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Proseguiranno le indagine sulla misteriosa scomparsa di Mauro Rostagno, forse ucciso dalla mafia

20 novembre 2007

 Tra i fondatori del movimento Lotta Continua insieme ad Adriano Sofri, Guido Viale, Marco Boato, Giorgio Pietrostefani e Paolo Brogi, laureatosi in sociologia a Trento e approdato negli Anni '80 a 
a Valderice, in provincia di Trapani, dove fondò la comunità ''Saman'', all'inizio una comune ''arancione'' e successivamente comunità terapeutica per il recupero dei tossicodipendenti, Mauro Rostango è stato uno dei personaggi più significativi dell'Italia della rivoluzione culturale e che per la sua voglia di verità e giustizia venne assassinato per aver coraggiosamente denunciato le collusioni tra mafia e politica locale. Era la sera del 26 settembre 1988 quando Mauro Rostagno venne assassinato in un agguato in contrada Lenzi, a poche centinaia di metri dalla Saman, all'interno della sua auto: aveva 46 anni. Il delitto è tuttora impunito.

Il delitto mafioso fu la pista battuta immediatamente dagli inquirenti (carabinieri e polizia) e dal magistrato Franco Messina. Sembrò suffragata dal ritrovamento, otto mesi dopo, del cadavere di un tecnico dell'Enel, Vincenzo Mastrantoni che la notte del delitto, sembra avesse tolto l'energia elettrica nella zona. Si scoprì poi che Vincenzo Mastrantoni era l'autista del boss mafioso Vincenzo Virga e probabilmente fu assassinato perché divenuto testimone scomodo del delitto.
Dopo anni, però, non essendoci stati riscontri attendibili, il pm Messina ed il suo successore all'inchiesta, Massimo Palmeri, abbandonarono la pista mafiosa.
La procura di Trapani, nel 1996, ipotizzò che il delitto potesse essere maturato all'interno della Saman, per traffico di stupefacenti all'interno della comunità, ipotesi che suscitò forti polemiche. La procura inviò mandati di cattura ad alcuni ospiti della comunità, individuati come esecutori materiali del delitto. Anche questa pista fu poi abbandonata.
Nel 1998 si tornò ad indagare su Cosa nostra, ma non più al Palazzo di Giustizia trapanese, bensì alla Dda della Procura antimafia di Palermo, che iscrisse nel registro degli indagati l'allora latitante Vincenzo Virga, adesso detenuto al 41 bis.
Nel gennaio 2007, dopo la scadenza dei termini dell'indagine, il giudice Antonio Ingroia ha dovuto avanzare l'ennesima richiesta di archiviazione inerente alla pista mafiosa.

Ieri il Giudice per le indagini preliminari Maria Pino, dopo aver esaminato i 34 faldoni dell'inchiesta, ha concluso che c'è ancora qualcosa da tentare, quindi ha disposto con un'ordinanza la prosecuzione per altri sei mesi delle indagini sull'uccisione di Mauro Rostagno. Il gip ha dunque respinto la richiesta di archiviazione delle indagini che era stata proposta da Ingroia.
Il gip Pino in due pagine di provvedimento, ha ripercorso le indicazioni arrivate dalla sorella di Mauro Rostagno, Carla, ma anche gli intenti della Procura, che vuole sentire alcuni degli ultimi pentiti di mafia e fare nuovi accertamenti, con le tecnologie più moderne, sui reperti della scena del crimine.
Nell'inchiesta risulta indagato, oltre a Virga (accusato di essere il mandante), anche Giuseppe Bulgarella, titolare dell'emittente trapanese Rtc dove Rostagno lavorava assieme ad alcuni ragazzi della Saman, accusato di false dichiarazioni al pm. Il terzo indagato, anche lui indicato come mandante, è il boss Francesco Messina Denaro, padre del super latitante Matteo, è deceduto. Nei suoi confronti è stata emessa una sentenza di non luogo a procedere.
L'indagine, inoltre, procede anche contro ignoti: è rimasta infatti misteriosa l'identità degli esecutori materiali del delitto. Gli atti più urgenti che saranno effettuati, secondo la nuova disposizione del gip, sono alcune rogatorie internazionali previste per compiere accertamenti bancari in Francia e Olanda sui conti correnti della comunità ''Saman'' della quale Rostagno era il principale animatore.

Sono stati, comunque,  i pentiti ad avere indicato la pista mafiosa per il delitto Rostagno. Enzo Brusca, ad esempio, ha detto di sapere che Totò Riina era soddisfatto per l'eliminazione di Rostagno. Il collaboratore Vincenzo Sinacori confermò che ''all'interno di Cosa nostra trapanese si erano diffuse lamentele nei confronti dell'attività giornalistica di Mauro Rostagno, perché nei suoi programmi non perdeva occasione di attaccare Cosa nostra''. Quando il pm Ingroia chiese al pentito di precisare di cosa si occupassero in quel periodo le famiglie trapanesi, Sinacori disse: ''Soprattutto, di traffici d'armi e di droga, ma ci si occupava anche di rifiuti''.
Ai magistrati di Trapani, un amico di Rostagno, Sergio Di Cori, aveva rivelato: ''Mauro mi confidò di un traffico d'armi che avveniva in una pista aerea in disuso. Mi risulta che avesse fatto anche delle riprese con una telecamera''. Il materiale ripreso da Rostagno non è stato mai trovato e l'indagine sul traffico di armi si è rivelata troppo complicata, anche per la difficoltà di ottenere notizie dalle autorità militari visto che la pista in disuso nel Trapanese potrebbe essere quella di località Kinisia, vicino all'aeroporto militare di Birgi.
Il difficile percorso di questa indagine è stato battuto anche da Ingroia, che ha tentato di trovare informazioni che potessero confermare ''collegamenti fra la scomparsa di Rostagno e traffici internazionali di armi, con particolare riferimento ai traffici fra Italia e Somalia'', e ancora, ''eventuali collegamenti fra la scomparsa di Rostagno e l'omicidio in Somalia della giornalista Ilaria Alpi''.

- ''Una perizia balistica mai conosciuta'' di Salvo Palazzolo

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20 novembre 2007
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