Per far continuare a "vivere" le aziende confiscate alla mafia
Fillea Cgil propone all'Agenzia per i beni confiscati un'articolata e utile convenzione
"Purtroppo sono migliaia e migliaia le aziende sequestrate ma si contano sulle dita di una mano quelle che seguitano a 'vivere'. Secondo me servirebbe subito, se l'Agenzia per i beni confiscati è disponibile, una convenzione con sindacati, come è stata fatta con realtà industriali del Nord per avere la disponibilità di manager. Il sindacato non deve essere visto solo come un rivendicatore di diritti ma anche come un organismo che ha il polso dell'economia del Paese e che quindi potrebbe aiutare l'Agenzia per individuare i canali giusti per utilizzare al meglio queste aziende".
E' l'appello che Pier Luigi Vigna, già procuratore nazionale Antimafia e oggi presidente dell'Osservatorio edilizia e legalità della Fillea Cgil, ha lanciato con Labitalia, dopo aver partecipato, nei giorni scorsi alla Camera del Lavoro di Palermo, alla conferenza stampa in cui il sindacato degli edili di Corso D'Italia ha presentato le sue proposte per permettere alle aziende confiscate alle mafie di continuare a produrre e dare lavoro. Proposte che, secondo Vigna "sono utili". "Una prima proposta - dice - prevede appunto nell'ambito dell'agenzia per i beni confiscati, la costituzione di un ufficio 'lavoro e sindacato'. Questo perché noi riteniamo che la presenza del sindacato possa agevolare la conversione delle aziende, sopratutto di quelle edili, sequestrate e confiscate e che invece oggi normalmente 'muoiono', creando decine di migliaia di disoccupati". In secondo luogo, continua Vigna, "si richiede che nell'Agenzia entri anche il ministero per lo Sviluppo Economico". "Mentre gli immobili sono facili da gestire, per le aziende che sono cose 'vive' c'è infatti la necessità di una visione economica che naturalmente un organo presieduto da un prefetto e da due validi magistrati, non può assicurare. E questo lo dice - ha ricordato Vigna - lo stesso direttore dell'Agenzia nella sua ultima relazione dove lamenta la mancanza di personale professionalizzato sotto il profilo economico". Un terzo punto delle proposte Fillea, sottolinea Vigna "riguarda il fatto poi che si possa estendere la cassa integrazione a quelle aziende sequestrate che cessano di vivere, almeno momentaneamente, perchè l'articolo 2 della legge del 1996, che prevede l'affidamento dei beni alla società civile, oggi dice che possono essere ammessi alla cassa integrazione i dipendenti per motivi di ordine pubblico. Noi riteniamo che sia da modificare inserendo anche l'opzione per ragioni diciamo di 'antimafia'". E infine secondo Vigna, "le aziende sequestrate operanti nell'edilizia possono essere utilizzate nell'ambito dell'Agenzia per ristrutturare i beni immobili che sono sequestrati e che spesso decadono dati i lunghi tempi che intercorrono tra il sequestro e la confisca definitiva".
A tal proposito Fillea Cgil ha lanciato una raccolta di firme proprio per chiedere all''Agenzia per i beni sequestrati e confiscati' di istituire l'ufficio 'attività produttive e sindacali' e di affidare i lavori di ristrutturazione e manutenzione degli immobili sottratti alle mafie alle imprese edili sequestrate e confiscate. Per la Fillea "quando una impresa viene sequestrata alle mafie, spesso accade che quell'impresa non riapra più i battenti e a pagarne il prezzo più alto siano i dipendenti, che restano senza lavoro. Accade anche che quelle poche imprese che sono bonificate e confiscate definitivamente hanno difficoltà ad essere restituite al territorio e a trovare una propria identità produttiva". "L'utilizzo delle imprese sequestrate o confiscate attive del settore delle costruzioni nelle opere di manutenzione e ristrutturazione di questo importante patrimonio immobiliare - continuano dalla Fillea - può rappresentare un rilevante strumento di azione positiva per un'efficacia bonifica di questo tessuto economico, presente prevalentemente nei territori a forte caratterizzazione mafiosa. Queste attività sono finanziate attraverso l'utilizzo delle risorse finanziarie previste dal Pon Sicurezza". E tra i primi firmatari della raccolta di firme spiccano i nomi, tra gli altri, di Walter Schiavella, segretario generale della Fillea, di Pier Luigi Vigna, di Guglielmo Epifani, già leader della Cgil e presidente della Fondazione Bruno Trentin, di Franco La Torre, figlio di Pio La Torre, e di sindacalisti e docenti universitari. [Adnkronos/Labitalia]