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Pronto a dire addio alla politica...

Totò Cuffaro: "Se dovessi essere condannato in via definitiva uscirei completamente della scena politica"

18 giugno 2010

"Se dovessi essere condannato in via definitiva, uscirei completamente dalla scena politica. In ogni caso, fino al pronunciamento della Cassazione, non parteciperò a manifestazioni politiche. Ritengo che sia giusto così". Queste le parole dette da Totò Cuffaro, ex governatore della Sicilia, condannato in appello per favoreggiamento a Cosa nostra.
Ieri mattina l'ex presidente della Regione ha partecipato all'udienza davanti al gup Vittorio Anania nel processo in cui è imputato per concorso in associazione mafiosa. I pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene hanno proseguito la requisitoria, iniziata la scorsa udienza (LEGGI).

Ed è stato il pm Di Matteo a riprendere la requisitoria ripercorrendo i "rapporti" tra Cuffaro e il medico condannato per mafia, Giuseppe Guttadauro. "Il senatore Salvatore Cuffaro strinse accordi con il capo mandamento di Brancaccio, il boss Giuseppe Guttadauro. E' questo il cuore del processo. Nel 2001, in occasione delle elezioni regionali Cuffaro, su richiesta di Giuseppe Guttadauro, si adoperò per fare entrare nelle liste del Cdu il medico Domenico Miceli", l'ex assessore comunale di Palermo condannato per concorso esterno in associazione mafiosa (LEGGI). Non solo. Secondo la Procura di Palermo, sarebbe stato l'autore di una fuga di notizie su un'indagine a carico dello stesso Guttadauro. Cuffaro sarebbe stato "consapevole nella condotta di interrompere le indagini sul capo mandamento di Brancaccio". Per il pm Di Matteo "ciascuna di queste condotte è provata". Il magistrato, nel corso della requisitoria, ha ricordato che i "rapporti tra Guttadauro e Cuffaro vennero instaurati già dal febbraio 2001, al fine di un consolidamento mafioso per influenzare delle scelte politiche, come la candidatura o un posto di sottogoverno e scelte di carattere amministrativo, come quella di manipolare un concorso medico".
Di Matteo ha parlato ancora di "rapporti intrattenuti direttamente o indirettamente, di Salvatore Cuffaro con esponenti mafiosi". E ha fatto riferimento, in particolare, ai "rapporti personali diretti tra Cuffaro" e il boss Francesco Bonura. "Già nel 2005 - ha spiegato il pm antimafia - Bonura era componente della 'triade' insieme con Antonino Cinà e Antonino Rotolo che governava Palermo". Poi, ha parlato anche di "rapporti quanto meno indiretti tra Cuffaro e Antonino Rotolo".
Quindi in aula ha letto alcune intercettazioni telefoniche e ambientali tra i boss Bonura e Rotolo. Nel settembre 2005 Bonura viene intercettato mentre dice al suo interlocutore: "Con Cuffaro ci vedevamo ci incontravamo", secondo il pm Di Matteo "si evincono rapporti quanto meno indiretti tra i due". E' sempre Rotolo a dire: "Aspetto risposte da Cuffaro, perché mi servono dei favori". "Si evince da ciò la sussistenza di attuali rapporti di fattiva collaborazione tra Cuffaro e Rotolo in riferimento a favori che sarebbero destinati a Rotolo". Secondo il pm Di Matteo c'è "un numero tale di rapporti da fare escludere la fortuità e l'innocenza dei rapporti stessi". Inoltre, il magistrato ha letto in aula delle intercettazioni ambientali, ribadendone più volte la "pregnanza" e "l'importanza per le indagini", riferendosi in particolare ad una intercettazione tra Emanuele Lentini, ritenuto vicino al boss Bernardo Provenzano e condannato di recente con un interlocutore. Lentini, in quella occasione, ha detto di essersi recato a casa di Cuffaro "ci vogliono occhi per guardarla", ha poi commentato parlando dell'appartamento nel cuore di Palermo.

Processo "Talpe alla Dda": chiesta la condanna di Salvino Caputo per falsa testimonianza - L'assoluzione del deputato regionale del Pdl Salvino Caputo dall'accusa di falsa testimonianza nel processo "Talpe in Procura" è "inconcepibile e inopinata". A sostenerlo è il procuratore generale di Palermo Angela Tardio, che ieri ha chiesto la condanna dell'esponente politico a cinque anni, tanti quanti ne aveva chiesti in primo grado il pm Nino Di Matteo. Caputo, che è avvocato, era stato scagionato con l'applicazione di una "causa di non punibilità": secondo il giudice monocratico Daniela Vascellaro l'attuale vicesindaco di Monreale aveva mentito per salvare se stesso e il proprio onore dal rischio di una condanna per il reato di favoreggiamento.
La Procura aveva fatto ricorso: Caputo avrebbe cercato infatti di agevolare uno degli imputati del processo Talpe, l'ex presidente della Regione Siciliana Totò Cuffaro, cercando di non fare rispondere ai pm uno degli indagati del processo, il medico Salvatore Aragona. Caputo, sentito in aula, aveva però negato la circostanza. "L'onore non si salva con l'apparenza - ha affermato il pg - la dichiarazione di falso è ancora più grave, specialmente per un avvocato, che non può prendere in giro la giustizia".
Ieri la prima sezione della Corte d'appello avrebbe dovuto emettere la sentenza, ma la difesa ha chiesto un rinvio per un contestuale impegno di uno dei due difensori. Il processo è stato rinviato al 21 ottobre.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa]

 

 

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18 giugno 2010
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