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Qual'è il loro destino?

Arrivano a centinaia, giorno dopo giorno, e che fine fanno i migranti dopo essere stati espulsi dall'Italia?

30 marzo 2006

L'ultimo sbarco è stato quello dell'altro ieri. Più di 300 immigrati a bordo di due grandi e fatiscenti barconi sono approdati sulle coste di Lampedusa. Daltronde, neanche il mare in tempesta di quest'inverno appena trascorso ha fermato traversate e sbarchi, quindi con l'arrivo della primavera è, purtroppo, più che normale si intensifichino gli arrivi.
E con la bella stagione riesplode, dunque, l'emergenza immigrazione. Rimangono sempre 190 i posti del famigerato Cpt dell'isola, e il livello di guardia è stato già raggiunto ha raggiunto: nei giorni scorsi ci sono stati ben tre sbarchi, per una stima totale di 600 immigrati.
Assieme agli sbarchi sono riprese le espulsioni verso la Libia: 60 persone, pare egiziani, sono state imbarcate l'altro ieri mattina. Un rituale macabro, come lo definisce l'europarlamentare siciliano di Rifondazione comunista Giusto Catania, dalla procedura oscura e mai chiarita. ''Di queste persone, che ormai a cadenza settimanale vengono respinte dall'Italia, non si hanno più notizie'', ha denunciato Catania.

E proprio per via della mancanza di chiarezza sulle procedure di rimpatrio, nelle scorse settimane si aveva avuto notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati del ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, a seguito di un esposto presentato da numerosi senatori del centrosinistra che denunciava l'irregolare respingimento in Libia di buona parte degli immigrati arrivati a Lampedusa nel  settembre-ottobre 2004 e nel marzo 2005. Un indagine che i pm di Roma non hanno voluto portare avanti richiedendo l'archiviazione del caso e che, in questo particolare periodo elettorale, è stato subito condannato dal centrodestra come un'azione atta solo a delegittimare un avversario politico.
I firmatari dell'esposto hanno però contestato la richiesta di archiviazione, presentando una lista di elementi che permetterebbe loro di opporsi.
Infatti, secondo i consulenti legali che stanno seguendo l'esposto sui ''fatti di Lampedusa'', ci sono tutti i margini per opporsi alla richiesta del pubblico ministero Marcello Monteleone.
Non esistono gli accordi sui respingimenti degli immigrati in Libia. Non esiste l'elenco delle persone che sono state rispedite a Tripoli. I testimoni che hanno assistito ai respingimenti effettuati a ottobre 2004 e a marzo 2005, non sono stati ascoltati.
Insomma, elementi che danno la possibilità di richiedere un un supplemento di indagine ce ne sono abbastanza, e le deduzioni dei parlamentari che hanno denunciato l'operato del ministro Pisanu saranno presto presentate.

Della montagna di documenti depositati dai testi, non ce n'è nessuno che possa tranquillizzare su come siano stati identificati quei più di 1.300 uomini rispediti in Libia in pochi giorni. Prima di tutto non esistono i loro nomi, nonostante i testimoni abbiano assicurato che tutti sono stati identificati e che proprio per questo non si può parlare di espulsioni collettive. ''Dovrebbe quindi essere possibile - osserva Domenico Gallo, il magistrato che offre la sua consulenza ai magistrati - provare a rintracciare almeno qualcuno di loro''. L'esposto dei parlamentari chiede infatti cose molto concrete, e solo in ultima istanza di verificare se ci siano responsabilità del ministro o di qualche altro rappresentante del governo: l'accertamento dell'identità delle persone espulse e la verifica delle modalità con cui sono stati rimandati in Libia.
E a proposito della cornice legale entro cui sono stati decisi i respingimenti, non rassicura uno dei documenti presentati dal Viminale ai giudici: quello in cui si afferma che non esiste alcun accordo di riammissione con la Libia, e che le persone sono stati rispedite laggiù in base a ''principi internazionali in forza dei quali ciascun paese è tenuto a riaccettare tutti coloro che, cittadini o meno, siano partiti dal proprio territorio per entrare illegalmente in un altro Stato''.
''Ma principi di questo tipo nel diritto internazionale non ce ne sono - ha sottolineato la deputata dei Verdi Tana De Zulueta, tra le firmatarie dell'esposto -. Questo significa che l'Italia ha rimandato indietro tutte quelle persone senza avere alcuna garanzia. E' un fatto gravissimo, che merita un approfondimento''.

L'Ordine dei Giornalisti scrive al Viminale riguardo l'ingiustificato divieto di accesso nei centri di accoglienza per stranieri
Dopo la pubblicazione dell'appello ''Cpt, l'informazione negata'', nei giorni scorsi sulle prime pagine de ''il manifesto'' e ''Liberazione'', qualcosa si muove. L'Ordine nazionale dei giornalisti ha inviato l'altro ieri una lettera al ministero dell'Interno, raccogliendo la sollecitazione dell'appello che chiedeva di permettere ai giornalisti di entrare e raccontare i centri di permanenza temporanea per immigrati, visto che questo elementare diritto continua a essere sistematicamente negato. La lettera dell'Ordine, firmata dal segretario Vittorio Roidi, chiede al Viminale che questo ''ingiustificato divieto'' venga immediatamente tolto, poiché non può esistere un luogo pubblico sottratto al controllo degli organi di informazione. Recentemente, invece, si era arrivati al paradosso di impedire ai giornalisti del manifesto di visitare il Cpt di Gradisca d'Isonzo non ancora in funzione. La lettera si chiude esprimendo la disponibilità a un incontro. Nei giorni scorsi al ministero sostenevano di non aver ancora ricevuto nulla. 
L'appello, che alla sua prima uscita ha raccolto firme prestigiose come quelle di Fabrizio Gatti, di Paolo Rumiz, di Gian Antonio Stella, Milena Gabanelli, Gad Lerner e Giovanni Maria Bellu, continua. Per leggerlo basta collegarsi al sito www.articolo21.info che sostiene la campagna.


- Il nodo stretto dell'immigrazione

- Mentre a Lampedusa continuano gli sbarchi...

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30 marzo 2006
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