Pericolosa precarietà
I tanti, troppi rischi che si nascondono dietro il lavoro precario, atipico, temporaneo, provvisorio etc. etc.
precario agg. non stabile, di incerta durata, provvisorio: impiego precario | instabile, malsicuro: una situazione economica precaria; salute precaria, cagionevole.
Grazie alla precarietà in Italia, dicono, è diminuita la disoccupazione. I ''lavori atipici'' hanno rivoluzionato il mondo occupazionale e ha chiamato a se un numero considerevole di gente, perlopiù giovane, che dopo aver studiato tantanni si ritrovavano costretti a ciondolarsi nel vuoto quotidiano. Per molti la chiamata a lavoro è stata come manna dal cielo, facile è infatti accettare il ragionamento che dice: ''tra la disoccupazione e un lavoro precario, meglio il lavoro precario'', ma per gli stessi la precarietà è divenuta una pesante preoccupazione tale e quale alla disoccupazione appena lo sguardo è stato rivolto al futuro...
Come pensare di crescere e andare avanti perseguendo dei progetti se si sopravvive ''grazie'' ad una situazione occupazionale di totale incertezza?
Il ragionamento sulla scelta tra disoccupazione e precarietà è stato messo in dubbio e, paradossalmente, in alcuni casi è divenuto l'esatto opposto: meglio l'inoccupazione certa, un grado zero nella speranza di..., che la precarità meccanismo perverso che non porta a nulla di veramente concreto e che trasforma tanti giovani di belle speranze in pietosi Sisifo alle prese col macigno da spingere eternamente senza mai concludere nulla.
Fosse solo questo la precarietà!
Infatti qua non vogliamo parlare della precarietà occupazionale in rapporto alle possibilità future dei giovani, ma della pericolosità concreta, materiale, che il lavoro precario rappresenta per chi in questo è stato impiegato.
Già il lemma stesso ci mette davanti all'evidenza: precario, ossia instabile, ossia cagionevole, ossia malsicuro.
Bisogna sapere che i giovani, rispetto ai loro colleghi adulti, si infortunano di più mentre lavorano, e sono spesso giovani che si sono entrati nel mondo lavorativo tramite contratti atipici. Come dire: se chi ben comincia è già a metà dell'opera...
Dai dati Inail (Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli infortuni sul Lavoro) del 2004, scopriamo che gli infortuni denunciati dagli ''under 34'' sono stati oltre 380 mila, quasi la metà del totale di quanto avvenuto lungo il corso di tutto l'anno. Seppure la proporzione si è in parte ridotta in questi ultimi anni, in Italia, così come in Europa, l'incidenza di infortuni sugli occupati per la classe di età più giovane è ancora quasi doppia rispetto a quella degli altri lavoratori.
E' chiaro che deve esserci ''un qualcosa'' nei nuovi lavori che acuisce i rischi della classe più vulnerabile.
Emilio Viafora, segretario generale di Nidil Cigl dice: ''Dai dati che abbiamo noi si evince che il massimo degli infortuni avviene nelle somministrazioni, soprattutto nella prima missione''. Il 73 per cento degli interinali, secondo un'indagine realizzata da Ispesl e Cgil, dice di non essere mai stato informato sui rischi presenti sull'attuale posto di lavoro e quasi sei su dieci non sanno neppure se nell'azienda esista o meno il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Ecco, quindi, che i termini di un contratto atipico, l'inesperienza, la poca formazione e la scarsità delle informazioni di cui i ragazzi e le ragazze dispongono creano il ''caso''. E non abbiamo messo tra le prime cause la scarsa sensibilità dei datori di lavoro, che molto probabilmente manco conosceranno questi labili lavoratori che come sono arrivati andranno via.
Le proporzioni degli incidenti rispetto a quelli che accadevano nel 2000 sono sicuramente minori, ma i settori nei quali è più facile infortunarsi rimangono l'industria (metalli e meccanica), e le costruzioni, ma anche il settore del commercio e dei trasporti rivelano numeri preoccupanti. Quanto alle differenze territoriali il fenomeno raggiunge numeri elevati soprattutto nel Nord Est.
''I giovani sono maggiormente esposti ai rischi lavorativi per il loro minore grado di conoscenza - afferma Elena Battaglini, responsabile per l'Ires dell'area di ricerca relativa all'ambiente, al territorio e alla sicurezza - che va collegato strettamente alla condizione contrattuale di tipo 'atipico e flessibile' e alla minore esperienza lavorativa. Due fattori che tendono a relegare in secondo piano i temi della salute e della sicurezza, favorendo invece le preoccupazioni relative al mantenimento del posto di lavoro.''
Anche la conformazione del sistema produttivo italiano, sbilanciato verso la piccola impresa, rischia di aggravare il fenomeno. ''La formazione - dice Franco D'Amico dell'Inail - nelle grandi imprese in qualche modo si fa, ma nelle piccole e piccolissime imprese non è poi così diffusa. Se ci poniamo di fronte alle nuove emergenze, ai lavoratori atipici e agli extracomunitari, ci accorgiamo che questi sono lavoratori che hanno una scarsissima informazione e vengono messi a fare lavori che non hanno mai fatto.''
Ma cosa si può fare per assicurare ai giovani una maggiore ''protezione''? ''Si ottiene essenzialmente con la formazione e l'informazione sui rischi e le politiche di tutela - dice Battaglini - Cose che spesso la condizione occupazionale di tipo 'atipico' non consente. Si tratta di favorire, tra le imprese, una cultura della sicurezza che sia considerata come un vantaggio competitivo, in termini di qualità del lavoro e, quindi, di qualità dei processi e prodotti e non come vincolo alla libertà dell'imprenditore. Cultura che porterebbe inoltre a stipulare dei contratti, anche a progetto o interinali, che tutelino i lavoratori, anche in termini formativi, dai rischi connessi con i processi di lavoro.''
[Informazioni tratte dall'articolo di Federico Pace pubblicato su Repubblica.it il 24 marzo 2006]