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Prostituzione d'origine controllata

Le prostitute come ''soggetti moralmente pericolosi'', però se si mettono nei quartieri a luci rosse...

09 giugno 2008

Come si è potuto ben notare la formulazione di "reato di clandestinità", inserito all'interno del nuovo "pacchetto sicurezza", approvato dal primo Consiglio dei Ministri del governo Berlusconi, ha scatenato parecchie perplessità, alcune preoccupazioni, diversi rimbrotti e financo battibecchi, indignazioni e ferree prese di posizione. I dubbi sull'esecutività di questo reato nascono principalmente dall'analisi, che si può presto fare, dello stato di sofferenza vissuto dalla Giustizia nostrana, gravata da svariate problematiche che vanno dalle mancate riforme, o da quelle parzialmente attuate, al problema delle carceri, dallo stato disastrato di molti tribunali all'impossibilità per inquirenti e magistrati di svolgere efficacemente il proprio lavoro.

Al di la da questo, mentre la recente direttiva Ue sui rimpatri (leggi) viene salutata dal ministro dell'Interno Roberto Maroni "come una conferma" alla presa di posizione della Lega pro-reato, al Senato hanno presentano quasi 160 emendamenti al decreto sicurezza, quello che introduce la clandestinità come aggravante. Pd, Idv e Radicali hanno provato a chiederne la soppressione, ma poi anche loro hanno proposto ipotesi alternative come quella di far scattare l'aggravante solo nel caso in cui lo straniero risulti già espulso. Con il decreto però il Popolo della Libertà ha pensato di risolvere anche un'altra questione: quella della prostituzione che, grazie ad un emendamento presentato dai relatori Filippo Berselli e Carlo Vizzini, presidenti delle commissioni Giustizia e Affari Costituzionali del Senato, si punta a togliere dalla strada. La proposta di modifica, infatti, trasforma le 'lucciole' in "soggetti socialmente e moralmente pericolosi" e fa scattare nei loro confronti tutta una serie di misure di prevenzione come il foglio di via obbligatorio. O l'impossibilità di tornare nel "luogo da illuminare immoralmente" per almeno tre anni.

Ecco spuntare dunque, la difesa della pubblica morale, che a grandi linee potrebbe mettere d'accordo tanti esponenti politici, ma anche su questa questione la strada sembra non essere tutta in discesa. Anzi.
Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, riguardo all'emendamento Berselli-Vizzini ha commentato: "Non ci pare una buona formulazione... Sgomberare le strade non serve a nulla", piuttosto che espellere le prostitute straniere bisognerebbe creare dei quartieri a luci rosse: zone, cioè, destinate al mercato del sesso, come già accade da tempo in altre capitali europee. "Credo - ha detto il ministro in un'intervista al Corriere della Sera (leggi) - che bisognerebbe creare dei quartieri a luci rosse. In questo modo si garantisce il controllo sanitario e si tutelano i cittadini". Come dire: "Non solo le colf svolgono un mestiere socialmente utile"...
Nei giorni scorsi il ministro della Giustizia Angelino Alfano, parlando dell'emendamento al centro di polemiche tra maggioranza e opposizione, ma soprattutto tra maggioranza e maggioranza, si è detto d'accordo sul "principio politico", pur spiegando che bisogna valutarne le "modalità di applicazione".

Il titolare delle Pari opportunità, Mara Carfagna, ha affermato che a breve "il Governo riuscirà a esprimere una posizione condivisa". Molto severo invece l'ex responsabile del Viminale, Beppe Pisanu: "Lo scambio sesso-denaro comporta eguali responsabilità sia per la donna sia per l'uomo che partecipano. E' perciò aberrante attribuire unilateralmente alle prostitute di strada sottolinea Pisanu il presunto reato contro la sicurezza e la moralità pubblica, assolvendo a priori i loro clienti". Detto questo, Pisanu si augura "che il presidente Berlusconi blocchi questa iniziativa, con la stessa saggezza politica con cui ha bloccato l'insostenibile reato di immigrazione clandestina".
Sempre nel Pdl, è perplesso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, mentre è favorevole il sindaco di Milano, Letizia Moratti. Dubbi del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Alfredo Vito: "Non so se questa possa essere la via giusta". Poco convinto anche il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi: la prostituzione, afferma, è "una piaga che va combattuta con le misure adeguate".
Dice no il parlamentare del Pdl Maurizio Lupi: "In tutti i Paesi del mondo questi quartieri sono simbolo di degrado. Lo Stato non può avallare lo sfruttamento della prostituzione, significa non rispettare la persona". Il progetto è stato bocciato, manco a dirlo, dal ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo: "E' una questione troppo delicata e complessa per essere affrontata come effetto collaterale del decreto sicurezza con proposte estemporanee che non possono cogliere i molteplici aspetti del problema". Per Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl, la cosa necessaria è "mettere fine a questo sconcio, ma con una discussione ordinata e non estemporanea".

Nettamente contrario ai quartieri a luci rosse  Francesco Storace, segretario de La Destra, che ha paragonato le case chiuse alle narcosale, luoghi protetti, esistenti ad esempio in Svizzera, dove i tossicodipendenti possono bucarsi sotto controllo medico. E proprio la portavoce del suo partito, Daniela Santanché, è stata depositaria di un quesito referendario per l'abrogazione di alcuni articoli della legge Merlin sulle 'case chiuse'. In particolare, la raccolta di firme per il referendum popolare chiede di abolire i primi due articoli della legge del 1958 che vieta "l'esercizio di case di prostituzione nel territorio dello stato e nei territorio sottoposti all'amministrazione di autorità italiane" e che prescrive che "le case, i quartieri e qualsiasi luogo chiuso dove si esercita la prostituzione, dichiarati locali di meretricio, dovranno essere chiusi".
"Questa è una battaglia doverosa per il nostro Paese contro la nuova schiavitù del nostro tempo", ha detto Daniela Santanchè presentando nelle scorse settimane l'iniziativa referendaria. "Avvieremo subito i contatti con il ministro dell'Interno, con tutte le forze politiche, con le associazioni e con i comitati di quartiere delle varie città, perché questa non è una battaglia di parte o di partito ma è una battaglia del popolo, di tutti gli italiani che sono stufi di avere sotto le loro case questo spettacolo e di tutte le donne che sono stufe di questa nuova forma di schiavitù, che vede molte minorenni e quasi sempre cittadine non italiane, sul cui corpo campano sfruttatori che guadagnano fino a 10-15 mila euro al mese".

Certo, a pensarci bene non sarebbe sbagliato se il mondo politico, visto che ha deciso di affrontare una così complessa questione, si confrontasse anche con i medici. Giampiero Carosi, presidente della Società interdisciplinare per lo studio delle malattie sessualmente trasmesse (Simast), da tecnico non scarta il progetto Maroni: "Sono favorevole, purché le donne non vengano obbligate a sottoporsi a test periodici ma possano presentarsi spontaneamente negli ambulatori. Le visite offrirebbero la possibilità di fare prevenzione su aborto e trasmissione di infezioni. Sono una ventina quelle che si possono prendere per via sessuale. Le più diffuse clamidia, sifilide e Aids". Secondo il dott. Carosi però questo sistema non basterebbe per avere il controllo sanitario. Si è visto che una prostituta in media ha 15 rapporti al giorno e anche se effettuasse i test ogni mese non sarebbe al riparo dal contagio.

- "Le donne del centrodestra sull'emendamento Berselli-Vizzini" di G. Fregonara

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09 giugno 2008
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