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Più che ''stupore'' una vergogna. Tutte le irregolarità nella gestione della Fondazione Federico II dell'Ars Sicilia

07 dicembre 2007

Lo scandalo della fondazione Federico II
ARS GRANDI EVENTI, STORIA DI UN FLOP

di Emanuele Lauria (la Repubblica-Palermo, 6 dicembre 2007)

Più che lo stupor mundi poté lo stupore di tre revisori dei conti. Quello contenuto in una relazione, l'ultima, che mette in fila tutte le irregolarità nella gestione della Fondazione intitolata a Federico II e che, dopo le dimissioni del direttore generale Alberto Acierno, fa esplodere una guerra senza quartiere dentro le antiche mura del Parlamento siciliano. Tutti contro Acierno, che però ora scarica gran parte delle responsabilità sul consiglio d'amministrazione dell'ente culturale. L'attuale e quello precedente. Muovendo pesanti sospetti sulla gestione della biglietteria di Palazzo dei Normanni.

L'atto di accusa più recente porta la data del 29 novembre scorso: il giorno in cui si è riunito il nuovo collegio dei sindaci, nominato direttamente dal presidente della Fondazione, Gianfranco Micciché, dopo l'impossibilità a procedere attraverso un voto d'aula alla sostituzione del precedente. Che aveva agito in regime di prorogatio e aveva denunciato l'impossibilità di accedere ai libri contabili dell'ente. I nuovi controllori dei conti designati da Micciché non sono stati molto più teneri. Condensando in una lunga serie di "osservazioni" gli addebiti a un organo di promozione della cultura e delle istituzioni siciliane che, tanto per cominciare, alla Camera di Commercio risulta essere un ente fantasma: sul registro delle imprese non figura neppure la sede di via Garzilli. La Fondazione, rilevano ancora i sindaci, “ha dichiarato di svolgere solo attività di editoria, quando in realtà svolge anche attività di biglietteria, gestione punti vendita e utilizzazione commerciale della riproduzione di beni, servizi di accoglienza, caffetteria e organizzazione di mostre”.
Il nuovo consiglio d'amministrazione non ha ancora nominato il comitato scientifico al quale “dovrebbe essere delegata l'attività di elaborazione delle linee fondamentali e degli indirizzi culturali”. Tutta la gestione, osservano i revisori, “è stata interamente affidata al direttore generale, con compenso annuo di 180 mila euro”.

E' stato Acierno, annotano ancora i sindaci, a gestire il personale, a effettuare gli ordini d'acquisto, a incassare i corrispettivi, a pagare i fornitori. Tutte attività, è scritto ancora nella relazione, che dovrebbero essere espletate dentro il solco di regolamenti che invece non esistono. Il collegio contesta “l'inesistenza di una pianta organica”, malgrado le decine di assunzioni fatte negli ultimi anni. I revisori hanno poi passato al setaccio gli adempimenti contributivi e fiscali. Finendo per denunciare il mancato versamento, negli ultimi tre mesi, delle ritenute Irpef sui lavoratori dipendenti e autonomi. E attraverso il sistema delle compensazioni, sarebbe stata evasa anche l'Iva. Il collegio dei sindaci, composto da Antonio Scaglione, Giovanni Capillo e Francesco Renda, ha poi fatto un “blitz” a Palazzo dei Normanni. E alle ore 15 del 29 novembre ha avuto accesso ai dati giornalieri della biglietteria: rilevando in cassa 47 euro in meno rispetto al valore dei tagliandi venduti. Anomalie di poco conto, rispetto a quelle che Acierno, giocando in contropiede, sospetta ci siano state prima del suo insediamento. Il direttore generale dimissionario, infatti, rivendica il merito “di aver introdotto una rigorosa numerazione dei tagliandi” a partire dal suo avvento, nel luglio del 2006, e apre il caso di una notevole dote di biglietti che sarebbero spariti nel nulla in precedenza.
I fatti sono questi: la Fondazione, nei primi mesi del 2006, fece scorta di 600 mila tagliandi. Fra quelli emessi al 12 novembre scorso (350.518), quelli in giacenza (229.900), quelli difettosi o stornati e i voucher, mancherebbero all'appello 13.247 biglietti.
Che fine hanno fatto? Qualcuno ci ha speculato sopra? Interrogativi pesanti che Acierno lascia lì, nell'uscire di scena fra le polemiche, invitando a far luce sulla vicenda, convinto che nell'affaire-biglietti ci sia una delle cause dello scontro con i vertici dell'Ars, in particolare con i vicepresidenti, Stancanelli e Speziale, che ora minacciano querele. L'ex direttore fa notare che “le osservazioni dei revisori dei conti in gran parte non chiamano in causa me, ma il consiglio d'amministrazione: non sono mica io a dover predisporre regolamenti e piante organiche”.

E' in questo clima che si consuma una delle pagine più buie della storia della Fondazione, nata con una legge del dicembre '96 per iniziativa dell'allora presidente dell'Ars Nicola Cristaldi: “Fu pensata, in quei tempi, come uno strumento agile per promuovere le istituzioni siciliane, un volano di cultura. Una cosa diversa da quello che è diventato ora: un ente per garantire occupazione”. I primi anni, sotto la direzione di Salvatore Parlagreco, furono segnati da alcuni grandi eventi (le mostre di Mirò e Dalì a Palazzo dei Normanni) e dall'inizio della collaborazione con il mecenate tedesco Reinhold Wurth. A Cristaldi seguì, dal 2001, Guido Lo Porto: sotto la sua presidenza l'organizzazione di altre prestigiose esposizioni (Renoir, il Novecento siciliano), la produzione di due giornali (Cronache parlamentari ed Euromediterraneo) e, con l'avvio dei servizi aggiuntivi in tutta l'Isola, l'affidamento alla Fondazione della biglietteria di palazzo dei Normanni. Sono anche gli anni in cui scattano le prime assunzioni di ex politici (da Gianfranco Zanna a Ettore Maltese).
E' nel 2006 che gli organici crescono in modo esponenziale, con una spesa per il personale aumentata di sette volte, da 99 mila a 744 mila euro. Un fenomeno particolarmente evidente sotto la presidenza Micciché, con la gestione del “fidato” Acierno. Se, nel 1997, la Fondazione prese le mosse senza personale esterno, oggi conta 50 dipendenti, di cui 41 a tempo indeterminato e 9 con contratto a progetto. Nove operano presso la sede di Catania, definita da Acierno “perfettamente inutile”. Ma la conduzione Micciché-Acierno è anche quella del sogno manageriale, dei proventi che giungono dalla gestione del bookshop e della caffetteria in Parlamento, dalle ricche sponsorizzazioni: 40 mila da Wurth per le brochure del Palazzo, 30 mila dal Banco di Sicilia per il marchio sui biglietti, 40 mila da Enerfera per il premio “Curò”, che quest'anno dovrebbe andare al presidente degli industriali siciliani Ivan Lo Bello. E poi l'operazione “Sali in Paradiso”, la visita ai ponteggi della Cappella Palatina sostenuta dallo stesso Wurth con 117 mila euro. Con queste entrate, e con un milione 300 mila euro derivanti dai proventi dei biglietti, la Fondazione dovrebbe coprire le maggiori spese per il personale. Anche se il contributo pubblico resta rilevante: 500 mila euro dalla Regione, 539 mila euro dal Por.

Ma i bilanci non sono mai stati approvati, negli ultimi 18 mesi. E Micciché ora fa il pompiere: “I rilievi dei revisori? Abbiamo ereditato una situazione difficile, in poco più di un anno non potevamo colmare lacune che cominciano nel '97. Acierno? Ha operato bene, i suoi contrasti con alcuni membri del Cda erano personali più che aziendali”.
Ma l'Unione, prima firmataria Rita Borsellino, ha presentato una mozione per avere “chiarimenti urgenti in aula sulla gestione della Fondazione”. Micciché si dice disponibile a un dibattito, ma è cominciato un regolamento dei conti anche a sinistra. Perché Tonino Russo, vicesegretario del Pd, dice che “sono evidenti le responsabilità di Micciché ma gli altri membri del consiglio d'amministrazione, inclusi i nostri rappresentanti, finora dove sono stati?”. E per Rosario Rappa, segretario regionale del Prc, “il Parlamento dovrebbe valutare l'opportunità di chiudere un carrozzone clientelare e fonte di sperpero”.

- "Ufficio collocamento Federico II" di E. Lauria

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07 dicembre 2007
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