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Per salvare la biodiversità del Canale di Sicilia

Nell’area più ricca di vita del Mediterraneo gravano 29 richieste di ricerca di idrocarburi

16 ottobre 2012

La più alta biodiversità del Mediterraneo si trova nel Canale di Sicilia, dove si incontrano il bacino occidentale con quello orientale. Dalle grandi foreste di gorgonie e coralli di profondità alle specie ittiche di interesse commerciale come il nasello e la triglia, il Canale di Sicilia rappresenta un'area unica in tutto il Mediterraneo, che ospita anche il transito di specie vulnerabili o a rischio estinzione, quali la balenottera comune, gli elasmobranchi (una varietà di squali) e varie specie di tartarughe.

Senza contare alcuni degli habitat più caratteristici come i vulcani sottomarini e i banchi d'alto mare. Proprio su questi ultimi, Greenpeace ha organizzato una spedizione scientifica in collaborazione con l'Ispra che ha confermato l'incredibile ricchezza dei fondali. Stessi fondali sui quali, denuncia Greenpeace, gravano 29 richieste per cercare petrolio nell'area, di cui 11 già autorizzate, e altre 8 rimnesse in gioco dal governo dopo che il decreto Prestigiacomo del 2010 le aveva bloccate perché troppo vicine alla costa o alle aree protette. I permessi per l'estrazione di idrocarburi già concessi sono 3, per un totale di 4 piattaforme al largo delle coste siciliane, e tre sono le concessioni di coltivazioni in via di valutazione. Le compagnia petrolifere sono poi particolarmente interessate al Canale di Malta (tra la Sicilia e Malta) dove sono già attivi due permessi di ricerca.

Per proteggere il Canale di Sicilia Greenpeace ha avviato la campagna 'U mari nun si spirtusa' per fermare le trivelle, sottoscritta da oltre 57 mila persone e più di 50 sindaci insieme al governo regionale siciliano. L'appello è stato consegnato ai direttori generali responsabili della Valutazione di Impatto Ambientale e della Protezione della Natura e del Mare del ministero per l'Ambiente (assente però il ministro Clini) da Greenpeace e da una rappresentanza siciliana di amministratori e politici, pescatori e comitati locali (LEGGI).

"Non è l'interlocuzione che cercavamo. Il problema delle trivellazioni è politico. Vogliamo capire da che parte sta il ministro Clini di fronte all'articolo 35 del Decreto 'Cresci Italia'", dichiara Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.
L'associazione chiede il blocco immediato di ogni processo di autorizzazione per progetti di ricerca e perforazione off-shore; la definizione di Siti di interesse comunitario per tutelare le aree marine del Canale; l'istituzione della Zona di protezione ecologica; lo sviluppo di misure di monitoraggio, prevenzione e repressione dell'inquinamento marino in generale e, in particolare, di quello derivante da idrocarburi.

Tutto per tutelare il Canale di Sicilia e il Mar Mediterraneo, che vanta il 25% di specie endemiche, cioè animali e piante che vivono esclusivamente in quest'area. Uno scrigno di tesori naturalistici, ma anche di idrocarburi disciolti, visto che - stando ai dati dell'Unep - nelle sue acque finiscono ogni anno 100-150.000 tonnellate di idrocarburi, la percentuale più alta tra i mari del mondo.
La densità di catrame pelagico di 38 mg/m2 rilevata nel Mediterraneo è tre volte superiore a quella del Mar dei Sargassi (che è al secondo posto della classifica mondiale con 10 mg/m2) e oltre 10 volte la media degli altri mari del mondo. [Adnkronos/Ign]

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16 ottobre 2012
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