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Per il ministro Antonio Di Pietro per un ''nuovo risorgimento'' del Paese non serve il ponte sullo Stretto

26 maggio 2006

''Avvierò una ricognizione puntigliosa delle risorse disponibili, poi definirò e proporrò un piano di opere infrastrutturali''. Questo è quanto ha annunciato il ministro per le Infrastrutture, Antonio Di Pietro, a Palermo a sostegno della candidatura di Rita Borsellino alla presidenza del Regione. ''Andrò in giro regione per regione insieme allo staff tecnico del ministero - ha aggiunto - per vedere le cose da fare, quelle realizzabili sul piano tecnico e finanziario e quali opere sono di competenza del ministero delle Infrastrutture''.

Sulla questione del ponte sulla Stretto però Di Pietro si defila: ''L'Italia risorge se si fanno tante altre cose e non se si fa il Ponte sullo Stretto''. ''Non mi metto di traverso per motivi ideologici e non ho preconcetti nei confronti del precedente governo di centrodestra che ha parlato tanto di infrastrutture che ha anche aperto diversi cantieri in Italia'', ha continuato Antonio Di Pietro. ''Non bisogna buttare il bambino con l'acqua sporca - ha aggiunto - se è vero che ci sono tante opere già cominciate bisogna completarle''.
Ma il Ponte sullo Stretto è il bambino o l'acqua sporca? ''Può essere entrambe le cose - ha risposto Di Pietro lasciando aperta la questione - a seconda se è un'opera fine a se stessa o di completamento di un progetto infrastrutturale di rete europea''.

Impatto ambientale e denaro pubblico da utilizzare nella grande opera sono al centro del dibattito dell'opinione pubblica: ''Qualsiasi opera sarà valutata da una conferenza tra ministero, Regioni ed Enti locali. È il metodo che adotterò''. Ha anticipato il ministro durante un incontro con i lavoratori portuali a Palermo. ''Le opere pubbliche - ha aggiunto - si devono fare ma avendo la certezza delle risorse, nel rispetto della salute delle persone, dell'ambiente, della legalità e attraverso il metodo della concertazione''.
''Berlusconi ha fatto credere che il centrodestra rappresentava la modernità - ha proseguito Di Pietro - ha fatto elenchi incredibili di opere pubbliche e ha usato tanta carta; quando sono arrivato al ministero per alcune opere programmate non ho trovato neppure i soldi per la carta. Sono stati programmati interventi, alcuni dei quali realizzabili nell'arco di dieci anni, con le tasse degli italiani e i soldi dei nostri figli''.

Sulle dichiarazioni fatte dal governatore Salvatore Cuffaro, pronto a dimettersi se sarà condannato nel processo che lo vede imputato per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra, l'ex giudice di 'Mani pulite' ha le idee chiare: ''Non c'è bisogno che Cuffaro si dimetta se sarà condannato, è la legge che lo obbligherà a farsi da parte. C'è un precedente in Abruzzo - ha aggiunto Di Pietro - dove un consigliere che non voleva dimettersi dopo una condanna è decaduto, così come prevede la legge''.

Fonte: La Sicilia

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26 maggio 2006
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