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Poter decidere se volere o no un figlio...

Le leggi italiane sembrano discostarsi sempre più da quello che veramente vogliono gli italiani

21 febbraio 2009

Negli ultimi tempi sembra essere diventata regola della politica italiana quella di creare leggi che sostanzialmente soffrono di grandi contraddizioni. Per citare brevemente un esempio, quello più recente, risulta francamente assurdo proporre una legge sul testamento biologico - che rende illegittimo la sospensione dell'idratazione e dell'alimentazione forzata - e per la quale contro di essa oggi, sabato 21 febbraio, scendono in piazza fra i più importanti intellettuali della nazione, e far finta di non vedere l'altissima percentuale di malati cornici che nel nostro Paese devono pagare di tasca propria le carenze del Servizio sanitario nazionale e lottano quotidianamente con la burocrazia per ottenere quanto, in teoria, è garantito a livello pubblico (LEGGI).
Di seguito, riportiamo due notizie che trattano temi delicati e che in Italia rappresentano un tabù invalicabile sia per i politicanti di destra che per quelli di sinistra, temi che sono quelli della fecondazione assistita e della sospensione della gravidanza. Insomma, per dirla in maniera semplicistica e brutale, quei temi che riguardano le persone che vogliono a tutti i costi avere un figlio, e quelle persone che di avere un figlio non ci pensano proprio... 

Per l'80% delle coppie la legge 40 è una barriera - In Italia avere un bambino con le tecniche di procreazione assistita è sempre più difficile. La legge 40, che regolamenta la materia da cinque anni, è un ostacolo per la maggior parte delle coppie che cercano di avere un figlio, ma soprattutto per chi deve già affrontare difficoltà economiche ed è meno "attrezzato" culturalmente. E' quello che rileva una ricerca promossa dal Censis insieme alla Fondazione Serono, secondo cui l'80,5% delle coppie italiane con problemi di fertilità si sente sfavorita dalla norma. Ma nel rapporto del Censis emerge anche la permanenza di un tabù sull'infertilità: una coppia su tre non ne parla con nessuno e, quando lo fa, trova scarsa comprensione. Non solo: alcuni si ritrovano a subire pesanti ripercussioni sulla vita sociale e su quella sessuale.

LEGGE-OSTACOLO. Il rapporto "Il desiderio di diventare genitori, problemi e speranze di chi combatte l'infertilità", rileva in modo netto l'inadeguatezza della norma attuale: per il 77,4% delle coppie intervistate la legge 40 di fatto riduce le possibilità di diventare genitori. La ricerca, presentata nei giorni scorsi a Roma, è stata effettuata su 606 coppie prese in carico dai centri di procreazione medicalmente assistita (l'età media degli uomini è pari a 37,7 anni, quella delle donne a 35,3). La normativa è criticata soprattutto perché "si preoccupa troppo degli aspetti etici" (71%), mentre solo il 37,7% pensa che metta al centro la salute delle donne.

IL TURISMO DELLA PROCREAZIONE. I numeri delle persone che hanno problemi ad avere figli sono in crescita. "L'infertilità è un problema diffuso che in Italia riguarda 1 coppia su 5 di quelle in età fertile", spiega Giovanni Scacchi, presidente della Fondazione Cesare Serono. Di fronte alle difficoltà legali, molti sono disposti a "emigrare" per avere un figlio (il 55,5%). Più bassa ma comunque consistente (32,5%), la percentuale di chi dice di non avere problemi a sottoporsi a fecondazione eterologa (ovvero con seme o ovuli di donatori e donatrici), una tecnica vietata nel nostro Paese.

I PIU' SVANTAGGIATI. Il 77,4% del campione è convinto che le famiglie con minori possibilità economiche siano le prime vittime della legge. In effetti, i dati mostrano che il tempo che intercorre tra la presa di coscienza del problema e le prime terapie lievita per le coppie meno abbienti e con basso livello di scolarizzazione: in questi casi si arriva a 20,1 mesi, contro gli 8,5 impiegati da persone con un livello culturale più alto. Concetta Vaccaro, responsabile del settore welfare del Censis, spiega: "Il percorso è tendenzialmente più facile per chi ha un livello culturale e socioeconomico più elevato. Queste coppie individuano prima il problema e riescono in tempi brevi ad avviare gli interventi più appropriati, senza perdersi nei meandri di un sistema frammentato e pieno di ostacoli".

I CENTRI SPECIALISTICI. Il quadro italiano si caratterizza per una fortissima presenza del privato (il 55% del totale), specialmente al Centro e al Sud. Il primo medico a cui le coppie fanno riferimento (nel 74,8% dei casi) è il ginecologo, che nella maggioranza dei casi avvia il percorso diagnostico (50% circa dei casi), ma a volte invita alla pazienza (il 23,4% delle coppie ha ricevuto questa indicazione dal primo medico cui si sono rivolte), rallentando quindi il ricorso a terapie specialistiche.

ARGOMENTO TABÙ. Il rapporto rivela inoltre che gli italiani patiscono molto a livello psicologico quando non riescono ad avere figli: una coppia su tre non ha confidato a nessuno di soffrire del problema, né di essere in cura; il 20% circa non si sente compreso da amici e parenti; quasi il 30% lamenta un peggioramento della qualità della vita sessuale. La genitorialità mancata congela l'esistenza: l'87,3% vive questa condizione come un disagio, quasi la metà, il 44,5%, soffre per il sentimento di "diversità". Però la speranza è l'ultima a morire: il 65% delle coppie afferma che, se la terapia che sta seguendo non avrà successo, ci riproverà e il 70% è convinto che, prima o poi, riuscirà ad avere un bambino. (Repubblica.it)

Ru486: circa 4mila aborti dal 2005 - Il via libera definitivo per l'immissione in commercio anche in Italia della pillola abortiva Ru486 ancora non c'è, ma ormai i tempi sembrano stretti. Procede infatti il processo di valutazione da parte dell'Agenzia del farmaco (Aifa) ma intanto la Ru486 nel nostro Paese si utilizza già, sia pure attraverso una speciale procedura. Circa 4.000, a partire dal 2005, sono infatti gli aborti medici effettuati proprio utilizzando tale farmaco.
A rendere noti i dati di utilizzo della pillola abortiva, in attesa dell'autorizzazione alla vendita da parte dell'Aifa, è stato il ginecologo dell'ospedale Sant'Anna di Torino Silvio Viale, 'padre' della prima sperimentazione sulla Ru486. L'occasione per questo primo bilancio, la Conferenza nazionale dell'associazione ginecologi consultoriali (Agico) a Roma. Proprio mentre ginecologi provenienti da tutta Italia sottolineavano l'esigenza che anche il nostro paese approvi 'finalmente' l'immissione in commercio della Ru486, i rappresentanti dell'azienda Exelgyn (produttrice della pillola abortiva) hanno appunto incontrato i responsabili Aifa, ha reso noto Viale. E successivamente è stata la stessa Agenzia, con un comunicato, a precisare che "continua il processo di valutazione della Ru 486" e che "il farmaco è stato esaminato nei giorni scorsi dal Comitato Prezzi e Rimborso dell'Aifa secondo quanto previsto dalle procedure valutative necessarie alla registrazione dei farmaci". A questo punto, ha sottolineato Viale, "il processo per la commercializzazione in Italia della Ru486 attraverso il procedimento di mutuo riconoscimento europeo, è in dirittura d'arrivo". L'auspicio è che i tempi siano brevi, anche perché "se l'Italia dovesse ancora ritardare o bloccare l'arrivo in commercio della RU486 - ha precisato Viale - si andrebbe in sede europea e, sia pure con ritardo, arriverebbe in ogni caso l'autorizzazione per la commercializzazione".

Intanto, Viale ha reso noto i primi dati di utilizzo della pillola abortiva, suscitando la dura critica dell'esponente della Lega Nord Massimo Polledri: "Sono dati allarmanti - ha commentato - che devono far riflettere".
DAL 2005 EFFETTUATI 4.000 ABORTI CON PILLOLA RU486. Circa 4 mila gli aborti effettuati in Italia utilizzando la pillola abortiva. Nel 2008 la Ru486 è stata utilizzata da 25 centri italiani mediante una procedura di importazione caso per caso. Viale ha monitorato in particolare l'esperienza di otto centri che hanno utilizzato la pillola abortiva per un totale di 1.778 interventi di aborto. Più che soddisfacenti, secondo il ginecologo, gli esiti registrati: solo il 5,5% delle pazienti ha dovuto ricorrere comunque all'intervento chirurgico successivo. Quanto ai sintomi, il 23% ha accusato dolore, il 13% nausea, il 5% diarrea e per lo 0,07% si sono rese necessarie trasfusioni. Le regioni in cui la pillola è stata utilizzata sono Piemonte, Toscana, Trento, Emilia Romagna, Marche, Puglia e Lombardia.

OLTRE 10.000 PILLOLE ABORTIVE IMPORTATE. Sono 10.154 le pillole Ru486 importate in Italia a partire dal 2005, quando la prima sperimentazione è stata avviata all'ospedale Sant'Anna di Torino. La Ru486 è stata già registrata nella maggior parte dei paesi europei e negli Usa. La procedura di registrazione è invece in fase di esame per Italia, Portogallo, Ungheria.

VIALE, METODO SICURO. Con l'archiviazione dell'indagine relativa alla sperimentazione con Ru486 condotta all'ospedale Sant'Anna, ha detto Viale, "è caduto l'ultimo diaframma, quello legale, che ipotizzava l'incompatibilità dell'utilizzo della pillola abortiva con la legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza. Il metodo è efficace e sicuro"(Aduc Salute)

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21 febbraio 2009
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