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Provenzano contava su Cuffaro

Secondo il pm Nino Di Matteo il boss "aiutò il governatore per le regionali 2001 [...] Contatti diretti anche con Siino, Greco, Miceli e Campanella"

11 giugno 2010

"Il boss Bernardo Provenzano riteneva Salvatore Cuffaro affidabile". Questo, in estrema sintesi, il significato delle parole del pm Nino Di Matteo durante la requisitoria del processo per concorso in associazione mafiosa all'ex governatore siciliano, citando le rivelazioni del pentito Nino Giuffrè e in particolare quelle nelle quali il pentito ha raccontato di aver parlato di Cuffaro, con Provenzano, fin dal 1996. "Una volta Provenzano mi disse - ha rivelato il pentito, citato dal pm -: lascia stare Cuffaro, ricordati che dobbiamo farlo stare a suo agio e non lo dobbiamo disturbare". E sempre in quel contesto il capomafia avrebbe detto al collaboratore di giustizia allora suo fedelissimo: "Cuffaro è un punto di riferimento preciso e una persona affidabile".
Secondo Giuffrè, dopo l'appoggio elettorale a FI, alla fine degli anni '90, Provenzano tornò "al suo vecchio amore la Dc e i partiti nati dalle sue ceneri, perchè pensava che gli ex democristiani sapevano rispettare i patti. Perciò - ha spiegato il pm - nel 2001 Provenzano appoggiò Cuffaro alle elezioni regionali, ma, come spiega Giuffrè, da dietro le quinte per non bruciarlo". Per i pm, inoltre, le indicazioni di voto di Provenzano arrivarono anche alle cosche agrigentine e trapanesi, come ha rivelato il pentito Maurizio Di Gati, ex capo della mafia agrigentina.

"Cuffaro ha intrattenuto rapporti con mafiosi di spicco e di eterogenea provenienza per tutta la durata della sua carriera politica" ha aggiunto Di Matteo proseguendo la requisitoria. "Con alcuni di loro ha avuto contatti diretti e non occasionali: alludo ad Angelo Siino, Giuseppe Greco condannato per mafia quanto incontrava e sosteneva politicamente l’ex governatore Cuffaro, Mimmo Miceli, Francesco Campanella, Emanuele Lentini". "Da ciò si deve partire - ha proseguito il magistrato - se si vuol capire il patto politico-mafioso-elettorale stretto da Cuffaro".
Di Matteo, inoltre, si è soffermato sulla circostanza che il quadro probatorio usato per l’indagine è costituito non solo dalle dichiarazioni dei pentiti, ma soprattutto dagli esiti delle intercettazioni telefoniche e ambientali.
"Nel 1991 Cuffaro era candidato per la Democrazia Cristiana alle Regionali e chiese aiuto al boss Angelo Siino. Altro che lo slogan 'la mafia fa schifo'. Cosa nostra era vista come risorsa per il reperimento del consenso politico", ha detto ancora il pm Di Matteo facendo riferimento alla campagna pubblicitaria contro la mafia ideata dall’ex governatore in cui si usava lo slogan "la mafia fa schifo". "Cuffaro - ha aggiunto - ha cercato il contatto con l’organizzazione criminale per vincere le elezioni". "La legittima scelta del rito abbreviato - ha aggiunto ancora - ha impedito di sviluppare ulteriormente nel processo prove come le dichiarazioni di Gaspare Romano e Massimo Ciancimino o i risultati delle indagini sui termovalorizzatori in Sicilia che dimostrano che le gare sono state vinte da aziende rinviate i cui responsabili a giudizio per mafia".
Il processo è stato rinviato, sempre per la prosecuzione della requisitoria, a giovedì prossimo.

[Informazioni tratte da Ansa, La Siciliaweb.it, LiveSicilia.it]

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11 giugno 2010
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