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Putin e Lula difendono Assange

Per i due leader l'arresto del fondatore di WikiLeaks è stato un atto ipocrita e antidemocratico

10 dicembre 2010

Lula e Putin in difesa di Assange. L'arresto, martedì scorso, del fondatore di WikiLeaks ha provocato le prime reazioni di solidarietà fra i capi di Stato, dopo la soddisfazione espressa invece da molti dirigenti occidentali.

Il premier russo Vladimir Putin, nella conferenza stampa congiunta con il premier francese Francois Fillon, ha messo in dubbio la correttezza dell'arresto di Assange, chiedendo "E' questa la democrazia?": "Se si parla di democrazia, occorre che sia totale: bisogna cominciare a spazzare davanti alla propria porta. Giro la palla ai colleghi americani" ha dichiarato Putin. Il premier russo ha preso la parola rispondendo a una domanda rivolta a Fillon riguardante i dubbi sulla democrazia in Russia e sulla descrizione di una Russia corrotta e mafiosa contenuti nei documenti diplomatici americani resi pubblici da WikiLeaks; Fillon da parte sua ha invece definito "un furto" la pubblicazione dei documenti. Anche il presidente brasiliano uscente, Luiz Inacio Lula da Silva ha protestato contro l'arresto di Assange, manifestando la propria solidarietà nei confronti del sito: Assange "ha messo a nudo un diplomazia che sembrava intoccabile", ha scritto Lula, che ha definito l'arresto del 39enne australiano come "un attentato contro la libertà di espressione".

Nel frattempo, è invece guerra aperta nel cyberspazio: il blocco dei fondi di finanziamento per WikiLeaks ha scatenato un vero e proprio conflitto informatico e legioni di hackers hanno attaccato i siti dei principali gestori di carte di credito e di sistemi di pagamento elettronico al mondo, fra cui MasterCard, Visa, Paypal e PostFinance. Gli attivisti hanno chiamato le loro incursioni "Operation Payback" ("ripagare con la stessa moneta") e "Avenge Assange" ("vendicare Assange"). Sono stati bloccati per diverse ore i siti di MasterCard e Paypal, il primo colosso delle carte di credito e il secondo dei pagamenti online, "colpevoli" di aver respinto i versamenti a favore di Wikileaks. Colpiti anche, fra gli altri, il sito della Procura svedese, da cui è partita la richiesta di arresto per Assange in seguito a una denuncia per stupro, quello delle Poste svizzere, quello del provider EveryDns che ha oscurato Wikileaks costringendolo a cambiare indirizzo, quello del senatore indipendente Usa Joe Lieberman, che ha definito "reato penale" la diffusione dei dispacci diplomatici segreti, e quello dello studio legale svedese che assiste le due donne da cui è partita la denuncia per violenza sessuale nei confronti di Assange. Paypal ha tuttavia annunciato di aver riattivato il conto di WikiLeaks, sospeso alcuni giorni fa, sbloccando i fondi disponibili ma senza accettare nuovi versamenti da parte dei sostenitori; Paypal ha inoltre applicato delle restrizioni all'utilizzo dei fondi, in ossequio alla "politica di utilizzo accettabile" che impedisce l'utilizzo del servizio a organizzazioni che "incoraggino o facilitino o aiutino altri a compiere attività illegali": verranno comunque messi a disposizione i fondi esistenti sul conto per permettere al sito di finanziarsi. [APCOM]

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10 dicembre 2010
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