurologo che da anni ha in cura Eluana, ha annunciato: "Agiremo a stretto giro per evitare pressioni. Non perderemo tempo, anche se, di certo, non ci vorranno 2-3 giorni". La meta più probabile, spiega, "è Udine". E "abbiamo già diversi contatti" per fermare l'idratazione e l'alimentazione.

Una lunga e complessa vicenda umana e giudiziaria - Il 18 gennaio del 1992, Eluana, all'epoca 20enne, rimane coinvolta in un incidente stradale. Ricoverata nell'ospedale di Lecco in stato vegetativo persistente e alimentata da un sondino nasogastrico, la ragazza sprofonda in uno stato di non-coscienza, a causa della corteccia cerebrale necrotizzata. Dal 1997 il padre della ragazza, Beppino, diventa il suo tutore e comincia la lotta nei tribunali per essere autorizzato a sospendere l'idratazione e l'alimentazione artificiale alla figlia. La prima sentenza è del Tribunale di Lecco che, nel 1999, respinge la richiesta di fermare l'alimentazione. Nel 2003, l'istanza viene ripresentata e di nuovo respinta dal Tribunale di Lecco prima e dalla Corte d'Appello di Milano poi. Stesso copione nel 2005. Nell'aprile del 2006, anche la Cassazione boccia il ricorso di Beppino, ma il 16 ottobre del 2007, sempre la Suprema Corte rinvia la 'palla' alla Corte d'Appello del capoluogo lombardo, sostenendo che il giudice può, su istanza del tutore, autorizzare la sospensione in presenza di due circostanze: la condizione di stato vegetativo permanente irreversibile e l'accertamento, sulla base di elementi del vissuto del paziente, che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il consenso alla prosecuzione delle cure. Con la decisione presa ieri dalla Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso della Procura di Milano contro l'autorizzazione a sospendere l'alimentazione, sembra avviata ormai all'epilogo giudiziario la vicenda di Eluana Englaro.

Le reazioni politiche - La sentenza della Corte di Cassazione ha nuovamente scatenato il dibattito intorno a una materia delicatissima. L'opposizione considera la sentenza "un atto di civiltà" e la prova dell'urgenza di una legge che regoli la materia, il centrodestra grida all'"omicidio di Stato".
Maurizio Sacconi, ministro del Welfare e della Salute, auspica "una legge 'leggera', dedicata alla regolazione della fine del ciclo vitale, rispettosa dei diritti della persona e della famiglia, come della responsabilità della professione medica". Mentre il ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna osserva che "togliere alimentazione e idratazione a un essere umano ancora in vita equivale ad ucciderlo. E' opportuno che il Parlamento non lasci alla magistratura il compito di decidere e che legiferi sulle cure da fornire obbligatoriamente nella fase finale della vita". Per il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, "una parte della magistratura rifiuta la tutela della vita umana; privilegia forme più o meno velate di eutanasia e di omicidio del consenziente; impone questa sua opzione al Paese violando le leggi in vigore". Secondo Luca Volontè (Udc), "la Cassazione autorizza in pratica il primo 'omicidio di Stato' in nome del popolo italiano".

Diversa la posizione del Pd espressa da Ignazio Marino (Pd), presidente della Commissione d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale al Senato. "La decisione di sospendere tutte le terapie a una persona che si trova in uno stato vegetativo persistente, non significa certo commettere un omicidio, ma semplicemente prendere atto del fatto che non c'è più nulla da fare e non vi è una ragionevole speranza di recupero dell'integrità intellettiva, come hanno riconosciuto i medici".
Per Anna Finocchiaro, presidente del gruppo Pd a Palazzo Madama, "la sentenza di oggi ci grida forte la necessità di una legge che regoli la materia nel nostro Paese". Perché "non possono e non devono essere più i tribunali, come spesso è avvenuto, a prendere decisioni così importanti per la vita dei cittadini. Non si tratta di invasioni di campo ma forse della mancanza di responsabilità da parte della politica. E trovo davvero fuori luogo - ha sottolineato la Finocchiaro - le molte dichiarazioni violente che stanno giungendo da esponenti del centrodestra". E a questo proposito, il Csm potrebbe intervenire a difesa delle Sezioni unite della Cassazione per gli attacchi politici provenienti soprattutto dallo schieramento di maggioranza. Il togato del Movimento per la giustizia Mario Fresa ha sottolineato come si stia predisponendo una pratica "a tutela dell'autonomia e indipendenza della magistratura e per la prima volta delle sezioni unite della Cassazione".
Per il segretario del Prc, Paolo Ferrero, quella di ieri è stata "una sentenza di civiltà" e ringrazia i giudici che "hanno raccolto e rispettato lo spirito di umanità e il rispetto del diritto e delle volontà delle persone che anima l'intera nostra Costituzione".
Per Marco Cappato, deputato europeo Radicale e segretario dell'Associazione Luca Coscioni, le sezioni unite della Corte di Cassazione "hanno applicato la Costituzione". "C'è ora solo da augurarsi - ha aggiunto Cappato - che il tempo delle minacce e degli insulti sia finito, e che ci sia spazio per un po' di silenzio e di rispetto nei confronti di Beppino Englaro".

Le reazioni della Chiesa - Il Vaticano ha subito ribadito la sua posizione contraria. Ai microfoni della Radio vaticana Mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha parlato di "un fatto di una gravità assoluta per quanto riguarda un attentato alla vita". Fisichella ha richiamato la necessità di "una legge il più possibile condivisa proprio perché venga evitata qualsiasi forma di eutanasia attiva o passiva nel nostro Paese".
La Conferenza episcopale italiana (Cei), constatando che Eluana "è ormai incamminata verso la morte", non può "fare a meno di richiamare alla loro responsabilità morale quanti si stanno adoperando per porre termine alla sua esistenza". In tale contesto, continua la Conferenza episcopale, "si fa più urgente riflettere sulla convenienza di una legge sulla fine della vita, dai contenuti inequivocabili nella salvaguardia della vita stessa, da elaborare con il più ampio consenso possibile da parte di tutti gli uomini di buona volontà".

Stamane il Sir, l'agenzia stampa dei vescovi, ha diffuso la seguente nota: "E' urgente che il Parlamento giunga ad una legge che, salvaguardando la vita delle persone in situazioni delicate, escluda che chiunque possa morire per fame o per sete". Il Sir ha così voluto fare il punto sul caso Englaro e sulle sue conseguenze e ha riaffermato che idratazione e alimentazione non possono essere considerate alla stregua di cure, di medicine, la cui somministrazione possa essere interrotta. Anzi, la loro interruzione ha un solo nome: eutanasia.
La nota mette in luce quella che viene definita "l'avanzare di una mentalità che non sa accettare la malattia come elemento della condizione umana e che considera la vita solo come sequenza di esperienza, per cui un paziente in rianimazione diventa inutile". In tal modo "la persona - dice ancora l'agenzia dei vescovi - perde il suo significato di valore in sé e, quindi, di indisponibilità e si finisce per affermare che ha valore per qualcosa d'altro. Un uomo e una donna nel pieno della loro attività sarebbero, allora, un valore per le attività che svolgono e, anche, per la famiglia; ma una volta invecchiati o resi improvvisamente invalidi, per chi avrebbero ancora valore?". "Se viene meno lo sguardo contemplativo - afferma il Sir - non si comprende più la finalità stessa dell'esistenza, non si capisce più il valore spirituale e trascendente della vita. Si abbassa la meta: si vivrebbe per fare esperienze: relazioni, attività, viaggi, piacere, realizzazioni. Se una persona non può provare queste cose, che cosa vive a fare?".

Quindi la nota denuncia le derive etiche e morali insite in questa prospettiva: "Questa mentalità, che non è di un giorno, ha piegato la verità delle cose e ha fatto dire a molti autentiche menzogne: l'alimentazione, l'idratazione, la ventilazione sarebbero terapie o cure. Considerate così, non svolgerebbero il loro compito perché il paziente non guarisce; e, allora, se non funzionano è giusto che siano sospese. Come nel caso del fallimento di una qualsiasi medicina. No! Sono atti dovuti non solo ai malati, ma a tutti i cittadini, secondo una solidarietà umana globale, che non distingue le persone né per razza, né per condizione di salute". "Per questo motivo - si legge infine nella nota - la loro sospensione ha solo un nome: eutanasia".

[Informazioni tratte da Adnkronos Salute, Corriere.it, La Stampa.it, Repubblica.it]

- "NON VINCE LA SCIENZA" di Umberto Veronesi

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14 novembre 2008
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