Processo trattativa Stato-mafia: seconda udienza
Assenti in aula l'ex ministro Nicola Mancino e Massimo Ciancimino
Nell'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo si è svolta oggi la seconda udienza del processo per la trattativa Stato-mafia, davanti alla Corte d'Assise presieduta da Alfredo Montalto. L'ex presidente del Senato Nicola Mancino, imputato per falsa testimonianza, oggi non era in aula. Lo hanno fatto sapere i suoi legali arrivando al bunker del carcere Pagliarelli. Nella scorsa udienza Mancino, uscendo dal bunker, venne contestato duramente dal popolo delle Agende rosse che gli gridarono "Vergogna" e "Fuori la mafia dallo Stato".
Per Mancino oggi sono spuntate fuori nuove grane giudiziarie. La Procura di Palermo, infatti, gli ha contestato formalmente un'altra aggravante, quella di "avere commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prezzo ovvero l'impunità di un altro reato", previsto dall'articolo 61, numero 2 del Codice penale. Gli "altri" a cui fa riferimento la Dda di Palermo sono gli ufficiali dei carabinieri e i boss che nella primavera delle stragi del '92 avrebbero avviato la trattativa. L'ha spiegato il procuratore aggiunto Vittorio Teresi, che già nella scorsa udienza aveva annunciato l'aggravante, senza specificare quale fosse. Solo stamane, infatti, il presidente della Corte d'Assise di Palermo, Alfredo Montalto, lo ha autorizzato a procedere. La difesa di Mancino si era opposta alla contestazione, ma la Corte l'ha consentita.
"La Procura oggi non ha contestato un'aggravante per Nicola Mancino ma ha precisato solo il capo d'imputazione", sostiene l'avvocato Umberto Del Basso De Caro, uno dei legali dell'ex presidente del Senato. "Il pm ha specificato il capo d'imputazione - ha spiegato Del Basso prima di lasciare l'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo - mentre nella prima formulazione il capo di imputazione recitava di volere assicurare ad altri l'impunità oggi dice anche al fine di occultare un reato. Insomma un'addizione al capo di imputazione. Ma il capo di imputazione resta immutato".
Oggi era assente anche Massimo Ciancimino, arrestato mercoledì per un'evasione fiscale da 30 milioni di euro contestatagli dalla Procura di Bologna (LEGGI). Nel processo sulla trattativa Stato-mafia Ciancimino è imputato ma anche testimone chiave dell'accusa. Lo hanno reso noto nell'aula bunker di Pagliarelli a Palermo i suoi avvocati, Francesca Russo e Roberto D'Agostino. Ciancimino, che è detenuto nello stesso carcere di Pagliarelli, avrebbe potuto presenziare essendo stato già sottoposto dai magistrati bolognesi, ieri, all'interrogatorio di garanzia. Ma ha rinunciato a essere in aula.
"L'accusa che ha portato all'arresto di Ciancimino mi sembra davvero a orologeria", ha ribadito Salvatore Borsellino, che nell'aula bunker di Pagliarelli per la seconda udienza del processo Stato-mafia, è tornato a difendere Massimo Ciancimino. Il fratello del giudice ucciso nella strage di via D'Amelio e animatore del movimento Agende rosse, afferma: "Senza Ciancimino questo processo non sarebbe mai cominciato e tanti personaggi delle istituzioni non avrebbero ritrovato la memoria. Oggi di trattativa si parla come di una cosa reale e pezzi dello Stato vengono processati".
Oggi, inoltre, la Corte ha deciso sulle istanze di costituzione di parte civile presentate, sostanzialmente decimandole, applicando con estremo rigore le norme per la costituzione della parti offese. Dopo un'ora e mezzo circa in camera di consiglio, i giudici hanno respinto l'istanza di Salvatore Borsellino, sia in quanto fratello del giudice ucciso dalla mafia che come legale rappresentante del movimento delle Agende rosse. Negata la costituzione di parte civile anche per Rifondazione comunista, dell'associazione AddioPizzo, del sindacato Coisp, del Comune di Firenze, della Provincia di Firenze, della Regione Toscana e dei familiari dell'eurodeputato Salvo Lima. Sì, invece, all'associazione Libera e all'associazione familiari vittime di via dei Georgofili. Stamane anche il pm Francesco Del Bene si era opposto a molte delle nuove istanze di costituzione di parte civile presentate. Il pm ha invece espresso parere favorevole a estendere la costituzione di parte civile del Comune di Palermo anche contro l'ex ministro Nicola Mancino, nei cui confronti era stata esclusa in sede di udienza preliminare. "La falsa testimonianza di Mancino ha arrecato un grave danno all'immagine del Comune", secondo Del Bene.
In videoconferenza erano collegati i quattro mafiosi imputati, Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà e Giovanni Brusca. Gli altri imputati sono l'ex senatore Marcello Dell'Utri, gli ex ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, il pentito Giovanni Brusca. Tranne Ciancimino, che è accusato di concorso in associazione mafiosa e calunnia all'ex capo della polizia Gianni De Gennaro, e Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza, per gli altri le accuse sono di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato.
Riina, collegato dal carcere di Opera a Milano, ha avvertito un malore durante l'udienza. Il boss è stato subito portato via, ma si è mosso con i propri piedi, mentre il presidente Montalto si ritirava con la Corte in Camera di consiglio per decidere sull'ammissione delle parti civili. Successivamente i suoi legali hanno comunicato la sua rinuncia a partecipare all'udienza in corso.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Corriere del Mezzogiorno]
- Lo Stato che processa lo Stato (Guidasicilia.it, 27/05/13)