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Promessa mantenuta

Il Mend ha rilasciato i sei prigionieri rapiti il primo maggio scorso. Annunciato anche un mese di tregua

04 giugno 2007

Se non fosse incorso nessun problema logistico, sarebbero stati sicuramente rilasciati il 30 maggio, così come i ribelli del Mend avevano riferito subito dopo il sequestro avvenuto il primo maggio scorso. Quell'attacco alla Chevron non era stato altro che un duro atto dimostrativo - anche questo avevano subito specificato - per far comprendere al nuovo presidente nigeriano, Umaru Yar'Adua, la ''serietà'' e la determinazione dell'azione del Movimento per l'emancipazione del Delta del Niger. Chiare anche le condizioni per il rilascio dei sei lavoratori stranieri, quattro italiani, un croato e un americano: nessun intervento di forza né mediazioni con denaro. ''Non è denaro quello che chiediamo, e non ne abbiamo mai chiesto'', avevano sottolineato i ribelli del movimento.

Risolti i problemi logistici, domenica mattina i sei prigionieri hanno ritrovato la libertà.
Nel primo pomeriggio di ieri, Alfonso Franza 46 anni, Raffaele Pascariello 45 anni (entrambi di Piano di Sorrento), Mario Celentano 40 anni (di Meta di Sorrento), Ignazio Gugliotta 37 anni (di Ragusa), il croato Juricha Ruic e lo statunitense John Stapleton sono atterrati all'aeroporto romano di Ciampino, proveniente da Lagos. Ad attendere il volo, organizzato dalla società Chevron, erano presenti rappresentanti dell'Unità di crisi del ministero degli Affari esteri e della società petrolifera, insieme con l'ambasciatore della Repubblica di Croazia in Italia e il vice console generale degli Stati Uniti d'America a Roma.
Grande la gioia dei familiari che hanno ricevuto la notizia ufficiale con una telefonata della Chevron. Giuseppina Franza, la moglie di Alfonso Franza, uno dei quattro tecnici italiani rapiti in Nigeria, si è sciolta in un pianto dirotto: finalmente l'incubo è finito. In pochi minuti la notizia ha fatto il giro di tutti i familiari. E' stata lei stessa a contattare le mogli di Raffaele Pascariello e Mario Celentano, gli altri due italiani originari di queste zone. ''Ho parlato con Ignazio, sta bene, ora sono in un palazzo del governo nigeriano, torneranno in Italia il prima possibile. Ringrazio tutti per tutto'' ha detto Sara Zocco, moglie di Ignazio Gugliotta.
I quattro italiani saranno interrogati questa mattina dal procuratore aggiunto di Roma Italo Ormanni. La procura della capitale, titolare delle inchieste che coinvolgono italiani all'estero, aveva aperto un fascicolo il giorno dei rapimento dei quattro tecnici procedendo per il reato di sequestro di persona con la finalità dell'estorsione.

Il rilascio - Domenica mattina i sei prigionieri sono stati consegnati nei pressi di Yanagoa, la capitale dello Stato di Bayelsa, al governatore Timipri Sylva, entrato in carica martedì scorso, e al senatore David Brigidi. All'ultimo momento, per motivi di sicurezza, il console onorario italiano a Port Harcourt, Pompeo Pillon, cui è stato tolto il mandato venerdì non ha partecipato alla spedizione nella giungla. Dopo la consegna i sei sono stati imbarcati su un elicottero e portati a Yanagoa. Pillon, nonostante sia un uomo che conosce a fondo la Nigeria, i meccanismi politici ed economici del Paese, i capi tribù e la geografia dei vari gruppi di ribelli e criminali che popolano il Delta del Niger, è stato inspiegabilmente e improvvisamente licenziato dal nostro ministero degli esteri che gli ha tolto l'incarico.
Secondo i ribelli del Mend il rilascio è avvenuto senza condizioni, a parte un'unica condizione, ossia che non fosse offerto denaro per pagare un riscatto non richiesto e che nessuno tentasse di corrompere i miliziani a guardia dei prigionieri. Così è stato. I contatti negli ultimi giorni prima della liberazione sono stati tenuti con il Corriere della Sera che ha anche suggerito il metodo della liberazione. La consegna a un funzionario italiano, Pillon appunto, che fosse in grado di spostarsi per il Paese anche di notte. Il ritardo nella liberazione è stato dovuto tra l'altro a motivi di sicurezza. Le forze armate nigeriane - contro la volontà del governatore che stava trattando il rilascio - avevano lanciato una vasta offensiva alla ricerca degli ostaggi, ma l'intricata foresta e la rete di centinaia di canali del Delta del Niger è conosciuta soltanto dagli uomini che la abitano e i guerriglieri del Mend conoscono a menadito la geografia della regione.
Il rapimento dei sei tecnici della Chevron secondo il Mend è servito a fare chiarezza nell'opinione pubblica. ''Compagnie petrolifere e governi ci accusano di essere criminali che catturano ostaggi per ottenere in cambio un riscatto. Abbiamo dimostrato che non è vero. Non siamo né criminali, né terroristi. La pace può tornare nella regione del Delta del Niger - ha scritto più volte Jomo Gbomo, portavoce del movimento - solo quando un po' di quel denaro che viene dal petrolio finirà nelle tasche delle popolazioni che abitano quelle terre e non in quelle dei politici corrotti''.

Subito dopo la consegna i sei prigionieri sono stati scortati negli uffici della Chevron nella regione di Bayelsa per le visite mediche. ''Sono in buone condizioni di salute'' ha subito fatto sapere Elisabetta Belloni, responsabile dell'Unità di crisi della Farnesina. La Belloni ha quindi ringraziato le autorità nigeriane. Nemmeno la responsabile della Farnesina ha parlato di riscatto: ''La Farnesina si è sempre attenuta, in questo e in altri sequestri, a quello che dicevano i comunicati ufficiali del Mend. Abbiamo aspettato pur sapendo che dovevamo essere un po' flessibili sul giorno della liberazione rispetto alla scadenza di un mese''. Sul fatto che il nuovo capo del governo possa aver aperto un canale di dialogo con i guerriglieri Elisabetta Belloni non si è sbilanciata: ''E' possibile. Noi osserviamo però che nell'ultimo periodo gli attacchi del Mend si sono intensificati''.

La liberazione è stata annunciata con comunicato ufficiale via email dei ribelli: ''Confermiamo il rilascio oggi, 2 giugno 2007 alle 11.30 ora nigeriana, di tutte e sei le persone catturate dai nostri combattenti nell'attacco del primo maggio 2007. Sospenderemo gli attacchi per un mese''. ''Il rilascio di oggi non significa in alcun modo la nostra intenzione di porre fine ai sequestri, ma apre la via al dialogo con un governo volenteroso'', prosegue il comunicato del Mend, ''Se il governo continuerà ingiustamente a tenere in prigione la gente del delta del Niger, noi continueremo a rapire i lavoratori del settore petrolifero e incoraggeremo tutti i gruppi della regione a fare lo stesso''. Nell'email il Mend si è soffermato anche sul tema della mediazione tra lo stesso gruppo guerrigliero e le autorità nigeriane. Il Mend si è infatti detto disposto a ''dialogare solo tramite intermediari designati da noi stessi, alla presenza di un 'arbitro' neutrale accettabile da tutte le parti''. ''L'attuale governo sta seguendo la via intrapresa dal suo predecessore nell'organizzare teatrini ad Abuja (capitale della Nigeria, ndr.), dialogando - conclude il comunicato - con persone del delta del Niger che si sono dimostrati incapaci di pacificare la rivolta nella regione''.

Le ''ragioni'' del Mend - I ribelli sono in lotta contro il governo federale nigeriano ''accusato di non redistribuire i guadagni delle compagnie petrolifere che lavorano nella zona del Delta dei Niger''. Il Delta comprende 9 stati, si estende su oltre 100 mila kmq ed è abitato per lo più dalla poverissima etnia Ijaw, quattordici milioni di persone che vivono come meno di un dollaro al giorno.
Gli assalti degli ultimi mesi contro le installazioni petrolifere hanno indotto molte compagnie a chiudere impianti e tagliare la produzione. Ora la Nigeria produce il 30 per cento in meno di quella quota di 2 milioni e 200 mila barili al giorno estratta un paio d'anni fa, per una perdita secca nel 2006, di 4,4 miliardi di dollari.
Con gli attacchi agli impiegati e agli impianti delle compagnie petrolifere e le elezioni del 21 aprile scorso - considerate dalla comunità truccate e manipolate - con cui ha preso il potere il nuovo presidente, la Nigeria rischia ora di esplodere. I tecnici stranieri sono ridotti all'osso, la produzione di greggio drasticamente tagliata. I politici corrotti, foraggiati dalle compagnie petrolifere rispondono alle richiesta di giustizia e maggiore equità sociale con il pugno di ferro. La Shell ha deciso di chiudere i suoi pozzi sulla terra ferma e di continuare a sfruttare quelli off shore (in alto mare) entro il 2009 se le cose non miglioreranno. Nei piani della Chevron c'è anche quello che prevede di lasciare tutto lì e di andarsene alla chetichella.
L'Agip, i cui impiegati hanno l'ordine di tenere la bocca cucita pena il licenziamento, invitata in un programma televisivo la scorsa settimana, ha ripetuto la solita litania: ''Noi italiani siamo più bravi [...] Noi siamo lontani dalla corruzione e non paghiamo mazzette a nessuno''. E ha annunciato la firma di nuovi contratti per sfruttare campi petroliferi e di gas. Sembra quasi che la compagnia nazionale non voglia tener conto del rapporto compilato dall'Economist Intelligence Unit secondo cui nella classifica dei 121 paesi più pacifici del mondo, la Nigeria occupa il 118° posto.
Al momento della presa degli ostaggi il 1 maggio scorso, Jomo Gbomo, con una mail al Corriere aveva spiegato così la cattura dei sei: ''Dicono che noi appoggiamo il nuovo presidente Yar' Adua e il nuovo vicepresidente Jonathan Goodluck, ma non è vero. Abbiano promesso di libereremo gli ostaggi in modo che il governo nigeriano debba vergognarsi con il mondo''. In queste settimane Jomo Gbomo ha continuato la sua guerriglia epistolare contro le compagnie petrolifere e contro i governanti nigeriani: ''Avvisiamo tutti che continueremo gli attacchi e i sabotaggi e continueremo la nostra lotta finché non raggiungeremo i nostri obbiettivi''. ''Il Mend - assicura Jomo - non vuole l'indipendenza delle regioni petrolifere. Ci presentano come secessionisti per screditarci e come criminali o terroristi perché non ci accettano come interlocutore politico. Noi invece combattiamo la corruzione perseguita dalle compagnie petrolifere, Agip compresa, chiediamo una ridistribuzione delle immense ricchezze derivanti dagli introiti petroliferi e pretendiamo una ricostruzione dell’ambiente sociale e ecologico degradato ai limiti dell'impossibile''.

- I guerrieri del Delta (PeaceReporter)

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04 giugno 2007
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