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Proprietà privata

Straordinaria Isabelle Huppert in questo dramma di famiglia concreto, comune, reale

16 marzo 2007


 






Noi vi segnaliamo...
PROPRIETA' PRIVATA
di Joachim Lafosse

Pascale vive in campagna, in una vecchia fattoria rimessa completamente a nuovo, insieme ai suoi due figli gemelli François e Thierry. I due ragazzi hanno venticinque anni ma non sono in grado di provvedere a se stessi né di aiutare la madre a mandare avanti la casa. Pascale e suo marito, malgrado abbiano divorziato da tanti anni, continuano a litigare quasi ogni giorno coinvolgendo nelle loro discussioni anche i figli. Quando il nuovo compagno di Pascale le propone di trasformare la sua grande casa in un albergo, in famiglia scoppia una vera e propria rivolta. Incapace di confrontarsi con i suoi figli, Pascale chiede al suo amante di tentare di entrare in contatto con loro. Ogni tentativo di incontro, però, fallisce e l'uomo finisce per allontanarsi. Pascale, allora, decide di lasciare per un po' a se stessi i figli e la casa. Durante la sua assenza, però, scoppia una vera e propria guerra...


Tit. Orig. Nue propriété
Anno 2006
Nazione Francia / Belgio / Lussemburgo
Distribuzione BIM
Durata 92'
Regia e sceneggiatura Joachim Lafosse
Con Isabelle Huppert, Jérémie Renier, Kris Cuppens, Yannick Rénier
Genere Drammatico


Huppert e la casa dei collassi affettivi

di Lietta Tornabuoni (La Stampa)

Straordinaria Isabelle Huppert: con gli anni, l’attrice francese è sempre più forte e raffinata. Proprietà privata, secondo lungometraggio del regista belga Joachim Lafosse, 32 anni, è un dramma di famiglia concreto, comune, di assoluto realismo: uno di quei drammi quotidiani che sfociano a volte nella violenza e nella morte, non una costruzione psicologica. Il titolo italiano è ingannevole: quello originale, Nue Proprieté, indica un metodo per vendere una casa, appunto in nuda proprietà, cedendone il possesso ma conservandone per se stessi l’uso fino alla propria morte. Huppert interpreta la madre divorziata di due figli maschi gemelli adulti (gli attori sono soltanto fratelli, mentre il regista ha un fratello gemello).
La famiglia già spezzata dal divorzio male accettato dall’ex marito, subisce una nuova, forse fatale, lacerazione, per via della casa dove abita. Bella casa, strana famiglia. I due ragazzi, che vivono con la madre in un’intimità persino eccessiva, sembrano bambini: non si sentono responsabili di se stessi né d’altri, tutto il giorno giocano a ping pong o con la play station, fanno il bagno in vasca insieme, dormono e mangiano. Isabelle Huppert, madre autoritaria se non dispotica, molto legata al proprio amante, decide di vendere la casa in nuda proprietà allo scopo di procurarsi i soldi per aprire un ristorante. I figli sono risolutamente contrari («E’ la casa di famiglia», protestano, come se la famiglia non fosse già mutilata), sono gelosi dell’amante della madre, cominciano a litigare, a insultare finché non litigano fra loro, si picchiano, uno finisce all’ospedale, l’altro si dispera. Lentamente, madre e padre raccolgono i cocci dei danni. Il regista dice d’aver voluto rivalutare anche le famiglie spezzate come luogo possibile di calore e protezione: il film, però, questo non lo dice.
Proprietà privata non è eccezionale ma ben fatto, molto ben scritto dal regista e da François Pirot: sono raccontati con intuito intelligente la durezza della madre nutrita di noncuranza per i figli, l’adolescenza prolungata dei figli che si ribellano soltanto all’idea di poter perdere la protezione del rifugio in cui vivono, di poter essere colpiti in quel patrimonio su cui sono abituati a contare. Recitazione impeccabile: Jérémie Reniers, uno dei figli, era già bravo nella parte del ragazzo-padre de L’enfant dei fratelli Dardenne.
 
La critica
''Il film non eccezionale ma ben fatto (...). (...) Il regista dice d'aver voluto rivalutare anche la famiglia spezzata come luogo di calore e protezione: il film, però, questo non lo dice.''
Lietta Tornabuoni, 'La Stampa'
 
''Sobrio e coerente quadro dell'amara esistenza quotidiana (...)''
'il Giornale'

''Isabelle Huppert, all'ennesima conferma della sua statura ciclopica (...). Nessuno in questa storia ha le mani pulite. Essa apre sgradevolmente - ma con quanta finezza - una finestra sullo stato contemporaneo della famiglia.(...)
Paolo D'Agostini, 'la Repubblica'
 
''Non ci sono i cascami dell’incomunicabilità. Non ci sono i reietti della terra. Non ci sono lunghi silenzi. Ci sono una madre e due gemelli che brigano e strepitano, litigandosi la casa di famiglia. E c’è un gran bel modo di fare il cinema.''
Mariarosa Mancuso, 'Il Foglio'
 
''Chissà cosa scriverebbe Baudelaire del cinema belga di oggi, il più ingenuo nell'esibire il marcio d'Europa, quella schizofrenia tra feudalesimo e bonomia di mercato che rende impraticabile il mito americano (anni trenta-quaranta) dell'individualismo democratico. Ma l'unica opera in gara sbagliata è questo prodotto della regione autonoma della Vallonia (in lingua francese), malsano e deludente pasticcio. Nonostante la presenza di Isabelle Huppert come al solito capace come nessuno di avvelenare di cupezza metafisica perfino un cartoon della Warner Bros.''
Roberto Silvestri, 'Il Manifesto'

''Molto intimismo. Molti scontri verbali proposti soprattutto a tavola, a cena o a pranzo. Il disegno dei gemelli, dissimili fisicamente, tende a differenziarli anche nei caratteri, quello della madre segue un tormentato itinerario tra frustrazioni e rivolte. Con un buon equilibrio narrativo e molta suggestione nelle immagini. Al centro, nelle vesti della protagonista, Isabelle Huppert con la sua abituale recitazione dimessa e, quando serve, sofferta.''
Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo'

Menzione speciale della Giuria Signis (ex-aequo con ''Daratt'' di Mahamat-Saleh Haroun) alla 63ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (2006).

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16 marzo 2007
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