Quando il troppo storpia... Arrestati due ''esattori del pizzo'' grazie alla collaborazione delle vittime
Ci sono persone che quando il troppo storpia, nemmeno la minaccia mafiosa riesce a calpestargli la dignità. Come quella dei quattro imprenditori palermitani che esasperati dalle continue angherie di due estortori legati alla mafia hanno deciso di incastrarli e farli arrestare.
I due presunti strozzini di Vicari (PA) sono stati infatti arrestati grazie alle intercettazioni telefoniche e alle registrazioni degli incontri fatte con una cimice nascosta nell'orologio di una della vittime.
In carcere, accusati di quattro episodi di estorsione (uno portato a termine, tre tentati) con l'aggravante dell'agevolazione dell'associazione mafiosa, sono finiti Salvatore La Monica, 35 anni, disoccupato che saltuariamente lavora nell'azienda agricola del padre, e Salvatore Macaluso, 43 anni, titolare di un panificio di Vicari. Inchiodati dalle loro stesse minacce, registrate dai carabinieri della compagnia di Lercara Friddi (Palermo), che ora stanno portando a termine l'operazione ''San Giorgio''. Secondo le indagini, uno dei boss a cui La Monica e Macaluso erano legati sarebbe un ''vicarisi'', abitante di Vicari, che le forze dell'ordine identificano con Salvatore Umina.
Il pizzo che i due delinquenti pretendevano non era particolarmente esoso (si andava da 600 a 5mila euro) ma le frequenti richieste erano accompagnate da minacce e allusioni: dai mezzi sorrisi fatti alla moglie di uno degli imprenditori a frasi come ''Qualcuno vuole farti del male, ma per tua fortuna ci sono qua io...''. I soldi sarebbero serviti a pagare avvocati per esponenti della malavita, in cambio di una ''protezione'' per le attività degli imprenditori.
Dall'orologio-cimice messo al polso di uno degli imprenditori, in grado di registrare otto ore di conversazione, viene fuori un ritratto vivido e inquietante dei modi di fare degli ''esattori''.
La Monica: ''Ma dico, seicento euro niente sono, glieli mandi e ti togli il pensiero, buttana della miseria. E fai andare bene a me (mi fai fare bella figura, ndr)... Ma che minchia sono seicento euro? Sta minchia''. La vittima prova a obiettare, dicendo di non avere quella somma. La Monica torna allora all'attacco, e parte con i consigli: ''Ascoltami come un fratello: prendi ste minchie di seicento euro e glieli mandi. Non cugghiuniari (scherzare, ndr)... Sto scherzo manco lo devi permettere tu, minchia ora quelli sono capaci che pure a me, capisci? Che minchia credi, che sono persone con le quali puoi parlare come stiamo facendo noi?''.
Anche parlando tra di loro i due presunti esattori non andavano leggeri. Nelle conversazioni telefoniche intercettate, si può ascoltare un riassunto della filosofia del pizzo dei due.
Macaluso consiglia: ''Stringigli forte la cinghia, Totò!'', e La Monica risponde: ''Eehh la cinghia... e se poi la giumenta si affoga?''. Ma Macaluso lo rassicura: ''Non si affoga la giumenta non ti scantare, stringigli la cinghia forte, cu pede bello stretto. Appuntinaci ù pede e ci fai ù nurco, ù capisti?'' (punta il piede e gli fai il nodo, hai capito?, ndr). Per non ''strozzare la giumenta'', infatti, i due accettavano anche pagamenti a rate.