Prima missione dei caccia italiani in Libia
Partiti da Trapani Birgi due Tornado armati di bombe. Intanto a Roma continua la bufera tra Lega e Pdl sulla scelta del governo
Sono partiti i primi aerei italiani per la Libia. La prima missione dei caccia Tornado italiani armati di bombe, infatti, è stata effettuata. Al momento non ci sono conferme ufficiali che gli aerei abbiano bombardato. I caccia si sono levati in volo da Trapani e hanno portato a termine la missione assegnata, dicono fonti del ministero della Difesa aggiungendo che le comunicazioni sono state assunte dalla Nato. "Ieri sono stati forniti gli assetti aerei alla Nato e sarà eventualmente sempre la Nato a dare informazioni sulle missioni", ha confermato uscendo da Montecitorio, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, senza aggiungere particolari.
I due Tornado avrebbero operato nell'area di Misurata. "L'ordine di ingaggio" assegnato dal comando della missione internazionale prevedeva infatti per i nostri caccia una missione operativa nella zona della città-simbolo degli insorti, da settimane sotto assedio delle forze di Tripoli.
Alla missione, secondo quanto si è appreso, ha partecipato una coppia di Tornado attualmente rischierata nella base di Trapani Birgi. Si tratta di due velivoli in configurazione Ids (Interdiction and Strike) specializzati nell'acquisizione di target specifici a terra, armamento di precisione per colpire "bersagli selezionati".
"La nostra attività non si è mai fermata, a partire dal 19 marzo", hanno dichiarato dalla base militare di Trapani Birgi, dove sono schierati quattro Tornado e quattro Eurofighter per la missione libica. Da ieri sera la base militare è off limits ai giornalisti e ai teleoperatori, a differenza del 19 marzo quando l'Italia decise di partecipare alla missione in Libia ma senza bombardamenti.
Ieri il il ministro degli Esteri, Franco Frattini, parlando davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato della decisione di autorizzare azioni mirate degli aerei italiani, ha affermato: "O colpiamo con azioni mirate o lasciamo uccidere migliaia di civili". Il titolare della Farnesina ha detto di "condividere fortemente" la valutazione espressa dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sui nuovi sviluppi dell'azione italiana in Libia. Frattini ha poi descritto il leader libico Muammar Gheddafi come "un uomo solo contro tutti e desideroso di vendetta", che continua ad usare "in modo spietato" quanto resta del suo arsenale. La decisione italiana, ha spiegato il ministro, si situa nell'ambito della risoluzione 1973 dell'Onu che autorizza l'adozione "di tutte le misure necessarie". Dunque non è "un cambiamento di strategia", ma una "sua evoluzione". "Si era, si è e si sarà all'interno della risoluzione Onu 1973 - ha messo in chiaro - no ad azioni di terra, no a obiettivi civili, certamente sì a tutto quello che occorre alla protezione della popolazione civile libica".
Il ministro ha poi sottolineato anche il peso che ha avuto sulla decisione italiana la visita a Roma di Mustafa Abdel Jalil, capo del Consiglio nazionale transitorio libico. Non solo Jalil ha esposto "con sincerità e commozione" un "quadro drammatico" della situazione sul campo, ma le sue dichiarazioni "sull'amicizia fra i nostri due popoli", ha detto Frattini, hanno anche "sgombrato il campo da ogni possibile dubbio" sulla possibilità che interventi aerei mirati possano essere interpretati come un atto "neocoloniale".
L'Italia in Libia non ha deciso alcuna "svolta" nel suo impegno militare, ha sottolineato anche il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ma solo "un adeguamento del suo contributo agli sforzi della comunità internazionale attraverso l'aumento dell'efficacia del suo intervento all'interno della stessa strategia". E' "assolutamente necessario mantenere una forte pressione su Gheddafi anche attraverso una credibile azione militare" ha aggiunto La Russa nelle sue comunicazioni davanti alle commissioni riunite.
La Russa ha poi spiegato che, dopo le comunicazioni al Parlamento, 8 aerei italiani dei 12 velivoli complessivi sarebbero stati a disposizione della Nato per colpire obiettivi militari in Libia. Il titolare della Difesa ha poi osservato: "Continuare a parlare di bombardamenti a me sembra fuorviante e scorretto, e tanto più lo è il desumere, dall'improprio utilizzo di quel termine approssimativo, un sostanziale cambio di strategia delle nostre forze". La Russa ha precisato che si tratta di "un aumento di efficacia delle nostre modalità operative all'interno della stessa strategia cui la nostra azione si ispira sin dal momento dell'adesione alla risoluzione 1973" dell'Onu. "L'impiego delle nostre forze aeree avverrà nel pieno rispetto della risoluzione 1973 - ha ribadito - e l'ingaggio degli obiettivi avverrà con sistemi d'arma di alta precisione, al fine di evitare danni collaterali".
A Roma, intanto, continua la bufera per la scelta di bombardare. Martedì 3 maggio saranno esaminate in aula alla Camera, le mozioni presentate dalle opposizioni sulla Libia. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. La difficile gestione della missione militare in Libia e le tensioni che sta creando all'interno della maggioranza tra Lega e Pdl saranno al centro molto probabilmente di un colloquio oggi pomeriggio al Quirinale tra Silvio Berlusconi e il capo dello Stato Giorgio Napolitano.
Ieri il ministro dell'Interno Roberto Maroni, in merito alla vicenda libica, ha detto: "E' inevitabile un passaggio parlamentare su una vicenda di questo rilievo", aggiungendo che il Carroccio è rimasto "sorpreso" da quella che definisce "l'escalation" del presidente del Consiglio. Maroni ha inoltre sottolineato di aver parlato con Umberto Bossi e che "la linea della Lega non cambia". Inoltre, la decisione di rendere possibile l'impiego di missili da parte di aerei italiani in Libia è "sbagliata" e rischia di avere come risultato quello di aumentare le ondate migratorie provocate da Gheddafi, ha aggiunto il ressponsabile del Viminale, che ha ricordato come nell'ultimo Consiglio dei ministri il premier avesse tenuto proprio tale posizione. Quindi, "noi non cambiamo idea da un giorno all'altro" ha sottolineato Maroni: "I bombardamenti per definizione non sono intelligenti, perché una bomba non può essere intelligente".
Secondo fonti parlamentari della maggioranza, a chi ha avuto modo di sentirlo nelle ultime ore il Cavaliere avrebbe spiegato che quando si governa non sempre vengono prese decisioni che piacciono a tutti, si fanno anche scelte impopolari: dunque non si torna indietro, la linea sulla crisi in Libia non cambia.
"Non sono affatto preoccupato per i lavori della coalizione e della governo", ha inoltre aggiunto il premier dichiarandosi assolutamente tranquillo. In realtà le indiscrezioni indicano un premier irritato non solo con la Lega, ma anche con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, sospettato di essere il "mandante" delle prese di posizione del Carroccio. Ipotesi, rilanciata con evidenza dal giornale di famiglia Il Giornale, che il capogruppo leghista alla Camera ha smentito questa mattina nettamente. "Nessuna divisione - ha esordito Marco Reguzzoni a Canale 5 - la contrarietà alla guerra è condivisa da tutti. Ed è - ha aggiunto - una posizione non di oggi. La Lega è nata 30 anni fa e la posizione sulla politica estera è stata sempre la stessa. Nulla di vero nel fatto che l'ispiratore della linea leghista possa essere stato Tremonti".
Sulle rassicurazioni di Reguzzoni fanno però, almeno in parte, ombra i titoli della Padania oggi in edicola. Il quotidiano leghista ribadisce infatti che "Sulla Libia il Carroccio non arretra" perché 'bombe uguale più clandestini".
[Informazioi tratte da Repubblica.it, Adnkronos/Ing]