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Prima mercenari, dopo eroi, poi ancora mercenari. L'ipocrisia della politica italiana sui contractors in Iraq

08 ottobre 2007

Vi ricordate dei quattro bodyguard italiani, Salvatore Stefio, Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Fabrizio Quattrocchi, catturati in Iraq nell'aprile del 2004 e che vennero rilasciati a giugno dopo che Quattrocchi venne giustiziato pochi giorni dopo il sequestro?
Subito dopo il rapimento si disse di loro che erano mercenari, ma quando il 15 aprile Fabrizio Quattrocchi fu cruentemente ammazzato divennero degli eroi. La sua terribile fine fu onorata con una medaglia al valore. Dopo tre anni sono ritornati ad essere dei mercenari, e stavolta per decisione della procura di Bari, che nelle scorse settimane ha rinviato a giudizio Salvatore Stefio e il cosiddetto datore di lavoro dei quattro, e socio indiretto di Stefio, Giampiero Spinelli.
La società dei due, la ''Presidium'', che arruolò il gruppetto e lo spedì in Iraq, secondo i magistrati, aveva come scopo quello di svolgere attività di intelligence e di supporto all'antiterrorismo al servizio di uno Stato straniero. Secondo il procuratore aggiunto di Bari Giovanni Colangelo, in pratica, Stefio e Spinelli avrebbero militato ''senza autorizzazione'' da parte del governo italiano al servizio delle forze armate anglo-americane, in operazioni di tipo ''offensivo'' che li autorizzava all'uso delle armi.

Naturalmente dovrà essere il processo a decidere se il loro ruolo in Iraq è punibile penalmente. La loro difesa sostiene che dovevano occuparsi della protezione di personaggi coinvolti in operazioni ufficiali, quindi che il loro impegno era esclusivamente difensivo. A riprova della liceità di questo tipo di condotta, la difesa ha citato la recente decisione del governo italiano di assumere, per oltre tre milioni di euro, i mercenari della Aegis Defence Services, la società britannica con sedi in mezzo mondo, compreso Afghanistan e Washington, che risulta la seconda in Iraq come fatturato (oltre un miliardo di sterline), giro di affari e numero di contractors (quasi 30 mila) impegnati. Per far cosa? Per proteggere gli imprenditori italiani impegnati nella ricostruzione in Iraq dopo il disimpegno militare. Con quali ruoli dichiarati? Esattamente quelli che, nelle brochures della ''Presidium'', garantivano Stefio e Spinelli: ''Società leader nell'addestramento operativo in Paesi ad alto rischio'', che offre ''corsi di formazione per persone che vogliano intraprendere attività a dir poco peculiari quali la negoziazione per la risoluzione di rapimenti, controspionaggio, piani di evacuazione, ricognizioni, sminamento e bonifica nel territorio, combattimento nella jungla, in ambiente urbano, nel deserto, commandos, controterrorismo, controguerriglia e, addirittura, controsorveglianza (cioè tecniche per eludere la sorveglianza di altri bodyguard, il che vuol dire per scopi solitamente poco edificanti quali il rapimento e l'omicidio della persona protetta)''.

I legali dei due imputati hano promesso di portare in aula testimoni eccellenti come ''il premier Prodi e il ministro degli Esteri Massimo D'Alema''. L'avvocato Francesco Maria Colonna, difensore di Spinelli, prende a difesa del suo assistito proprio il nuovo accordo che il governo avrebbe intenzione di raggiungere con la Aegis Defence Services: ''Lo Stato dunque - secondo Colonna - sottoscrive un accordo per una prestazione che considera essere un reato?''.

Sembra essere una storia carica di quell'ipocrisia tutta italiana sulla base della quale la forma è sostanza (non è vietato assumere gorilla, è vietato che lo faccia una società sul territorio italiano, anche se con sede in Nevada e alle Seychelles), e la sostanza (gli uomini della britannica Aegis risultano armati ed offrono gli stessi servizi che offrivano Stefio, Cupertino, Agliana e Quattrocchi) non incide sulla forma. La vicenda dei quattro bodyguard italiani ha portato allo scoperto un sistema solo ufficialmente clandestino, ma il realtà con grosse coperture e protezioni, nazionali e internazionali. Che non sono finite dopo la liberazione e il ritorno in patria di tre dei quattro rapiti. A Genova, per esempio, dove la Procura ha aperto un'inchiesta sugli arruolamenti clandestini, sono venuti alla luce incroci con la Dssa, Dipartimento studi strategici antiterrorismo di Gaetano Saya, una struttura civile ci cui facevano parte poliziotti, già venuta alla luce con i fatti del G8 di Genova. Sia Saya che Stefio, li troviamo candidati nelle elezioni del 2006: il primo con un proprio partito, il secondo nelle liste di An. Già nell'ottobre del 2004 Stefio aveva ricevuto con grande pompa a Palermo l'affiliazione all'Ordine dei Templari, oggi onlus riconosciuta a livello Onu. Tutto alla luce del sole, tutto legittimo. Naturalmente, nel solito quadro delle ipocrisie nazionali. Cioè fino a che qualcosa di marcio non sale a galla.

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08 ottobre 2007
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