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Polemica tra governo e Polizia sul decreto 'svuota carceri'

Il vice capo della Polizia critica il dl sull'emergenza carceraria. Il ministro Severino: "Norme concordate"

05 gennaio 2012

Polemica tra governo e Polizia sul decreto 'svuota carceri'. A far scattare la scintilla l'uso delle camere di sicurezza, tra le norme emanate dal Consiglio dei ministri, che secondo Francesco Cirillo, vice capo della Polizia, sono poche e non garantiscono dignità. La risposta del Guardasigilli non si fa attendere. Le norme del decreto sull'emergenza carceri "sono state pienamente condivise con il ministro dell'Interno e alla presenza dei vertici delle forze di Polizia", ha sottolineato il ministro della Giustizia, Paola Severino.
Le critiche all'applicabilità delle nuove norme sono state illustrate dal prefetto Cirillo nel corso di un'audizione davanti alla Commissione Giustizia del Senato. "Attendo di conoscere con esattezza queste considerazioni" ha aggiunto il ministro, conversando con i giornalisti prima di entrare nell'aula della Commissione, dove ieri è iniziato l'esame del decreto sull'emergenza carceraria.

In particolare il prefetto Francesco Cirillo denuncia che le camere di sicurezza oggi disponibili in Italia, in tutto 1057 che (in base alle norme contenute nel decreto svuota carceri in vigore dallo scorso 23 dicembre) dovrebbero ospitare, entro 48 ore dal fermo, persone arrestate per reati non gravi e in attesa di processo per direttissima, sono poche e inadatte a ospitare i detenuti in condizioni di minima dignità. Oltre a questo le forze di polizia non sono organizzate né attrezzate per la custodia degli arrestati.
Il vice capo della Polizia, ascoltato, in audizione informale, dalla Commissione, ha ricordato numeri e dati, giudicati inequivocabili, che lo portano a concludere: "il detenuto sta molto meglio in carcere". Delle 1057 camere di sicurezza 658 sono gestite dai carabinieri, 327 dalla Polizia, 72 dalla Guardia di Finanza. Non hanno il bagno, non consentono l'ora d'aria né la separazione tra uomini e donne e dunque non garantiscono "condizioni indispensabili per rispettare la dignità delle persone". I costi per un'eventuale adeguamento delle strutture sarebbero molto alti, ha pure sottolineato il prefetto Cirillo, che cita il caso di Torino, dove per 5 camere di sicurezza si sono spesi 450mila euro. "Nessuno ci ha spiegato come devono essere organizzate queste camere di sicurezza", ha lamentato ancora il prefetto. E polizia e carabinieri, i cui organici sono fermi al'89 (114mila carabinieri e 107mila poliziotti) "nascono per stare nelle strade". Dunque i turni di sorveglianza sottrarrebbero forze consistenti al controllo del territorio. Cirillo, inoltre, ha criticato anche i braccialetti elettronici per il controllo a distanza dei detenuti: attualmente quelli disponibili, 2000, non sono numericamente sufficienti per i detenuti agli arresti domiciliari. Sono inoltre strumenti tecnicamente non idonei, perché non dotati di sistema Gps e dunque non consentono la localizzazione. Sono solo 8 quelli attivi, ricorda il prefetto. E quanto ai costi, calcolati in circa 500 euro ciascuno, "avremmo speso di meno se fossimo andati da Burgari", ha commentato infine con una battuta.

Contro Cirillo si è schierato Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria: "Evidentemente Cirillo non conosce la grave emergenza penitenziaria, peraltro decretata da due anni dal governo".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Repubblica.it]

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05 gennaio 2012
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