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Prevenire i disastri conviene sempre

Se solo si fosse costruito, veramente, in maniera antisismica. Eppure la ricerca italiana...

08 aprile 2009

[essepì] - Negli ultimi venti anni sono stati spesi cento miliardi di euro, forse di più, per riparare i danni provocati dai terremoti in Italia. Ogni anno nel Bel Paese si verificano 8 mila scosse sismiche superiori a un grado della scala Ritcher. L'Abruzzo, dove si è verificato l'ultimo sisma, è una delle zone a rischio del Paese, insieme alla Calabria, la Sicilia Orientale, il Friuli e la Campania. Una dorsale "sismica", idealmente, corre lungo la Penisola. Nei prossimi trenta anni si prevede un terremoto di grave entità.

Il pianeta conta tredici placche. L'Italia è fra le più esposte al rischio sismico, ma non è la più esposta in assoluto. La California, l'America del Sud, la Turchia e il Maghreb lo sono di più. Questa la "fotografia" del pericolo tellurico.
Un Paese normale avrebbe dovuto mettersi a ragionare sui dati, fare i conti su ciò che è finora capitato, analizzare quanto è stato speso per sanare le ferite dei terremoti e dare uno sguardo al futuro. Non uno studio di prevedibilità (anche quello va bene, ma non risolve il problema), ma un piano di prevenzione che metta in sicurezza gli edifici, le città, le persone.
La convenienza di un simile piano è dettata da fatti incontrovertibili: spendendo prima, si spende molto meno e il numero dei morti - inevitabile - a causa di eventi tellurici diminuirebbe in modo drastico e definitivo.
In Giappone, dove questo piano è stato adottato, i grattacieli e le case ballano a causa dei terremoti, ma non vengono giù e si contano con le dita di una mano il numero delle vittime. I giapponesi non sono all'avanguardia delle tecnologie in materia tellurica, sono avanti per le scelte politiche che sono state fatte. Un terremoto del massimo grado della scala Mercalli in Giappone non provoca alcuna tragedia, in Italia cancella paesi e città e causa una carneficina.

Altro elemento di pura convenienza: un investimento di messa in sicurezza degli edifici e delle città, necessariamente pianificato, stimolerebbe un circolo virtuoso nell'economia del Paese e permetterebbe risparmi energetici consistenti e l'uso di energie alternative. Affrontare la crisi economica con questa scelta di fondo rimetterebbe in piedi il Paese e creerebbe condizioni favorevoli per un recupero di monumenti architettonici di straordionario valore artistico, in pericolo a causa di possibili eventi tellurici. La loro perdita costituirebbe un danno economico oltre che culturale perché richiamano una consistente fetta del turismo italiano e straniero.
Se la tragedia dell'Abruzzo servisse a stimolare una riflessione nei luoghi delle decisioni - governo e parlamento - trasformando il cosiddetto piano casa in una scelta strategica, si regalerrebbe alle povere vittime il dono inestimabile della memoria. [SiciliaInformazione.com]

La casa che resiste a terremoti di 7,2 Ritcher esiste ed è Made in Italy - Dopo le lacrime, la morte ed il dolore nell'Aquilano devastato dal terremoto si aprirà la pagina della ricostruzione. E scienziati e tecnologi parlano chiaro: serviranno strutture antisismiche. Così a mettere le proprie competenze a disposizione delle popolazioni colpite dal sisma dell'altro ieri scende in campo il Consiglio nazionale delle ricerche che ha progettato, e testato con successo un anno fa in Giappone, una casa antisismica in legno, capace di resistere all'onda d'urto di magnitudo 7,2 della scala Richter, pari al sisma di Kobe che uccise, nel 1995, oltre seimila persone. Il progetto si chiama Sofie, Sistema Costruttivo Fiemme, ed è un prototipo messo a punto dall'Istituto Ivalsa-Cnr, insieme alla Provincia di Trento.
A convalidare il progetto italiano, spiega il Cnr, "sono stati i laboratori dell'Istituto nazionale di ricerca sulla prevenzione disastri (Nied) di Miki, in Giappone, dove, alla fine del 2007, la casa di legno di sette piani e 24 metri di altezza realizzata dall'Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche (Ivalsa-Cnr) di San Michele all'Adige (Trento) ha resistito con successo al test antisismico considerato il più distruttivo per le opere civili: la simulazione del terremoto di Kobe di magnitudo 7,2 sulla scala Richter".

"Mai prima al mondo - afferma il Cnr - una struttura interamente di legno e di tali dimensioni aveva resistito a una simile forza d'urto. Il test è il risultato finale di studi e ricerche durate cinque anni che hanno individuato, nella combinazione di materiali e connessioni meccaniche del prodotto 'Sofie', la tecnica costruttiva ideale contro i terremoti". "Si tratta - spiega ancora il Cnr - di un sistema, detto anche X-Lam, Cross Laminated Timber, ideato una decina d'anni fa in Germania ma sviluppato e perfezionato in Italia, che si basa sull'utilizzo di pannelli lamellari di legno massiccio di spessore variabile dai 5 ai 30 centimetri incollati a strati incrociati". La ricerca condotta da Ivalsa-Cnr, grazie a un progetto di ricerca finanziato dalla Provincia autonoma di Trento, "ha dimostrato in modo definitivo - afferma il maggior Ente pubblico di ricerca italiano - l'assoluta affidabilità e sicurezza, oltre al valore aggiunto in termini di comfort abitativo, risparmio energetico e rispetto per l'ambiente, del legno come materiale per l'edilizia". "Il legno - prosegue il Cnr - è infatti una valida alternativa ai metodi costruttivi tradizionali, in acciaio o muratura, e soprattutto un'alternativa economica, visto che, a parità di costi, le prestazioni e i rendimenti sono migliori". "Il test effettuato al Nied di Miki sulla casa a sette piani - conclude il Cnr - segue un'analoga prova condotta dall'Ivalsa-Cnr nel luglio 2006, sempre in Giappone, su una casa di tre piani, e una simulazione di incendio nella quale l'abitazione è riuscita a conservare intatte le sue proprietà meccaniche e inalterata la propria struttura portante dopo oltre un'ora di fuoco".
Attualmente, il primo esempio di rigorosa applicazione della tecnologia Sofie a un edificio pubblico è in fase di realizzazione a Trento, con un collegio universitario di 5 piani che ospiterà, in piena sicurezza, circa 130 studenti.

Sulla tragedia in Abruzzo è intervenuto Fabio Oblach, architetto triestino di 55 anni con studio a Spilimbergo, in provincia di Pordenone, che fu impegnato per una decina d'anni nella ricostruzione del Friuli dopo il sisma del 1976. Secondo Oblach, i sindaci delegati ad erogare i finanziamenti, la popolazione coinvolta nella ricostruzione e la conservazione della memoria storica sono stati i tre elementi che hanno fatto del dopo terremoto del Friuli un modello per tutta Italia. "Il successo della ricostruzione in Friuli - spiega Oblach - è stato determinato dallo stabilire che gli amministratori locali, i sindaci, fossero i funzionari delegati per l'erogazione dei contributi. Sono stati così evitati con passaggi nei finanziamenti che in altre esperienze hanno visto i soldi disperdersi in mille rivoli. E' stato questo - aggiunge il professionista - uno degli elementi fondamentali del successo dell'operazione, perché si è applicato una sorta di federalismo, con il cittadino in grado di controllare quanto accadeva nel suo territorio". "Poi - ripercorre l'architetto - c'è stato una specie di governo di unità nazionale a livello regionale, per cui tutte le forze politiche lavorarono insieme con l'obiettivo di dare una casa presto ai terremotati e nel contempo per assicurare l'occupazione, e quindi ricostruire le attività produttive del territorio".
Di rilevante importante fu infine, assicura Oblach la "conservazione della memoria". "Se le case furono costruite in un determinato posto c'è una ragione e quella storia va preservata, conservata", sostiene Oblach, che non concorda su un'eventuale spostamento dei terremotati dell'Abruzzo nelle cosiddette new town. Infine, l'architetto che partecipò anche alla ricostruzione di Camerino dopo il terremoto delle Marche del 1997 ricorda "la grande solidarietà nazionale che nel dopo Friuli non fece mancare le risorse". [Adnkronos/Ing]

L'Isola del cemento abusivo - Record del cemento edificato abusivamente in Sicilia. Lo rivela un'indagine dell'Agenzia del Territorio. Quasi un decimo degli edifici irregolari italiani è stato scovato nell'Isola. Mettendo a confronto mappe catastali e foto aeree, l'Agenzia ha trovato fabbricati non dichiarati in 141.913 particelle. Lo rivela un'inchiesta pubblicata su Asud'Europa, il settimanale del Centro Pio la Torre.
In cima alla classifica le province di Palermo, Catania, Agrigento, Caltanissetta e Siracusa. In particolare a Palermo sono state riscontrate 51.821 particelle irregolari, a Catania 50.130. Ma nel resto d'Italia non va meglio: l'Agenzia del territorio è riuscita a scovare in giro per il paese più di un milione e mezzo di particelle catastali su cui sorgono fabbricati non dichiarati. Come a dire, cinque costruzioni abusive ogni chilometro quadrato, venticinque ogni mille abitanti.

- "La morale del cemento" di Francesco Merlo

 

 

 

 

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08 aprile 2009
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