Quando la disperazione sbarca in un angolo di paradiso
Ketty Areddia racconta al Corriere.it lo sbarco dei clandestini a Kamarina (RG)
LO SBARCO DEI CLANDESTINI A KAMARINA
Il racconto in diretta di Ketty Areddia (Corriere.it, 07 settembre 2008)
Settembre a Scoglitti è la pace dei sensi. Il mare è un manto di velluto e il sole ancora forte e caldo. I forzati d'agosto tornano in città e il villaggio di pescatori riprende ritmi lenti. Il periodo migliore per godersi la Sicilia. Appuntamento con gli amici alle nove di mattina, sotto casa, si va a pesca con le reti. Ma il paese si ferma a un tratto: le sirene che attraversano la costa fino alla spiaggia di Kamarina sono troppe: due, quattro, otto, dieci. La gente comincia uscire per strada e a chiedersi che mai sarà successo. «Uno sbarco di africani, la spiaggia è piena così», mi avverte Tonino, che non si sa perché, sa sempre tutto di Scoglitti.
In 190 sulla "spiaggia dei ragazzi" - Arrivo alla foce dell'Ippari, dove mi portano le sirene, il tratto prima del promontorio di Kamarina, è sbarrato. Sullo sfondo intravedo una massa nera, mi avvicino e sono tantissimi accovacciati sulla riva, duecento, mi dicono gli agenti di polizia. A Scoglitti, così tanti, sporchi stanchi e infreddoliti non se n'erano mai visti. Il lido di Kamarina è la spiaggia dei ragazzi, dei campetti di beach-volley e dell'aperitivo al tramonto, allo chalet «Le Dune», che spara musica a tutte le ore. Si sta qui, dalle 9 a notte fonda e c'è sempre qualcuno al bancone, con cui scambiare quattro chiacchiere. Ma oggi, allo chalet e in tutta la provincia di Ragusa, non si parlerà della fine delle vacanze o della coppia dell’estate. La notizia del giorno sarà lo sbarco dei clandestini, sotto gli occhi increduli di tutto il paese.
Dall'Africa in tre giorni - L'Africa è davvero vicina! Ammassati su un piccolo peschereccio sono sbarcati alle cinque di stamattina. Qui dove ai tempi della Magna Grecia sorgeva il porto di Kamarina e dove le navi fenicie naufragavano durante le Guerre Puniche, oggi è arrivato il barcone della speranza carico di uomini stipati come bestie, con quattro donne in gravidanza. Ha puntato dritto dall'Africa (probabilmente dalla Libia, a 250 miglia, ipotizza la Guardia di Finanza di Pozzallo) e ci ha messo tre giorni per avvistare la terraferma. Il clima torrido (38 gradi durante il giorno) e il mare piatto, questa volta, hanno graziato gli immigrati. «Solo» tre di loro stavano per annegare e sono stati portati nel più vicino ospedale di Vittoria.
Routine - Gli sbarchi di immigrati sono oramai all'ordine del giorno dalla costa di Ragusa fino alla punta più a sud, a Capo Passero, 180 chilometri di spiagge comode per sbarcare, con mare profondo fino a pochi metri dalla spiaggia e sabbia fine sotto. Ieri a Punta Braccetto, ne sono arrivati 15 e il giorno prima 6. L'ultimo barcone di Kamarina è stato avvistato alle quattro di mattina. Una telefonata anonima ha mosso polizia, guardia di finanza e protezione civile. Li hanno trovati che nuotavano a 10 metri dalla riva. Per quattro ore, dalle cinque alle nove e mezza, sono rimasti piegati per terra: donne con donne e uomini con uomini, per la conta. Acqua, coperte e una pacca sulle spalle è tutto quello che hanno potuto offrire gli addetti ai lavori, non ancora abituati allo strazio di questi uomini buttati in mare senza pietà.
Centro di accoglienza - Tre bus turistici hanno accolto uomini e donne. Prima di salire e prendere posto hanno pulito le scarpe dalla sabbia, mantenendo una rigorosa fila, per la riconta. Destinazione: Pozzallo (80 chilometri da Kamarina,) dove verranno identificati e ascoltati, per la ricostruzione del viaggio. Due di loro sono stati presi mentre fuggivano e identificati come possibili scafisti. Gli altri non sanno che fine faranno. Anche perché il centro di accoglienza di Pozzallo è saturo: sono già in 200 gli africani sbarcati in questi giorni, ad aspettare l’ultimo approdo. Il vicesindaco di Vittoria, Giovanni Caruano, ha messo a disposizione un capannone e dei materassini per farli dormire. L'ultima parola spetta alla Prefettura di Ragusa. Ma le bocche davanti a questo supplizio senza fine, rimangono ancora spalancate.
[Foto di Ketty Areddia]