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Profanata la tomba di quello che fu l'uomo di fiducia di Provenzano. Un segnale per la ''Primula rossa di Corleone''

Distrutta e bruciata la tomba di Ciccio Pastoia, uomo di fiducia di Provenzano, morto suicida in carcere

12 marzo 2005

E' stata profanata la tomba di Francesco Pastoia, l'uomo di fiducia di Bernardo Provenzano, che si è suicidato in carcere pochi giorni dopo essere stato arrestato nel blitz ''Garnde mandamento'' avvenuto il 25 gennaio scorso.
Il corpo era seppellito nel cimitero di Belmonte Mezzagno, uno dei centri agricoli nella provincia di Palermo, in cui per molto tempo si è nascosto il boss latitante. Ieri mattina i carabinieri hanno trovato la pietra tombale spostata, e il feretro parzialmente bruciato. Secondo gli investigatori dell'Arma la bara è stata cosparsa di liquido infiammabile e poi è stata data alle fiamme.

Francesco Pastoia, da tutti chiamato Ciccio, aveva 62 anni e il pentito Mario Cusimano lo ha indicato come l'uomo che curava la latitanza di Provenzano. Si era suicidato nel carcere di Castelfranco Emilia. Contro Pastoia, che era il perno della latitanza dello ''Zio'' c'erano prove schiaccianti della sua colpevolezza. Il boss, che per molti anni aveva organizzato e gestito la latitanza di Provenzano, aveva rivelato, involontariamente, di aver violato diverse regole di Cosa nostra, e di aver tentato di ''prendere in giro'' Provenzano su alcuni delitti.
Non solo, da un dialogo con un suo amico intercettato dagli investigatori, aveva confessato di aver commesso omicidi senza l'autorizzazione dei capimafia delle zone in cui sono stati effettuati. Secondo gli investigatori questi comportamenti, svelati dalle sue stesse parole e registrate dalle microspie, hanno rovinato la figura di Pastoia agli occhi di Provenzano.
Le conversazioni di Pastoia registrate dalle microspie avevano rivelato anche lo scontro fra lui e il boss Benedetto Spera, arrestato dopo una lunga latitanza trascorsa, in parte, assieme a Bernardo Provenzano.

Le fiamme appiccate alla bara di Francesco Pastoia per gli investigatori ''sono chiaramente un segnale preoccupante'', probabilmente un segnale di sfida che qualcuno ha voluto lanciare alla cosca mafiosa che sta garantendo la latitanza del vecchio padrino corleonese.
Gli inquirenti non sottovalutano l'episodio, sostenendo che potrebbe rappresentare una spia del mutamento degli equilibri all'interno di Cosa nostra.
L'inchiesta, in questa prima fase, è coordinata dai magistrati della procura di Termini Imerese, competente per territorio. 

Provenzano, inoltre, secondo quanto ha rivelato il pentito Mario Cusimano, prima di essere ''sostenuto'' dalla famiglia di Villabate era ''un boss solo''. Adesso è possibile che, dopo la retata, la posizione del capo di Cosa Nostra risulti ulteriormente indebolita. E qualcuno, con il raid vandalico della notte scorsa, potrebbe aver lanciato un segnale anche contro il vecchio Padrino. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, gli autori del gesto hanno prima distrutto la lapide su cui era inciso a grandi lettere dorate il nome di Francesco Pastoia, con accanto la sua foto, poi hanno cosparso di benzina la bara, appiccando il fuoco.

Fonte: La Sicilia

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12 marzo 2005
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