Piergiorgio Welby è morto
La sua agonia è cessata stanotte. A staccare la spina il medico che si era offerto di aiutarlo
AGGIORNAMENTO
Mario Riccio, anestesista rianimatore all'Ospedale Maggiore di Cremona, durante la conferenza stampa conclusasi da poco presso la sala della Camera dei Deputati, ha affermato di aver aiutato a morire Piergiorgio Welby, staccandogli la spina del respiratore e aiutandolo a non soffrire. La notizia è stata confermata anche da alcuni esponenti del Partito Radicale, che parlano di un ''atto di disobbedienza civile''.
Al momento del distacco era presente la moglie di Welby, Mina, la sorella Carla, Marco Pannella, l'esponente radicale Marco Cappato e Rita Bernardini. Nel corso della serata, altri amici erano passati a dare l'ultimo saluto a Piergiorgio Welby.
Le dichiarazioni del medico - ''Nelle settimane passate, visto il mio impegno nel campo della bioetica come componente della consulta di bioetica ONLUS presieduta da Maurizio Mori, docente di bioetica all'Università di Torino, sono entrato in contatto con l'onorevole Marco Cappato e mi sono proposto per alcuni approfondimenti medici e giuridici sulla questione'', ha affermato Riccio nel corso della conferenza stampa. ''Cappato mi ha chiesto se il mio interesse alla questione si potesse spingere fino a concretizzare il desiderio di Piergiorgio Welby; io mi sono reso disponibile''.
Il medico ha dichiarato di aver letto la sentenza civile nella quale, per come l'aveva compresa, si era fatto più volte richiamo alla sospensione della cura come un fatto in se permesso dalla legge, contenuto anche nella Convenzione di Oviedo che il nostro paese ha recepito ma non ratificato. ''Il diritto a rifiutare le terapie è ampiamente documentato. In quella sentenza non vi era scritto che non si poteva staccare il respiratore ma c'era la difficoltà del magistrato nell'applicare la cosa al collega medico che si trovava in quella particolare situazione'', ossia il rifiuto espresso da uno dei medici di Piergiorgio Welby.
Riccio è arrivato a Roma lunedì scorso dove ha conosciuto personalmente Piergiorgio Welby, con il quale ha avuto un lungo colloquio in cui il malato ha confermato la sua volontà che fosse interrotta la terapia respiratoria a cui era sottoposto e che fosse sottoposto a sedazione. ''Abbiamo preparato tutto in accordo con Piergiorgio, ma senza clamore per evitare pressioni su di me e sulla famiglia; ora io tornerò a Cremona al mio lavoro'', ha concluso Riccio.
Mario Riccio ora rischia l'incriminazione per omicidio colposo che potrebbe costargli 15 anni di carcere.
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«Morire dev'essere come addormentarsi dopo l'amore, stanchi, tranquilli e con quel senso di stupore che pervade ogni cosa».
Piergiorgio Welby è morto. La sua agonia è finita stanotte senza che nessuno staccasse la spina. Nelle ultime settimane le condizioni di Welby erano molto peggiorate e aumentate le sue sofferenze, come era aumentata la sua determinazione nel perseguire fino alla fine la sua battaglia affinché ogni persona possa avere diritto ad una morte dignitosa.
A dare notizia della dipartita di Welby è stato Marco Pannella stamane, durante una diretta di Radio Radicale.
Welby aveva 61 anni e da quaranta era malato di distrofia muscolare, malattia che lo ha costretto ad una vita da lui stesso definita inaccettabile. Nell'ultima fase della malattia, Welby era costretto a letto inibito a qualsiasi movimento di tutto il corpo, ad eccezione dei movimenti oculari e labiali. La sua sopravvivenza era assicurata esclusivamente da un respiratore automatico al quale era stato collegato nel 1997.
Lo scorso settembre aveva inviato al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, un messaggio con il quale chiedeva l'eutanasia. Una richiesta che ha portato alla ribalta delle cronache una questione che quando in Italia si è trattata seriamente lo si è fatto cadendo in una puntuale e controproducente parzialità. Il casio Welby è dunque finito sui tavoli della politica e della magistratura. Insomma, mentre un uomo agonizzava, la burocrazia legislativa tentava, goffamente, di deciderne il destino.
Poche ore prima del decesso di Piergiorgio Welby il Consiglio Superiore della Sanità aveva negato lo spegnimento del respiratore perché ''non c'era accanimento terapeutico''.
''Non è accanimento terapeutico'' - Sembra che i ''saggi della Sanità'' abbiano dibattuto tanto prima di emettere la propria sentenza sul ''Caso Welby''. E' stata, infatti, parecchio lunga la riunione del Consiglio superiore di sanità, che si è tenuta ieri al Ministero della Sanità.
Non c'è accanimento terapeutico su Piergiorgio Welby in quanto per il paziente ''non c'è imminente pericolo di vita'', ha detto Franco Cuccurullo, presidente del Css, uscendo dalla riunione . ''Quella di Welby - ha proseguito Cuccurullo -, è una situazione clinica devastata ma relativamente stabile''.
Per il Css, possono essere ritenuti accanimento terapeutico i casi in cui il paziente è sottoposto a trattamenti sanitari in eccesso rispetto ai risultati ottenibili e non in grado, comunque, di assicurargli una più elevata qualità della vita residua in situazioni in cui la morte sia imminente e inevitabile. E distingue tra l'accanimento e il principio fondamentale del diritto del paziente all'autodeterminazione, vale a dire a come, entro quali ambiti e principi, possa essere esercitato il suo diritto delle cure.
Nel verdetto del Consiglio superiore di sanità emergono sia le istanze del paziente che quella del medico. Senza stabilire un primato dell'una o dell'altra, il documento esprime forti dubbi sull'adempimento della volontà del malato quando questa porti alla morte: ''Se è vero - si legge - che il rifiuto del malato di essere curato (quando non interferisce sul bene della salute collettiva) deve essere considerato e rispettato dal medico è parimenti vero che è preciso dovere professionale e morale del medico 'prendersi cura' del paziente in ogni circostanza o condizione in cui quest'ultimo si trovi''. Pertanto ''se non vi è alcun dubbio sul diritto al rifiuto delle cure da parte del paziente capace di autodeterminarsi, non pochi interrogativi sorgono per l'interruzione delle terapie di sostegno alle funzioni vitali, la cui sospensione determini sic et simpliciter la terminazione biologica della vita''.
La conclusione del presidente del Consiglio superiore di sanità è stato un invito al ministro della Salute, Livia Turco, a ''promuovere nuovi e più cogenti indirizzi e linee guida in materia''.
Il ministro Turco ha subito colto l'invito dichiarando: ''Questo parere è molto importante. Non per il sì o il no all'accanimento, ma perché ci conferma che abbiamo bisogno di nuove norme che siano più chiare nello stabilire come e con quali modalità poter esercitare il diritto di scelta sulle cure e sui trattamenti da parte del cittadino, anche in casi delicati come quello di Piergiorgio Welby''.
Poche ore dopo la sentenza del Consiglio superiore di sanità, il cuore di Piergiorgio Welby si è fermato. Noi siamo convinti che la ''battaglia per la civiltà'' da lui sollevata è stata così solo sospesa, non è stata persa, perché... «Morire dev'essere come addormentarsi dopo l'amore, stanchi, tranquilli e con quel senso di stupore che pervade ogni cosa».
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