Per Falcone un bastimento carico di Legalità
Migliaia di giovani sono arrivati a Palermo da tutta Italia per le commemorazioni della strage di Capaci
Sono circa tremila i giovani provenienti da tutta Italia che questa mattina, con due "Navi della Legalità" provenienti da Napoli e da Civitavecchia, sono approdati nel porto di Palermo. Tutti nel capoluogo siciliano per partecipare alle manifestazione in occasione del 19° anniversario della strage di Capaci. Un appuntamento ormai consolidato per ricordare la memoria di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro assassinati il 23 maggio 1992.
Ad attendere i ragazzi, che sono arrivati insieme al procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso e a don Luigi Ciotti, tanti studenti siciliani. Tutti insieme hanno intonato l'inno di Mameli per il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia.
"Nell'anniversario dell'unità d'Italia dobbiamo essere tutti uniti e come un'armata di pace conquistare la Sicilia". Queste le parole del procuratore Grasso, per salutare le centinaia di ragazzi.
"Sarà un'esperienza che non dimenticherete" ha assicurato Grasso.
Da bordo della nave, il procuratore aveva spiegato come la lotta contro la mafia fa ogni giorno passi avanti: "Abbiamo un buona legislazione antimafia - ha detto - che certamente è migliorabile, introducendo norme antiriciclaggio, interventi contro il voto di scambio e inseguendo all'estero i capitali dei mafiosi". Inoltre ha sottolineato come siano necessari strumenti tecnologiamente sempre più aggiornati per combattere la mafia di oggi, che è la mafia degli affari. I ragazzi lo hanno ascoltato e applaudito con entusiasmo.
Parlando poi con i giornalisti, Piero Grasso si è detto entusiasta del consenso ogni anno crescente, con il quale viene accolta questa iniziativa in difesa della legalità. "Quest'anno a Palermo esporremo le lenzuola per dire 'no' alla mafia, come avvenne nel '92, ma allora ci fu bisogno di una strage per farlo. Oggi per fortuna c'è una sensibilità diversa".
Tante le iniziative in programma per oggi a Palermo, promosse come ogni anno dalla Fondazione 'Giovanni e Francesca Falcone' insieme al ministero dell'Istruzione. Nell'aula bunker dell'Ucciardone è previsto il dibattito 'Giovanni e Paolo due italiani' in memoria anche del giudice Borsellino. Al dibattito all'interno del carcere interverranno, fra gli altri, il presidente della fondazione Maria Falcone, e i ministri dell'Istruzione Mariastella Gelmini, dell'Interno Roberto Maroni, della Giustizia Angelino Alfano, dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, il procuratore Piero Grasso, il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello. Ascolteranno le testimonianze di studenti, docenti, magistrati e rappresentanti delle forze dell'ordine. Sarà anche siglato dalla Gelmini e da Don Marco Mori, presidente del forum degli oratori italiani un protocollo d'intesa per promuovere l'impegno degli studenti in attività di volontariato sociale e di educazione alla legalità.
Il ministro Maroni poi nel pomeriggio, andrà in prefettura per la firma del "Protocollo di legalità" tra la Regione Siciliana, Confindustria Sicilia e le Prefetture della Sicilia, finalizzato "ad assicurare adeguati strumenti di prevenzione per contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto economico imprenditoriale della Regione". Gli elaborati realizzati dai ragazzi durante l'anno scolastico per il concorso su "Il mondo che vorrei: il trionfo della legalità" verranno esposti a Palermo nelle piazze, nell'aula Bunker, lungo i cortei e nelle scuole partecipanti.
E rispunteranno le lenzuola bianche in ricordo di quelle appese sui balconi che dopo le stragi del 1992 hanno caratterizzato le rivolta dei cittadini e di quella che fu definita con un termine poi abusato società civile. Ai ragazzi presenti verrà chiesto di colorare le lenzuola con i loro pensieri, sogni e speranze. Nel pomeriggio sfileranno due cortei: uno dall'Aula Bunker e l'altro da Via d'Amelio. Entrambi si riuniranno sotto l'Albero Falcone in via Notarbartolo per celebrare insieme il momento del Silenzio che sarà eseguito dal trombettiere della polizia di Stato all'ora della strage. Vi prenderanno parte anche le delegazioni di studenti arrivate da 16 paesi europei partiti oggi sulla nave della legalità da Civitavecchia.
Il "giovane esercito della legalità" - Migliaia gli studenti che hanno viaggiato a bordo dei due traghetti messi a disposizione dalla Snav, il cui amministratore delegato ha annunciato che il prossimo anno una terza nave si aggiungerà alle due che ormai da sei anni traghettano il "giovane esercito della legalità" verso il capoluogo siciliano.
65 le scuole arrivate a Palermo: oltre la metà sono istituti superiori. Tante quelle del Lazio ma i ragazzi sono arrivati da tutta Italia: dalla Lombardia alla Calabria. Tantissimi i cartelli e gli slogan coniati per l'occasione: 'Grazie Falcone, ora tocca a noi', 'Mettiamola ai voti: Falcone 10, Borsellino 10, mafia non classificata', 'La mafia uccide con il silenzio'. Ci sono anche gli studenti dell'istituto d'arte de L'Aquila, che nei loro cartelli ricordano la tragedia vissuta dalla loro regione con il terremoto: 'Ricostruiamo L'Aquila senza la mafià, 'Non facciamoci schiacciare dalla mafia'. Dall'Abruzzo sono arrivate anche scuole di Pescara e Montesilvano, cittadine indirettamente colpite dal sisma di due anni fa.
"Arriverà presto la verità" - "Dite di essere fieri del vostro sangue siciliano, ma continuate a versarlo come se fosse vino scaduto". E' un messaggio diretto ai presunti valori dei mafiosi quello riportato su uno degli striscioni che i 50 ragazzi europei del progetto "Onde di legalità" hanno portato oggi sbarcando al porto di Palermo dalla nave della legalità giunta da Civitavecchia. Gli altri striscioni, in inglese e nelle altre 15 lingue dei Paesi partecipanti al progetto, riportano frasi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e saranno portati in corteo prima fino all'Aula Bunker e poi all'Albero di Falcone.
"Dobbiamo tendere all'accertamento della verità a ogni costo, anche se la verità processuale non è quella assoluta, ma quella che si può trovare". Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso al suo arrivo al porto di Palermo questa mattina. "Ci sono tentativi di delegittimare la magistratura - ha aggiunto - ma noi dobbiamo rispondere con il nostro lavoro e non dobbiamo accettare la rissa". "Ogni anno è un'esperienza sempre più bella - ha osservato Grasso commentando la presenza di migliaia di studenti - siamo qui per testimoniare il nostro impegno e far sì che i ragazzi possano lavorare nella loro terra. Finché avremo le forze, continueremo sempre". Accanto a lui sul palco che ha accolto gli studenti, allestito sulla banchina del porto di Palermo, anche Antonello Montante, delegato nazionale di Confindustria per la legalità, l'imprenditore Vincenzo Conticello, l'ex pm Giuseppe Ayala e Maria Falcone, visibilmente emozionata. "Nonostante gli anni passino, ogni volta è un'emozione nuova e fortissima", ha detto. "Su questi giovani rimane il seme di Giovanni e Paolo e questo ci dà molta fiducia", ha dichiarato Ayala.
"Sono emersi nuovi filoni di indagine anche sulla strage di Capaci. E questo soprattutto grazie alle dichiarazioni del pentito Spatuzza. Stiamo indagando anche su questo, seppure con organico e risorse ai limiti del tollerabile". Lo ha detto a margine delle commemorazione per il 19/o anniversario della la strage di Capaci, il procuratore dei Caltanissetta Sergio Lari, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se fosse stata aperta una nuova inchiesta sull'esplosivo usato per uccidere Falcone. "A Caltanissetta indaghiamo su più fronti: dal fallito attentato dell'Addaura a Capaci e via D'Amelio. Quest'ultima inchiesta ha un carattere di maggiore urgenza legato alla possibilità di presentare istanza di revisione per alcuni degli imputati condannati all'ergastolo. Lavoriamo alacremente e presto arriveranno i risultati". Ai giornalisti che gli chiedevano se "qualcuna delle Istituzioni si dovrebbe vergognare per quanto emerge dalle indagini", il procuratore ha risposto: "Io faccio il magistrato, sarete voi giornalisti a dirlo quando leggerete gli atti delle indagini".
Falcone, riaperta l'inchiesta sulla strage: caccia a chi fornì l'esplosivo a Cosa nostra
di Salvo Palazzolo (Repubblica/Palermo, 23 maggio 2011)
Diciannove anni fa, l'esplosivo piazzato dai sicari di Cosa nostra sotto l'autostrada Punta Raisi-Palermo spazzava via il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Rocco Di Cillo, Antonino Montinaro e Vito Schifani. Oggi è il giorno del ricordo: a Palermo sono arrivati tremila studenti da tutta Italia. E altri cinquanta provengono da 16 paesi europei. Sono sbarcati questa mattina, al porto, dai due traghetti della Snav partiti ieri sera da Civitavecchia. Con i ragazzi ci sono don Luigi Ciotti, l'instancabile animatore di Libera, e il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Il programma delle manifestazioni in città è assai nutrito. E stamani gli spazi e i padiglioni dell'Ente Fiera del Mediterraneo sono stati messi a disposizione della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, per ospitare alcune delle iniziative previste nel parco della Favorita: lo spostamento è dovuto al rischio di pioggia.
Il popolo dei giovanissimi dell'antimafia chiede verità sui misteri che ancora avvolgono la morte di Giovanni Falcone.
Di recente, gli stessi interrogativi li hanno ripercorsi nuovamente anche i pm di Caltanissetta: il procuratore Sergio Lari ha deciso di riaprire l'inchiesta sulla strage del 23 maggio 1992.
Si riparte dalle dichiarazioni offerte dal pentito Gaspare Spatuzza, che ha già offerto un contributo importante per riscrivere la storia della strage Borsellino. L'ex boss di Brancaccio ha indicato una pista ben precisa per arrivare a chi fornì l'esplosivo di tipo militare utilizzato per l'attentato a Falcone: "Circa un mese e mezzo prima di Capaci - ha messo a verbale - vengo contatto da Fifetto Cannella, mi dice di procurare una macchina più grande che dobbiamo prelevare delle cose. A piazza Sant'Erasmo, ad aspettarci, c'erano Cosimo Lo Nigro e Giuseppe Barranca. Noi aspettavamo anche Renzino Tinnirello. Quindi siamo andati a Porticello, ci siamo avvicinati alla banchina e c'erano tre pescherecci ormeggiati: siamo saliti sopra uno di questi e nei fianchi erano legate delle funi, quindi abbiamo tirato la prima fune e c'erano praticamente semisommersi dei fusti, all'incirca mezzo metro per un metro. Quindi, abbiamo tirato sulla barca il primo fusto, poi il secondo e li abbiamo trasferiti in macchina".
Il procuratore Lari, il suo aggiunto Domenico Gozzo e i sostituti Nico Marino e Stefano Luciani hanno già incaricato la Dia di fare alcuni accertamenti, e sarebbero emersi riscontri importanti al racconto del collaboratore, per individuare i pescherecci e soprattutto per dare un nome a chi caricò i fusti.
Spatuzza sostiene che l'esplosivo sarebbe stato recuperato in mare, da alcuni siluri inesplosi della seconda guerra mondiale. E' un'operazione da addetti ai lavori. E torna l'ombra di esperti artificieri che potrebbero aver collaborato con i boss. Ma su questo aspetto le dichiarazioni del collaboratore sono ancora coperte dal segreto istruttorio.
I MISTERI DEI COMPUTER - Quello dell'esplosivo non è l'unico punto rimasto irrisolto nel processo di Caltanissetta che ha condannato i componenti della Cupola mafiosa e gli esecutori materiali. Non sappiamo ancora chi entrò nell'ufficio romano di Giovanni Falcone, al ministero della Giustizia, nei giorni successivi all'attentato, quando la stanza era sotto sequestro.
Il 6 giugno 1992, qualcuno accese il computer Olivetti M 380 che Falcone teneva sulla sua scrivania assieme ad un'unità di back up, lo strumento che serve per fare delle copie dell'archivio informatico: alcuni file vennero aperti e salvati nuovamente, ne è rimasta traccia nel pc. Tre giorni dopo, fu accesso l'altro computer di Falcone, un portatile Compaq, e venne consultato l'archivio più riservato del giudice, quello in cui erano conservati gli elenchi della struttura segreta Gladio.
Di certo, non si è mai trovato il diario personale di Giovanni Falcone, di cui lui stesso aveva parlato ad alcuni amici e colleghi. E nell'ufficio romano di via Arenula non è mai stata trovata alcuna cassetta dell'unità di back-up del computer Olivetti.
Altri due computer furono ritrovati dai familiari di Falcone nella sua abitazione palermitana, in via Notarbartolo. Sono un portatile Toshiba e un databank Casio, una sorta di agenda elettronica molto più sofisticata. E' davvero strano che durante il primo sopralluogo della polizia nessuno avesse fatto caso a quei due computer. Al consulente informatico della Procura di Caltanissetta, Gioacchino Genchi, bastò accenderli per verificare alcune anomalie: anche il Toshiba era stato consultato da qualcuno dopo la morte di Falcone, e la memoria del databank risultò invece cancellata. Infine, è scomparsa l'estensione di memoria, una piccola scheda Ram, che il giudice aveva acquistato qualche mese prima per ampliare la capacità della sua agenda Casio.
IL NUOVO PENTITO - L'ultimo mistero l'ha aggiunto il pentito Fabio Tranchina, che collabora con i magistrati da appena due settimane. Ha parlato del corteo di auto cariche di armi che nel febbraio 1992 partì da Palermo in direzione Roma. A guidarlo, c'era il boss trapanese Matteo Messina Denaro, che all'epoca non era ancora latitante. "Li aiutai a caricare le auto e li vidi partire. Il gruppo di fuoco di Brancaccio aveva avuto il compito di uccidere Falcone a Roma - ha spiegato Tranchina, confermando quanto aveva già rivelato il pentito Vincenzo Sinacori - poi, all'improvviso, arrivò l'ordine di tornare. Perché Falcone bisognava ucciderlo in modo eclatante, a Palermo. Così fecero sapere". Per i magistrati è una conferma importante, che serve a datare con più precisione il momento in cui Riina diede il via alla strategia stragista, e dunque alla trattativa con uomini o apparati dello Stato ancora non ben identificati.
- «Incontrai Ciancimino, l'ultima delusione» di Felice Cavallaro (Corriere.it)