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Pizzini e papelli al microscopio

Processo Mori: la Scientifica sull'autenticità dei documenti consegnati ai pm da Cincimino jr

13 ottobre 2010

L'udienza di ieri del processo al generale dei carabinieri Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato alla mafia (per la mancata cattura di Bernardo Provenzano), è cominciato con l'esame del capo della polizia scientifica Pietro Angeloni. Angeloni ha eseguito, su incarico della Procura, una perizia grafica e merceologica su diversi documenti depositati dai pm tra i quali manoscritti e dattiloscritti attribuiti all'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino e consegnati ai magistrati dal figlio Massimo e su una serie di pizzini che, secondo gli inquirenti, sarebbero stati scritti a macchina dal boss Bernardo Provenzano e destinati a Ciancimino.
Il capo della polizia scientifica ha riferito le conclusioni della consulenza sui documenti, che è agli atti del processo. Su manoscritti e dattiloscritti attribuiti a don Vito sono stati fatti accertamenti merceologici - per datare la carta - e grafologici. Angeloni ha specificato che sugli originali prodotti si è proceduto con l'esame del carbonio 14, eseguito su singoli frammenti bianchi, che ha accertato che la carta risale allo stesso periodo a cui Massimo Ciancimino colloca la produzione del documento. Quanto alla paternità dei manoscritti, Angeloni ha sostenuto che si tratta "con certezza" di appunti vergati dall'ex sindaco.

Dopo l'introduzione di Angeloni sul banco dei testi sono saliti altri due esperti del suo ufficio, chiamati a deporre davanti alla quarta sezione del Tribunale di Palermo. Secondo i consulenti del pm Nino Di Matteo citati in aula, i documenti non sono frutto di manipolazioni e interpolazioni. Nella precedente udienza, Mori aveva sostenuto, mostrando anche ingradimenti e diapositive, che alcuni dei documenti consegnati da Ciancimino ai pm sarebbero stati contraffatti (LEGGI).

Non è stato possibile, invece, attribuire con sicurezza "la paternità del cosiddetto papello, perchè le comparazioni non erano utili e alcuni dei documenti che c'erano stati forniti per effettuare i confronti erano soltanto firme". A dichiararlo sono stati i consulenti Maria Vincenza Caria e Marco Pagano, del gabinetto di polizia scientifica di Roma, sentiti dal Tribunale al processo Mori. Ricordiamo che il "papello" è la lista con le richieste di Cosa nostra allo Stato come condizione per fermare le stragi, e sarebbe stato elaborato dal boss Totò Riina nell'ambito della presunta trattativa con uomini delle istituzioni di cui sarebbe stato mediatore l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, secondo quanto sostenuto da suo figlio Massimo.
I documenti che avevano caratteristiche sufficienti per la comparazione, hanno spiegato i consulenti, erano soltanto 8, e alcuni erano pure fotocopie di scarsa qualità. Nella sostanza, su 27 testi portati per la comparazione dall'accusa solo in 8 casi si può escludere con quasi assoluta certezza che si tratti degli autori del papello. In altri 7 casi i testi di riferimento sono in "corsivo corrente", mentre la lista di richieste di Totò Riina allo Stato nel periodo della trattativa era in stampatello. Tra i campioni di confronto c’erano scritti, tra gli altri, dei boss Totò Riina, Pietro Aglieri e Antonino Cinà.
I consulenti hanno anche spiegato che il cosiddetto "contropapello" (scritto dall’ex sindaco dopo aver letto le richieste a suo dire "folli" fatte da Riina allo Stato) era stato scritto da Vito Ciancimino, e questo anche se si tratta di una fotocopia. E sempre di Vito Ciancimino, secondo i consulenti, sono tutti gli altri documenti depositati dai pm tra i quali il foglietto in cui si legge "on. Berlusconi metterà a disposizione una sua rete televisiva".

Comunque, non ci sono manipolazioni nel 'papello', hanno sostenuto le due esperte della Scientifica, Sara Falconi e Anna Maria Caputo, consulenti della Procura di Palermo che hanno fatto parte del pool di tecnici incaricati di verificare paternità e datazione della carta dei 55 documenti consegnati da Massimo Ciancimino. Sul banco dei testi è salito anche Filippo Rinaldi, l’esperto della Scientifica che ha analizzato i pizzini portati da Massimo Ciancimino e da lui attribuiti al boss Provenzano. Secondo il consulente, sarebbero stati redatti tutti dalla stessa macchina da scrivere che è però diversa da tutte quelle che, per quanto accertato dagli inquirenti, il capomafia avrebbe usato nel tempo. Ma la circostanza non escluderebbe la paternità dei pizzini al padrino che era solito cambiare macchine: in un breve lasso di tempo sarebbe arrivato per 11 bigliettini ad utilizzarne 7 diverse.
A Rinaldi il presidente del collegio ha chiesto se è possibile, come dice Massimo Ciancimino, che i pizzini agli atti del processo siano stati scritti da Provenzano tra il '92 e il 2002. Il consulente ha spiegato che non conoscendo l'uso che è stato fatto della macchina da scrivere, quindi quanto fosse usurata, non è possibile stabilirlo. "Ma certo - ha aggiunto - hanno tutti le stesse anomalie grafiche. Quindi se la macchina fosse stata sottoposta a un uso intensivo per 10 anni i bigliettini non presenterebbero le stesse caratteristiche".

Infine, sempre secondo i consulenti della Procura, dei 55 documenti dati da Massimo Ciancimino ai pm solo uno è un collage fatto dal figlio dell'ex sindaco di Palermo. Lo scritto, consegnato da Massimo Ciancimino alla Dda di Caltanissetta, e coincidente in alcune parti con un altro dato ai pm di Palermo, si compone di due pezzi: uno, il sinistro, attribuito dai consulenti al figlio di Ciancimino; l'altro, il destro scritto da don Vito. Le due parti sono state fotocopiate in un unico foglio. La "manipolazione", che è grossolana, si evince, oltre che dalla grafia diversa, dal colore e dalla datazione delle carte degli originali messi insieme in fotocopia. Secondo i consulenti sarebbe l'unico documento "alterato" dal testimone.
Massimo Ciancimino in riferimento al documento "manipolato" ha detto: "Sono stato io stesso a dire ai pubblici ministeri di Palermo che il documento in cui si leggono, da un lato i miei appunti, dall'altro lo scritto di mio padre, era frutto della sovrapposizione di due fogli fotocopiati insieme. Quindi lungi da me qualunque dolosa manipolazione". "E' palese - ha aggiunto - che si tratti di due fogli diversi uniti in una fotocopia. Se uno vuole manipolare un documento certo non lo fa così. Quello era solo un promemoria per il libro che avrei dovuto scrivere".

Insomma, le conclusioni dei tecnici sono in contrasto con la tesi della difesa che parla di palesi manipolazioni di numerosi documenti e che, alla prossima udienza, fissata al 2 novembre, cercherà di dimostrare le alterazioni. In particolare, secondo il legale dell'imputato, l'avvocato Basilio Milio frutto di collage sarebbe, ad esempio, la presunta lettera indirizzata al presidente del Consiglio Berlusconi e scritta da Vito Ciancimino, depositata dai magistrati in udienza l'8 febbraio. La Procura ha annunciato che sottoporrà a perizia anche questo scritto, finora non analizzato dalla Scientifica.

[Informazioni tratte da Ansa, AGI, Adnkronos/Ing, La Siciliaweb.it, GdS.it]

 

 

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13 ottobre 2010
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