Per le donne non c'è posto
In Sicilia, e nel resto dell'Italia, le donne sono escluse sia dal mondo del lalvoro che da quello politico
Niente lavoro a Catania, se sei una donna. Tanto che pure in politica gli amministratori in gonnella sono mosche bianche: solo due i sindaci in tutta la Provincia etnea, Teresa Sodano a Giarre e Ninella Caruso a Misterbianco.
A puntare il dito contro il fenomeno è la deputata del Pd all'Ars Concetta Raia: "In città non c'è un'occupazione florida - spiega all'Italpress - e poi, quando si creano opportunità di lavoro, le donne hanno mille problemi: ad esempio, dove poter lasciare i figli visto che parliamo di lavori part time o con contratti a progetto che hanno orari pazzeschi. Si è costretti a fare una scelta tra famiglia e lavoro". Concetta Raia attacca anche sulle "dimissioni in bianco" che le aziende chiedono di firmare prima: "È aberrante - denuncia - che nel ventunesimo secolo si verifichi ancora, e per questo noi stiamo preparando una proposta di legge per la sua abolizione".
Le donne del Partito Democratico mostrano un dossier che, numeri alla mano, dimostra quanto siano rappresentate poco dalla politica: la Regione Sicilia è l'ultima in Italia per presenze femminili nelle istituzioni regionali (5,9% contro il 14,1% nello Stivale) anche se l'Istat ha messo in luce chiaramente che il 66,2% delle siciliane vorrebbe ribaltare la situazione. E nelle province? Il crollo è nei consigli, con un misero 4,29%. In Sicilia va a lavorare solo il 17% delle ragazze ed il 34,7% delle signore.
Che fare, dunque? "Serve sostegno alle imprese femminili e facilità di accesso al credito - ha aggiunto la parlamentare regionale - credito d'imposta per quelle aziende che assumono donne, condizioni di lavoro che possano conciliare i tempi di vita e di occupazione". Una virata al femminile che possa portare più donne in politica, anche nello stesso Pd: l'idea è quella di creare un coordinamento Donne. A Catania è arrivata la coordinatrice nazionale Roberta Agostini per un incontro alla Camera del Lavoro: "A Napoli, nel dibattito nazionale del 17 e del 18 febbraio - ha affermato Agostini - vogliamo portare in primo piano i temi dello sviluppo e dell'occupazione femminile. Affermarsi al Sud è più difficile che altrove: oltre che una questione di regole della politica nelle competizioni elettorali, dobbiamo fare i conti con un retaggio culturale che considera ancora la politica un terreno maschile e difficilmente lascia spazio al protagonismo delle donne".
Ma il quadro sconfortante non è solo catanese e siciliano. I dati sull'occupazione femminile in tutta Italia "sono drammatici" e il governo deve mettere in campo politiche che favoriscano l'accesso delle donne al mercato del lavoro. Sostenendo anche politiche di conciliazione dei temi di vita e di lavoro. Questa la posizione di Cgil, Cisl e Uil, che nelle scorse settimane hanno partecipato agli 'Stati generali sul lavoro delle donne in Italia', al Consiglio nazionale dell'Economia e del Lavoro (Cnel), a Roma, dove sono stati presentati gli ultimi dati Istat sull'occupazione delle donne.
Questi dati "rappresentano dal punto di vista della lettura politica una cosa che noi sosteniamo da tempo - ha spiegato a Labitalia Serena Sorrentino, segretario confederale della Cgil - e cioè che il modo con cui si è affrontata la crisi non solo non è risultato efficace, tanto è che noi vediamo crescere la disoccupazione e diminuire la quota di occupati, ma in particolare ha colpito due categorie che sono state svantaggiate più delle altre: i giovani e le donne e questo ha un effetto dirompente. Non solo ci parla del nostro futuro, ma anche perché, se non aumenta la quota di occupazione femminile nel nostro Paese, noi avremo sempre una difficoltà strutturale non solo nel mercato del lavoro ma anche nelle politiche dei redditi delle famiglie". Una posizione condivisa anche dalla Uil: "I dati che abbiamo sentito - ha sottolineato Maria Pia Mannino, responsabile nazionale del coordinamento delle donne della Uil - sono veramente drammatici, tenuto conto della situazione di crisi in cui le donne si stanno trovando. Questi dati dovrebbero essere il volano reale per mettere in moto tutta una serie di meccanismi che possano portare a una crescita del lavoro delle donne. Le giovani donne precarie a cui è negato un futuro, di poter acquistare una casa, di poter avere un futuro concreto". E secondo Liliana Ocmin, segretario confederale della Cisl, "l'occupazione femminile può essere un volano per l'economia del Paese. L'abbandono del posto di lavoro delle neo madri non è una scelta, ma una conseguenza delle difficoltà di conciliare il ruolo genitoriale con quello lavorativo". "L'inadeguatezza di politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro - ha continuato Ocmin - si riflette sulle donne, ancora al bivio tra carriera e affetti. Dobbiamo imparare non solo a guardare ma a emulare le politiche di conciliazione degli altri stati europei, che con i loro tassi di natalità e di occupabilità femminile ci confermano che chi non lavora non fa figli. Un Paese che si regge su queste premesse è un paese destinato a invecchiare e a smettere di crescere. La mancata presenza delle donne nel mercato del lavoro italiano va di pari passo con la mancata crescita del nostro Pil". "Come Cisl - ha concluso Ocmin - crediamo che la chiave per invertire questa tendenza dannosa per le donne, ma anche per l'economia del nostro paese, sia la contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale, strumento centrale per realizzare politiche di conciliazione e di flessibilità che liberino il tempo delle donne e ne favoriscano non solo l'ingresso, ma la permanenza e la crecita professionale nel mercato del lavoro".
[Informazioni tratte da Italpress - Corriere del Mezzogiorno, Adnkronos/Ign, Labitalia]