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Quando il governo è in difficoltà scatta la mossa sui clandestini...

Berlusconi e Maroni presentano il nuovo decreto legge contro gli immigrati clandestini

17 giugno 2011

Espulsione immediata per tutti i clandestini, tempo di permanenza nei Cie prolungato a 18 mesi. È quanto previsto dal decreto legge approvato giovedì dal Consiglio dei ministri, che ha anche dato il via libera ad un decreto legge su Lampedusa per la Protezione civile.
"Abbiamo approvato con Maroni un decreto in materia di immigrazione che ci consentirà le procedure di espulsione coattiva immediata per immigrati clandestini e per i comunitari che commettono violazioni". Questa l'affermazione di Silvio Berlusconi ieri in una conferenza stampa a palazzo Chigi al termine del Cdm. Inoltre, ha annunciato, "venerdì firmeremo un'intesa con la Libia per riportare gli immigrati che sono da noi. In questo modo faremo rimpatriare gli extracomunitari clandestini che sono in Italia".
Da parte sua, il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha ribadito che il Consiglio dei ministri ha approvato "nuovi criteri che ci consentono di ripristinare le procedure di esplusione coattiva immediata dei clandestini". E "con un decreto approvato oggi - ha rimarcato il titolare del Viminale - prolunghiamo il tempo di trattenimento nei Cie da 6 a 18 mesi, attraverso una procedura di garanzia che passa dal giudice di pace". Si trattava di un problema di "interpretazione e noi - nel pieno rispetto della direttiva - abbiamo fornito questa interpretazione", ha aggiunto il ministro. "Introduciamo per la prima volta - ha detto ancora Maroni - l'espulsione anche per i cittadini comunitari. Anche questa norma è coerente con la direttiva europea, la 38 del 2004, che prevede questa possibilità nel caso il cittadino comunitario non rispetti gli obblighi previsti dalla stessa direttiva".

Il Consiglio dei ministri ha approvato anche un decreto su Lampedusa, per la quale si varano, ha detto Berlusconi, misure compensative: sospensione dei pagamenti di tributi, contributi, mutui e leasing fino alla fine dell'anno. Oltre al piano di rilancio da 26 milioni di euro, e la richiesta ufficiale all'Europa di poter istituire a Lampedusa una zona franca come quelle di Campione d'Italia e Livigno. "Tutto quanto possibile per sostenere l'economia di Lampedusa sarà fatto", ha affermato Berlusconi. "Dopo aver incontrato ieri il sindaco di Lampedusa - ha spiegato ancora il premier - oggi in Cdm abbiamo approvato un decreto di protezione civile sull'isola. Tutti i punti su cui ci eravamo impegnati sono stati realizzati". Berlusconi ha condito l'annuncio con il "sequel" del famoso acquisto della villa sull'isola: "Il 28 giugno firmerò il rogito per la casa individuata a Lampedusa. E' stata sdemanializzata, la potrò così acquistare e io da quella data non potrò firmare ordinanze di Protezione civile per l'isola a causa di un conflitto d'interesse, ma sarò lampedusano anche io" (LEGGI).
Qualche dettaglio sul decreto per Lampedusa lo ha fornito invece il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestiagiacomo. "Sono previsti interventi pari a 26 milioni di euro, dalla materia dell'acqua, all'energia, fino al verde pubblico. Per Lampedusa abbiamo pensato a una zona franca come Campione o Livigno. Del tipo di quelle che l'Europa non consente: e sarà il presidente Berlusconi a portarla in Europa".

Soddisfazione della Lega sull'intesa con la Libia per gli immigrati. Se n'è fatto portovoce  il ministro della Semplificazione normativa, Roberto Calderoli: "Evviva, arrivano le prime risposte concrete ai problemi che abbiamo posto" ha affermato, sottolineando: "Guarderemo al futuro con maggiore serenità rispetto a questo grave problema". "Avevo chiesto al presidente del Consiglio di attivarsi personalmente con il governo provvisorio della Libia perché, a fronte del loro riconoscimento e delle garanzie economiche da loro richieste al nostro Paese, vi fosse da parte loro l'impegno al riaccoglimento dei loro profughi che sono arrivati o che arriveranno sulle nostre coste" ha aggiunto il ministro della Semplificazione. "A seguito della nostra richiesta il ministro degli Esteri Frattini firmerà un accordo in questo senso con i nuovi governanti libici, un accordo che prevede, tra l'altro, anche la realizzazione di un centro di accoglienza per i profughi direttamente a Bengasi".

Secondo le forze di opposizione, la mossa del governo è il dazio da pagare ai leghisti dopo le minacce, più o meno velate, degli ultimissimi giorni. "Si vede che manca poco a Pontida. Da un lato le espulsioni coatte e la permanenza nei Cie fino a 18 mesi, dall'altra il rogito della villa berlusconiana a Lampedusa. Ecco come il governo della destra affronta il dramma dell'immigrazione e la crisi umanitaria generata dai recenti eventi nei paesi nordafricani" ha detto Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato. "Non c'è che dire: continua il pericoloso populismo demagogico del governo. In nome del ricatto leghista, spunta l'assurda e grave, quanto inapplicabile e inattuabile, detenzione nei Cie di persone incensurate fino a 18 mesi e le altrettanto poco attuabili espulsioni immediate - prosegue la Finocchiaro -. Lampedusa ha bisogno di aiuto? Niente paura, Berlusconi compra casa lì. È chiaro che la lezione delle urne rimane inascoltata da parte di una maggioranza raccogliticcia e di un governo incompetente e all'ultima spiaggia".
Il leader di Sel Nichi Vendola, lasciando Palazzo Chigi dopo un incontro con il governo, ha così commentato: "Il decreto sull'espulsione immediata dei clandestini, con il prolungamento del tempo di trattenimento nei Cie da sei a 18 mesi, è un atto tanto volgare quanto disperato". In vista di Pontida, "alla Lega serve una vittoria simbolica, uno scalpo da esibire ai propri militanti".
Leoluca Orlando, portavoce dell'Italia dei Valori, in una nota ha affermato: "Ancora una volta il governo italiano, su un delicatissimo tema come quello delle emigrazioni che coinvolge in pieno rispetto dei diritti umani, manifesta disprezzo per i migranti e per la normativa europea. L'estensione a 18 mesi della permanenza nei Cie (...) dimostra il volto di un Paese che con i bombardamenti pretende di esportare la democrazia e con la reclusione in strutture destinate a evocare i lager, cancellando ogni volto di umanità e contraddicendo la tradizionale cultura dell'accoglienza del popolo italiano".

Critici anche il sindacato di Polizia Sap e la Cgil. "Portare a 18 mesi la permanenza nei Cie significa dover destinare ancora più uomini e mezzi per la sorveglianza, personale che viene sottratto al territorio. A Torino, tanto per essere chiari, mancano cento uomini tra questura, commissariati, reparto mobile e specialità. Rischiamo una situazione ingestibile" ha affermato Massimo Montebove, consigliere nazionale del Sap per il Piemonte.
"Ancora spot e ancora gli immigrati usati come capro espiatorio delle ansie di recupero del consenso perso da parte del governo e della Lega" hanno commentato . Con queste parole il segretario confederale della Cgil, Vera Lamonica, e il responsabile immigrazione del sindacato, Pietro Soldini. In realtà, sostengono i due sindacalisti, "la decisione del consiglio dei ministri non risolve alcun problema e anzi aumenterà il contenzioso con l'Europa, con la Corte di giustizia e con la magistratura poiché il decreto prende dalle direttive europee solo quei pezzi che inaspriscono senza ratificare integralmente l'impianto di garanzie che esse prevedono". Per Lamonica e Soldini "non solo aumentare fino a 18 mesi la permanenza nei Cie è una misura intollerabile, ma assumerla poi senza neanche porsi il problema del rispetto dei diritti umani in questi luoghi è scellerato. Peraltro - proseguono - non è attraverso le espulsioni coattive che si aumentano i rimpatri, ma semmai attraverso le procedure conciliative dei rimpatri assistiti e volontari, come accade in tutta Europa: non a caso l'Italia in realtà statisticamente fa meno rimpatri di tutti gli altri paesi europei".

"Le nuove decisioni del governo accentuano l'aspetto punitivo e carcerario" - In contrasto con ogni direttiva europea in materia di immigrazione, il governo ha ripristinato, tra l'altro, la procedura di espulsione coattiva immediata per tutti gli extracomunitari clandestini, prolungando inoltre il periodo di permanenza nei CIE (Centri di identificazione ed espulsione) fino a 18 mesi, accentuando ancor di più l'aspetto punitivo e carcerario del provvedimento.
"Mi sembra un effetto-annuncio che non cambia la situazione nella sostanza", ha commentato il direttore del Consiglio Italiano Rifugiati (Cir), Christopher Hein. Per quanto riguarda le espulsioni coattive dei cittadini comunitari che commettono violazioni, dice Hein "ci sono regole comunitarie su questo, e il rimpatrio è previsto solo in caso di reati di una certa gravità con condanna definitiva passata in giudicato. L'espulsione immediata non è nuova di per sé, è già possibile quando ci sono le condizioni di legge. Ma spesso non si può fare perché le persone non hanno il documento di viaggio. Dunque - ha aggiunto Hein - prima occorre che ci sia il riconoscimento dai rispettivi consolati".
Il direttore del Cir ha poi fatto alcune considerazioni sulla decisione di prolungare la permanenza nei Cie fino a 18 mesi. "Con il pacchetto sicurezza - ha detto - l'Italia aveva già aumentato questo periodo da due a sei mesi. E dalle statistiche dello stesso Viminale sappiamo che in pochissimi casi chi non può essere espulso in due mesi lo potrà in sei. Ora portarlo a 18 mesi è solo una punizione che non ha nulla a che vedere con una vera politica di rimpatri - ha affermato Hein - non cambia l'effettività dell'allontanamento della persona dal territorio. E' quindi solo un atto punitivo, viste le condizioni in cui versano questi centri". Hein ha anche sottolineato che la direttiva dell'Unione Europea sul ritorno - entrata in vigore dal 1° gennaio 2011 e che l'Italia avrebbe dovuto recepire entro 24 dicembre 2010, ma non è ancora legge nel nostro Paese - in casi estremi già ammette il trattenimento fino a 18 mesi, ma ci deve essere sempre una verifica che il prolungamento della permanenza nei centri dia un'effettiva possibilità di eseguire l'espulsione, non può in ogni caso essere una misura di detenzione o di punizione. "Anche la Germania prevede la permanenza fino a 18 mesi, ma sono pochissimi i casi effettivi".

Ma il Consiglio Italiano per i Rifugiati si è espresso anche rispetto al rischio che in Italia venga introdotta una politica indiscriminata di respingimenti verso un paese in guerra. "Le prospettive di realizzare un blocco navale dalla Libia per impedire la partenza dei profughi e di riportare i profughi da dove sono partiti, ovvero da un'area in guerra, è semplicemente inaccettabile" ha aggiunto ancora Christopher Hein. "Si violano le più essenziali leggi internazionali e nazionali che si basano tutte su un unico fondamentale principio: non possono essere respinte persone verso aree in cui la loro vita è messa in pericolo". Il Cir ricorda inoltre che in nessun modo possono essere realizzati respingimenti di massa. "Deve sempre essere verificata la condizione individuale delle persone e data la protezione a quanti chiedono asilo. Dobbiamo ricordare che molte delle persone arrivate in questi mesi dalla Libia sono rifugiati che fuggono dalle persecuzioni e dalle violenze dell'Eritrea, Etiopia, Somalia, Costa d'Avorio". Il Cir chiede dunque che non vengano introdotte in alcun modo misure di respingimenti di massa, che vengano rispettate scrupolosamente le norme vigenti e realizzate operazioni efficaci e tempestive di soccorso in mare.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Corriere.it, Repubblica.it]

 

 

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17 giugno 2011
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