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Quant'è difficile chiamarsi Ciancimino...

Massimo Ciancimino presenta il libro su suo padre e sua sorella lo attacca: "mi dissocio da ciò che dice nel libro"

22 aprile 2010

"La figura di padre che emerge dal libro di mio fratello Massimo non corrisponde a quello che era mio padre. E parlo della figura umana, di padre e non di politico. Mi dispiace che mio padre venga raccontato così da mio fratello".
A parlare è Luciana Ciancimino, che irrompe con le sue dichiarazioni, a sorpresa, durante la presentazione del libro "Don Vito", scritto dal fratello Massimo Ciancimino e dal giornalista Francesco La Licata, che si è tenuta ieri al palazzo Steri, sede del Rettorato di Palermo.
Il colpo di scena è arrivato quasi al termine dell'incontro, quando la sorella di Massimo Ciancimino, seduta in disparte accanto ad un'amica, ha detto più volte ad alta voce: "mi dissocio da quello che dite". A quel punto, spinta dal moderatore Franco Nicastro, presidente dell'Ordine dei giornalisti, a dire la sua, Luciana Ciancimino è diventata un fiume in piena: "dovrei scriverlo io un libro su mio padre, ma non è semplice, perché mio padre non era un uomo semplice, anzi, era molto complicato. E ci vorrebbe un grande sforzo emotivo. Con lui ho avuto un rapporto di intimità e di amore profondo, quotidiano, molto più di quello che aveva con mio fratello Massimo. Con me era se stesso".

L'editorialista de 'La Stampa' Marcello Sorgi le ha quindi chiesto un commento sugli incontri che suo padre aveva, all'epoca di quand'era sindaco di Palermo, con i mafiosi e anche con Bernardo Provenzano, chiamato nel libro 'signor Lo Verde'. "Questo signor Lo Verde non l'ho mai visto in vita mia - ha risposto Luciana Ciancimino - mio padre l'ho visto sempre raccontato da altri". Ed ha aggiunto: "è stata una tragedia sapere che mio padre frequentava mafiosi. Quale figlio non vivrebbe una tragedia interiore a trovarsi in una situazione del genere?". E, commentando l'invito rivolto tempo fa dal giudice Ilda Boccassini alla figlia di Totò Riina di dissociarsi dal padre, Luciana Ciancimino ha detto: "comprendo il dramma di questa ragazza che pur amando quel tipo di padre dice 'come faccio a dissociarmi?'". "Il dramma personale che riguarda un figlio è quello di convivere con due realtà e le implicazioni sono devastanti. Mi chiedo poi come è stato possibile che mio padre è stato l'unico politico a farsi 8 anni di carcere? Dove sono finiti tutti gli altri politici che erano con lui?".
Poi ha attaccato l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino che, nell'ambito della trattativa, ha sempre smentito di avere incontrato Paolo Borsellino: "forse crediamo tutti che Mancino davvero non ha riconosciuto Paolo Borsellino quando lo ha incontrato al ministero? E' una fesseria. E potrei fare esempi a bizzeffe. Non era lui il deus ex machina, non era l'unico connivente con la mafia".
Lapidario il commento di Massimo Ciancimino: "L'amore è cieco".

Prima dell'"irruzione" verbale della sorella, Massimo Ciancimino aveva ripetuto alla platea i dubbi che ha sempre nutrito sul fatto che suo padre sia morto naturalmente. "Mio padre non è morto di morte naturale. Dietro al suo decesso c'é qualcosa di strano e non sono solo mie deduzioni". Il politico Dc morì nella sua casa di Roma il 19 novembre del 2002. Il figlio dubita che il decesso sia stato determinato da cause naturali come si è sempre detto. "In quel periodo - ha aggiunto - c'era qualcosa di strano. Io ho scritto questo libro proprio perché ho voluto raccontare i suoi due ultimi anni e perché ho voluto lasciare a mio figlio una testimonianza utile anche per la sua vita". "Ancora oggi subisco la presenza ingombrante di mio padre, così come accadeva in passato. Il rapporto tra me e mio padre - ha detto ancora - era un rapporto a senso unico. Io ero il figlio ribelle, l'elemento che poteva essere sottratto allo studio ero proprio io e non i miei fratelli, ero io quello più 'utile' per preservare i miei fratelli più studiosi di me. Io racconto nel libro 'Don Vito' quello che ho conosciuto. Un sistema che ha condizionato tutta la mia vita e anche oggi ne subisco un condizionamento. La vita di Vito Ciancimino era molto ingombrante".

Il libro di Ciancimino crea imbarazzo a Palermo -
"Il libro di Massimo Ciancimino crea imbarazzo a Palermo". Lo ha detto il regista Roberto Andò intervenendo ieri sera alla presentazione del libro di Massimo Ciancimino. "Questo libro - ha detto il regista - crea in un ambiente di comunanza perversa qual è Palermo il giusto imbarazzo. Il libro è il tentativo di un uomo di appartenersi per uscire da una storia eccezionale e ritrovarsi in quello che è. Per me questo libro è come un diario che si sarebbe potuto intitolare 'Era mio padre'. A modo suo Vito Ciancimino è stato un padre vero, nell'ingombrare la vita dei figli". "Massimo Ciancimino sente di appartenere al padre - ha proseguito Andò - ma nelle sue parole c'e' anche risentimento per l'affetto e i sentimenti che gli sono stati negati dal padre. Il libro fa emergere la terribile connivenza che c'era tra lo Stato e la mafia, per anni la mafia non era un nemico da abbattere ma quasi un 'socio' in affari".
Secondo Marcello Sorgi "Vito Ciancimino attraverso il figlio Massimo, ci racconta una città che era come una giungla. Attorno a lui danzava tutta Palermo. Ed è impensabile che fosse l'unico politico coinvolto con la mafia. Se Sciascia oggi fosse vivo avrebbe scritto un libro a favore di Vito Ciancimino per dire che non erano l'unico colluso con la mafia". Sulla 'trattativa' tra Stato e mafia, Marcello Sorgi ha aggiunto: "probabilmente la trattativa c'è stata ma se non è arrivata fino in fondo è perché cadde in un momento in cui la confusione era massima", cioè dopo le stragi del '92. "Insomma, quello che c'e' nel libro gia' si sapeva. E' inutile nascondere la realta', che e' sempre la stessa...", ha concluso Sorgi.

Questa mattina Ciancimino jr, intervistato da Corradino Mineo a Rainews 24 ha infine detto: "Palermo è una città che ti accoglie e ti sta vicino se vieni condannato, mentre ti allontana se inizi a parlare e a raccontare quello che altri 'dimenticano' o che ricordano solo dopo vent'anni". "Nel momento in cui ho deciso di scrivere il libro - ha proseguito - ho avuto il dissenso di tutta la mia famiglia d'origine. Anche mia sorella ieri si è dissociata ufficialmente da me, prendendo le distanze da quello che ho scritto nel libro. Il problema vero è che a Palermo è un'anomalia chi parla, mentre è considerato 'normale' quello che sta zitto".

[Informazioni tratte Adnkronos/Ing, Ansa]

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22 aprile 2010
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