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Preso il boss Gerlandino Messina

Tra i 30 latitanti più pericolosi è stato arrestato dai carabinieri a Favara (AG)

23 ottobre 2010

I carabinieri del reparto hanno arrestato a Favara (Ag) Gerlandino Messina, capo della mafia di Agrigento, nella lista dei 30 latitanti più pericolosi. Il boss è stato catturato dagli uomini del Gis (Gruppo di intervento speciale) dei carabinieri in una palazzina a due piani, in una zona di campagna a Favara. Gerlandino Messina aveva due pistole, con lui c'era un'altra persona. Il blitz dei carabinieri è stato fulmineo, il capomafia non ha avuto il tempo di reagire.
Con l'arresto del boss mafioso Gerlandino Messina si riducono a 16 i latitanti "di massima pericolosità" inseriti nel programma speciale di ricerca della direzione centrale della polizia criminale. L'elenco, che inizialmente conteneva 30 nomi, è stato via via 'spuntato' con i 14 arresti avvenuti dal 2008 ad oggi. Tra questi spiccano Giovanni Nicchi (mafia), Giovanni Strangio ('ndrangheta), Salvatore Russo (camorra). Tra i 16 rimasti da catturare, il più noto è il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro.

Gerlandino Messina, ritenuto il capomafia di Agrigento, era ricercato dal 1999 con un mandato di cattura internazionale. Deve scontare l'ergastolo per associazione di tipo mafioso e vari omicidi. Messina appartiene alla famiglia di Porto Empedocle (Ag), un nucleo di antica tradizione mafiosa, suo padre, Giuseppe, venne ammazzato nel 1986 durante la guerra di mafia contro gli stiddari. Il superlatitante è diventato il numero uno di Cosa nostra ad Agrigento dopo l'arresto del boss Giuseppe Falsone, arrestato a Marsiglia, in Francia, lo scorso giugno (LEGGI). Proprio a Favara la polizia, a fine novembre dell'anno scorso, aveva scoperto uno dei covi del superlatitante. In una palazzina, in via Juogoslavia nel centro della piccola cittadina, all'interno di un garage, i poliziotti avevano trovato una stanza nascosta, una specie di bunker attrezzato con tutti i confort; appesa al muro c'era una cartolina di Porto Empedocle e delle dediche. Per favoreggiamento aggravato era stato iscritto nel registro degli indagati un 25enne, A.R., proprietario del garage. In quel covo Messina, nel 2009, avrebbe anche festeggiato il suo 37/o compleanno.

Le reazioni
Maroni: "L'arresto di Messina è un colpo mortale per il clan di Agrigento" - "La cattura di Messina è un colpo mortale per la mafia agrigentina". Con queste parole, il ministro dell'Interno Roberto Maroni, si è congratulato con il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli, per l'arresto di Gerlandino Messina. "Con l'arresto di oggi - ha aggiunto Maroni - il cerchio attorno a Matteo Messina Denaro si fa sempre più stretto".
Le congratulazioni del presidente Schifani - "Appresa la notizia dell'arresto del boss Gerlandino Messina, capomafia di Agrigento compreso nella lista del Ministero dell'Interno dei 30 latitanti più pericolosi, il Presidente del Senato esprime le più sincere e sentite congratulazioni ai magistrati, alla DDA di Palermo, al Comandante Generale dell'Arma e ai carabinieri di Agrigento che hanno effettuato la cattura nella campagna di Favara". Lo rende noto un comunicato dell'ufficio Stampa del Senato. "L'operazione si inquadra nel grande sforzo che lo Stato sta facendo per sconfiggere la criminalità organizzata - si legge ancora nella nota - e rappresenta un successo fondamentale che ne riafferma la supremazia nei confronti delle mafie e del crimine".
La gratitudine di Lombardo - "La cattura del numero uno della mafia agrigentina, Gerlandino Messina, è l'ennesimo risultato positivo messo a segno per liberare la Sicilia dalla mafia. Siamo grati per l'impegno incessante, necessario e continuo, di tutti coloro che quotidianamente combattono la criminalità organizzata". Lo afferma il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, commentando la notizia dell'arresto da parte dei carabinieri del boss Gerlandino Messina. "A loro, agli organi inquirenti - aggiunge il governatore - e agli investigatori che hanno messo fine alla latitanza decennale del boss agrigentino, va il plauso del governo regionale".
La soddisfazione del sindaco di Agrigento - "Nel giro di pochi mesi carabinieri e polizia hanno azzerato Cosa nostra ad Agrigento". Lo dice il sindaco di Agrigento, Marco Zambuto (Udc). "In questo momento non c'é un successore di Messina - aggiunge il sindaco - Agrigento è una terra libera, da qui comincia il riscatto per questa terra".

Chi è Gerlandino Messina - Trentotto anni e una carriera criminale in ascesa. Gerlandino Messina, il boss arrestato nel pomeriggio a Favara (Agrigento) dai carabinieri e dagli uomini del Ros e del Gis (Gruppo intervento speciale) era ricercato dal 1999 per associazione di tipo mafioso e vari omicidi. Una condanna all'ergastolo e, dal 2001, un mandato di cattura in campo internazionale, che lo avevano spinto a rimanere nel suo territorio. Nello zoccolo duro di Cosa nostra, a Favara, dove già lo scorso anno era sfuggito all'arresto. Un blitz della Squadra mobile del 27 novembre, infatti, si era concluso con una fumata nera. Nell'appartamento in via Primo Maggio dove gli agenti avevano fatto irruzione il capomafia, succeduto a Giuseppe Falsone nella guida della famiglia agrigentina, non c'era. Al suo posto all'interno di un garage avevano trovato una specie di bunker e alcune cartoline. Lì il capomafia latitante aveva festeggiato anche il suo 37esimo compleanno. Gerlandino, detto 'Zì Nicola', è figlio di Giuseppe Messina, ucciso nel 1986 durante la guerra di mafia contro gli stiddari. Una sorte toccata anche allo zio. Era inserito nell'elenco dei trenta latitanti più pericolosi stilato dal ministero dell'Interno e le cronache giudiziarie lo descrivono come un killer professista, sempre armato. Ed infatti nel suo ultimo covo, la palazzina in via Stati Uniti dove gli uomini del Gis hanno posto fine alle sua latitanza oggi pomeriggio, i militari hanno trovato due pistole, di cui una con il colpo in canna. Per raggiungere il ruolo di vertice all'interno dell'organizzazione mafiosa Gerlandino Messina ha dovuto vincere la resistenza feroce dei clan rivali. In particolare del boss Luigi Putrone, capo della famiglia di Porto Empedocle, durante il cui 'regno' i Messina furono costretti ad andare via. Poi con gli arresti dell'inchiesta Akragas del 1998 e 1999, che decapitò i vertici provinciali di Cosa nostra, Putrone fu costretto a fuggire e Messina poté rientrare a Porto Empedocle da latitante.

[Informazioni tratte da Ansa, Adnkronos/Ing]

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23 ottobre 2010
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