Prima approvazione per il ddl sulle intercettazioni
Il via libera in commissione Giustizia del Senato dopo una lunga battaglia finita alle tre di notte
Alle 3 di notte è arrivato l'ok della Commissione giustizia del Senato al ddl intercettazioni. Dopo una maratona di 6 ore il testo che impedisce ai cronisti di pubblicare atti di indagine e rende 'molto più complessa' la procedura per autorizzare le intercettazioni, passa tra le proteste dell'opposizione nonostante una sensibile marcia indietro del ministro della Giustizia Angelino Alfano che ha annunciato la possibilità di tornare al testo licenziato da Montecitorio. Il Guardasigilli ha preso anche le distanze da ciò che è stato approvato fino a quel momento in commissione giustizia. "Il governo ha presentato solo un emendamento per trasformare 'evidenti indizi di colpevolezza' in 'gravi indizi di reato' - ha detto - Il resto è stata un'iniziativa di singoli parlamentari".
La presa di distanza piace poco agli esponenti della maggioranza che si sono esposti in prima persona per inasprire il testo. Il relatore, Roberto Centaro non esce dall'aula della commissione e non parla con i giornalisti.
Ostruzionismo dell'opposizione. Il senatore del Pd, Stefano Ceccanti, ha raccontato la seduta su Facebook. Approvati solo 2 emendamenti dell'opposizione: di Li Gotti (Idv) e Casson (Pd), ossia quello sul reato di stalking, che prevede che anche un reato grave come quello delle minacce continuate possa rientrare tra quelli intercettabili, e quello che prevede che il magistrato che non ottempererà per tempo all'obbligo di stabilire immediatamente quali siano gli atti estranei alle indagini e riguardanti "fatti personali di terzi estranei" sarà passibile di azione disciplinare.
Il ministro Alfano incontrando i cronisti ha detto: "Il testo della Camera ha rappresentato un compromesso alto tra tre principi costituzionali, privacy, diritto di cronaca e alle indagini. Nel passaggio tra commissione e aula valuteremo se è opportuno tornare a quel testo su alcune questioni".
La linea 'morbida' è uscita dalla riunione che si è svolta ieri a palazzo Madama tra i capigruppo del Pdl al Senato e alla Camera, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto. Gasparri ha detto: "In aula il testo resta aperto". E ha aggiunto: "Vogliamo evitare gli abusi delle intercettazioni, garantire le investigazioni che ne hanno bisogno, evitare pubblicazioni di materiali su persone che non verranno mai processate, ma garantire il diritto di cronaca". Per assicurare quest’ultimo punto, ma soprattutto non andare allo scontro con il presidente della Camera Gianfranco Fini, devono rientrare le due righe proposte un anno fa da Giulia Bongiorno, la presidente della commissione Giustizia della Camera, che aveva imposto: "Di tali atti (quelli giudiziari ormai noti alle parti, ndr.) è sempre consentita la pubblicazione per riassunto".
Nessuna blindatura, dunque, al ddl. Un'apertura al confronto era stata annunciata poco prima da Paolo Bonaiuti: "Io sono abituato a volare con le ali delle colombe più che con quelle dei falchi, quindi dico che le intese si possono trovare" ha affermato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio aggiungendo che il problema è quello "di non leggere più pagine e pagine di conversazioni personali che non distinguono tra ruoli e che soprattutto non riguardano profili di responsabilità penale".
Dalla maggioranza, i finiani e larga parte degli ex-An, avevano chiesto di tornare al testo varato dalla Camera. "E' opportuno sgombrare presto il campo da alcune previsioni che minano alla radice la tenuta del provvedimento, come il divieto di pubblicazione per riassunto degli atti e le megamulte agli editori" aveva sottolineato Italo Bocchino.
Già ieri, nonostante l'apertura al dialogo della maggioranza, l'opposizione aveva confermato il giudizio totalmente negativo al ddl. Anna Finocchiaro e Luigi Zanda (PD) hanno chiesto in commissione al Senato il ritiro del testo. Rispetto alle ipotesi di modifiche, "ribadiamo che la tutela della privacy e la garanzia del segreto istruttorio sono due principi sacrosanti. Ma l'insieme delle norme contenute nel provvedimento che stiamo discutendo in Senato costituiscono una mistificazione pericolosa che colpisce le indagini e danneggia gravemente i principi democratici del nostro Paese".
Anche per il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, il ddl va ritirato. L'Italia dei Valori inoltre ha annunciato che "il giorno dopo l'approvazione del disegno di legge, si attiverà per la raccolta firme contro questa legge vergogna".
Sulla vicenda è intervenuto anche Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, che pur apprezzando le aperture fatte dal ministro Alfano ha avvertito che "bisogna vedere quale sarà il seguito". Mancino ha ribadito il parere "fortemente critico" sul ddl sulle intercettazioni e ha auspicato una "convergenza tra gli opposti". "C'e' bisogno di rivedere una parte delle disposizioni, mi auguro che queste disposizioni siano rivedute e condivise".
Un appello a trovare il "giusto equilibrio" è arrivato anche da Luca Cordero di Montezemolo che dopo aver manifestato la propria vicinanza agli editori, fortemente penalizzati dal ddl, ha giudicato "molto bene" l'apertura di Alfano. "Apprezzo lo sforzo del ministro per avere una soluzione il più possibile condivisa" ha spiegato Montezemolo. "Il dialogo e la ricerca di unità di intenti sono sempre fondamentali per questo Paese". Secondo Montezemolo negli ultimi anni "siamo stati intossicati da intercettazioni che spesso poco o niente avevano a che fare con le realta' processuali, con un uso alcune volte distorto da parte della magistatura. Detto questo - ha concluso - dobbiamo anche dire che sono fondamentali per le indagini e per scoprire i reati".
Intanto, fuori dal mondo politico, continuano le proteste contro il ddl. Giornalisti e direttori - che ieri si sono incontrati in una riunione promossa dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana - "denunciano il pericolo del disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche per la libera e completa informazione. Questo disegno di legge - si legge nel documento diffuso al termine della riunione - penalizza e vanifica il diritto di cronaca, impedendo a giornali e notiziari (new media compresi) di dare notizie delle inchieste giudiziarie, comprese quelle che riguardano la grande criminalità, fino all'udienza preliminare, cioè per un periodo che, in Italia, va dai 3 ai 6 anni e, per alcuni casi, fino a 10". "Le norme proposte - prosegue il testo diffuso dalla Fnsi - violano il diritto fondamentale dei cittadini a conoscere e sapere, cioè ad essere informati. E' un diritto vitale irrinunciabile, da cui dipende il corretto funzionamento del circuito democratico e a cui corrisponde, molto semplicemente, il dovere dei giornali di informare".
Dure critiche anche dalla magistratura. Per il segretario dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Cascini, con l'approvazione del ddl intercettazioni, "ci sarà meno informazione e meno sicurezza per i cittadini". Per Cascini il provvedimento "non è una legge che tutela la privacy, come si continua a dire, ma un provvedimento che presenta limiti di incostituzionalità". "E' qualcosa che ha dell'incredibile, oltre alla violazione dell'Art.21 che sancisce la libertà d'informazione e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo". Il segretario dell'Anm si dice "stupito, che ancora ci si ostini a proporre questa norma". Riguardo invece il versante della capacità investigativa di forze dell'ordine e magistrati, prosegue Cascini, "è di tutta evidenza che il complesso di norme da approvare o in discussione rende impossibile l'uso delle intercettazioni ambientali per gravi reati, dagli omicidi ai sequestri di persona, dalle violenze sessuali ai reati di immigrazione clandestina, fino al riciclaggio e la corruzione. Sarà difficile, se non impossibile farle".
[Informazioni tratte da Ansa, Adnkronos/Ing, Repubblica.it]