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Potremmo trattenerli per anni...

La situazione dei quattro ostaggi del gruppo di guerriglieri nigeriani del Mend, diventa più critica e complicata

04 gennaio 2007

La situazione dei quattro prigionieri del Mend (Movimento per l'emancipazione del Delta del Niger), tre italiani (Francesco Arena, Roberto Dieghi e Cosma Russo) e un libanese (Imad Saliba), rapiti il 7 dicembre durante un attacco del Movimento contro un'istallazione dell'Agip a Brass, nello Stato di Bayelsa, diventa sempre più critica e complicata.
Ieri il gruppo di guerriglieri, in un messaggio alla France Presse, ha affermato di aver bloccato un tentativo da parte dell'Agip di liberare dietro pagamento di una somma i quattro ostaggi. Il Mend ha inoltre accusato la filiale del gruppo Eni, di aver ''ingaggiato un noto truffatore della regione'' per tentare di liberare gli ostaggi dietro la consegna ai carcerieri di 70 milioni di naira (circa 413.000 euro). Il ''truffatore'' sarebbe però stato bloccato e i soldi ''confiscati per un migliore utilizzo''.
''I soldi - si legge nel messaggio inviato all'agenzia di stampa francese - dovevano essere consegnati dall'intermediario ai carcerieri dei quattro ostaggi che poi sarebbero dovuti fuggire a bordo di un battello''. ''L'Agip deve capire che deve spendere il denaro per costruire scuole e altre infrastrutture per le comunità che vivono nei territori che loro hanno distrutto. Non deve pagare riscatti. Rilasceremo i quattro senza prendere un centesimo, ma quando le nostre richiesta saranno accettate. Non devono cercare l'aiuto di criminali che vogliono guadagnare sulla pelle degli altri. Sappiamo che la compagnia italiana ha speso un sacco di soldi finiti nelle tasche di chi faceva loro credere di essere in rado di liberare gli ostaggi. No, le condizioni sono chiare e precise. Ripetiamo: non cerchino altre strade''. ''Inutile dire che il denaro è stato confiscato e sarà impiegato in un modo migliore'', afferma il Mend, che ha inoltre avvertito che gli uomini incaricati di controllare gli ostaggi ''hanno avuto istruzioni di uccidere'' i quattro ''nel caso in cui si tentasse di liberarli''.
 
L'azienda petrolifera italiana, tramite un portavoce, ha smentito l'intera vicenda: ''Da parte nostra nessun contatto con alcun soggetto ma solo con il ministero degli Esteri italiano e le autorità nigeriane''. ''L'Eni - ha precisato il portavoce - sta lavorando per una positiva soluzione del rapimento dei dipendenti Agip, e non ha avuto altri contatti se non con il ministero degli Esteri e le istituzioni locali''.

I ribelli del Mend hanno dichiarato a più riprese che gli ostaggi non saranno rilasciati dietro pagamento di un riscatto, ma con l'accoglimento di alcune loro rivendicazioni di carattere politico.
Jomo Gbomo, leader del gruppo, aveva già sottolineato in parecchi messaggi inviati al Corriere della Sera: ''Se l'Agip tenterà di usare altri mezzi per cercare di liberare gli ostaggi, metterà a rischio la loro incolumità. Non tentate di servirvi di gente che si spaccia per negoziatori, né di corrompere le nostre guardie, altrimenti saranno guai''. Jomo, probabilmente un nome di battaglia, aveva anche minacciato di far fuori gli ostaggi se qualcuno avesse tentato di liberarli con la forza. E aveva poi aggiunto in un messaggio successivo: ''I miei combattenti si sono sentiti insultati dall'atteggiamento dell'Agip che ha offerto soldi per la liberazione degli ostaggi, mentre non sono state prese in considerazione le nostra richieste: migliorare la situazione della gente che vive nel delta del Niger e tirar fuori di galera chi sta cercando di lottare per l'emancipazione della popolazione di qui. Ci trattano come banditi e criminali, mentre noi siamo un movimento politico''.

''Per dimostrare che non accettiamo i loro soldi insanguinati, potremmo giustiziare gli ostaggi e spedire i loro corpi all'Agip'', aveva concluso. All'obiezione che in fondo i quattro tecnici sequestrati sono solo dei lavoratori e non si possono loro attribuire le colpe per la società per cui lavorano, Jomo aveva risposto: ''Non so se questi signori sono innocenti. Loro sono testimoni del comportamento diabolico di chi cerca di mantenere la nostra popolazione calma e tranquilla. Gli stranieri stanno nei loro alloggiamenti e aiutano il governo nigeriano a rapinare le nostra ricchezze. Per questo abbiamo chiesto a chi lavora per le compagnie petrolifere di andarsene. Siamo stanchi di minacciare solamente come abbiamo fatto finora. Hanno bisogno che ammazziamo qualcuno per farci prendere in considerazione seriamente? Lentamente stiamo diventando dei mostri, contro la nostra volontà. Pensavamo che loro portassero lavoro per la nostra gente e prosperità per il nostro Paese. Invece la Nigeria è una delle nazioni più degradate del continente. Hanno portato miseria e morte. Qui c'è disoccupazione, mentre il lavoro viene dato alle persone che arrivano da altre parti del Paese''. Il riferimento è ai dirigenti mussulmani del nord che hanno governato la Nigeria per anni e raccomandato i loro concittadini alle compagnie petrolifere.

Sempre nell'email inviata al Corriere, il leader del Mend ha anche scritto: ''Quando abbiamo scoperto che il signor John Weri (il ''truffatore'' ingaggiato dall'Agip) aveva cercato di corrompere le guardie per far scappare gli ostaggi i miei uomini hanno minacciato di ucciderli subito e spedire i corpi all'Agip. Si sentono raggirati, giacché nessuno prende in considerazione le nostre richieste e cioè liberare quattro persone che sono giustamente rinchiuse in carcere''.
Quindi Jomo continua a ribadire l'intento politico del sequestro, intento che traspare anche nel messaggio che il Mend ha mandato all'agenzia Reuters: ''Stiamo prendendo esempio da gruppi come le Farc (guerriglia colombiana) che tengono gli ostaggi per anni; siamo pronti a tenerli per tutto il tempo che li riterremo utili e dopo... chi lo sa?''.
Jomo Gbomo ha inoltre smentito che esistano trattative in corso fra loro e l'Eni, né con il governo
nigeriano, né con la Farnesina
. ''Non abbiano mai parlato con nessun emissario. Ogni riferimento a qualsiasi trattativa è falsa. Lo dimostra il fatto che il Segretario dello Stato di Bayelsa, il signor Igali, è stato incaricato di seguire i negoziati per le liberazione degli ostaggi. Igali è partito per le vacanze invernali prima di Natale, prima in Gran Bretagna, ora in America e non è ancora tornato. Una chiara indicazione che non c'è nessun contatto in corso. E' un chiaro tentativo di tener tranquille le famiglie''.
 
Le minacce potrebbero, comunque, essere solo un modo per alzare la posta del gioco, anche se i guerriglieri separatisti continuano a chiedere pubblicamente la liberazione di quattro detenuti nelle carceri nigeriane (l'ex governatore di Bayelsa, Diepreye Alamieyeseigha, in carcere per corruzione, il leader separatista Mujahid Dokubo-Asari e altri prigionieri del Delta del Niger) e che una parte consistente dei proventi del petrolio venga reinvestita a favore della popolazione e a titolo di indennizzo contro l'inquinamento prodotto dalle raffinerie.

Intanto, messaggio dopo messaggio, cresce la preoccupazione sulla sorte dei quattro prigionieri. L'apprensione dei familiari diventa sempre più pressante, e hanno chiesto direttamente ai rapitori di fornire una prova che i loro cari sono vivi. Anna Carella, moglie di Cosma (Mimmo) Russo, ha richiesto con forza ''un segno inequivocabile sulla salute degli ostaggi e sull'evolversi degli eventi''. L'appello di Carella è stato diffuso ieri dall' avvocato della famiglia Russo, Pietro Ditaranto: ''Sono ore di grande ansia per la famiglia Russo - ha spiegato l'avvocato - per la ridda di notizie contrastanti sull'andamento delle trattative''.
A Gela (CL) i familiari di Francesco Arena continuano a rispettare la consegna del silenzio che si sono dati sin dalle prime ore del sequestro. Invitano i cronisti, che telefonano per informazioni, a rivolgersi alla Farnesina con cui si dicono ''a stretto contatto''. Nell'abitazione in via Europa è un viavai di parenti. Dopo le ultime notizie giunte dalla Nigeria, l'ansia e le preoccupazioni sono aumentate. In città la gente è solidale con i familiari di Arena. Si avverte una certa tensione.
''Sto scrivendo una lettera ai ribelli del Mend - ha detto il sindaco di Gela Rosario Crocetta - perché rilascino gli ostaggi''. ''Voglio far capire che i quattro uomini che tengono prigionieri - ha aggiunto - non sono i rappresentanti delle multinazionali del petrolio ma lavoratori emigrati, magari con visto di soggiorno e condizioni economiche migliori, ma pur sempre alla ricerca di un lavoro come quegli africani che ogni giorno sbarcano sulle coste siciliane''.

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04 gennaio 2007
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