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Quanta apprensione per la salute dello ''Ziu Binnu''. Poi i picciotti gli fecero la ''festa di ben tornato''

09 marzo 2006

I fedelissimi di Bernardo Provenzano erano preoccupati per le condizioni di salute del boss latitante e per i rischi che comportava il viaggio verso la clinica di Marsiglia in cui doveva essere operato. Per questo, quando seppero che tutto era andato bene, festeggiarono il suo ritorno con un vero e proprio comitato di accoglienza. Con tanto di ''picciotto'' addetto alla consegna dei regali.

I particolari della festa di ''ben tornato'' preparata per il padrino di Corleone, costretto ad andare oltralpe per un intervento chirurgico, sono emersi dall'inchiesta coordinata dalla Dda di Palermo che l'altro ieri ha portato all'arresto di 18 persone, accusate a vario titolo di mafia, estorsione e corruzione (leggi).

Ad aspettare Provenzano c'erano, Gioacchino Badagliacca, parente dei Mandalà, boss di Villabate, e di esponenti di spicco della famiglia palermitana di corso Calatafimi, Giampiero Pitarresi, autista di Nicola Mandalà ed Ignazio Fontana, presunto affiliato alla cosca. L'indagine ha permesso di ricostruire anche le fasi che precedettero la trasferta francese del superlatitante: quelle relative cioè alla predisposizione del falso documento di identità intestato a Gaspare Troia rilasciato al capomafia grazie all'intervento dell'ex presidente del consiglio comunale di Villabate Francesco Campanella, ora pentito.
In dettaglio, nella misura cautelare emessa dal gip Pasqua Seminara a carico dei 18 arrestati, vengono riportate le tappe dei due viaggi francesi di Provenzano: il 2 luglio del 2003 il padrino viene visitato alla clinica La Licorne, a La Ciotat, dove resta ricoverato per accertamenti dal 7 all'11 luglio. Il 22 ottobre Provenzano torna in Francia nella casa di cura Casamance a Marsiglia dove il 23 viene operato. Il 4 novembre le dimissioni; il 7 il controllo radiologico. Il 22 novembre il capomafia fa ritorno in Italia: trascorre la notte al Jolly Hotel, a Palermo. A prenotargli la stanza è Nicola Mandalà.

L'inchiesta riporta particolari sull'aiuto fornito a Provenzano, durante la sua permanenza in Francia, da Salvatore Troia, figlio di Gaspare, il cui nome viene usato nella carta di identità del capomafia. Troia ha vissuto per anni in Francia ed ha sposato una cittadina francese di origini italiane: Madeleine Orlando, la quale ha confermato agli investigatori di ''avere seguito l'iter medico di una persona anziana presentatale dal marito come un familiare proveniente dalla Sicilia e di avere svolto per lui, in varie occasioni, il ruolo di interprete''.

E sempre da ciò che è scaturito dalla stessa inchiesta, coordinata dai pm Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino, Maurizio de Lucia e Nino Di Matteo, il gip Seminara ha ordinato ieri mattina il sequestro del bar ristorante Bristol, in via Emerico Amari a Palermo.
Il Bristol è un grandissimo locale, ristrutturato recentemente, che si trova davanti il porto. Secondo il pentito Francesco Campanella il bar Bristol sarebbe stato acquistato e ristrutturato da alcune persone vicine ai mafiosi di Villabate, con somme di provenienza illecita, in particolare dal traffico di cocaina proveniente dal Sudamerica.
Il Bristol era un ritrovo storico per la città: frequentato per anni dai viaggiatori che si dovevano imbarcare su traghetti ed aliscafi, impiegati di banca e della Camera di commercio, giornalisti, che andavano a prendere un caffè o uno spuntino nella tavola calda. Il nuovo locale, aperto da un paio d'anni e ristrutturato completamente con materiali e arredi di lusso, è costato centinaia di migliaia di euro e dà lavoro ad almeno 20 persone.

Il presunto mafioso Nicola Mandalà, si legge nell'ordinanza di custodia cautelare che riguarda gli arresti dell'altro ieri, andava spesso nel bar, soprattutto da quando il marito della titolare, Francesco Colletti, anch'esso arrestato nell'operazione dell'altro ieri, ma già agli arresti domiciliari per spaccio di droga e suo fedelissimo, aveva ricevuto la autorizzazione dal tribunale ed era tornato nel Bristol per lavorare.
Secondo gli inquirenti, la pasticceria sarebbe stata in realtà proprio di Colletti: la moglie non sarebbe che una prestanome. L'attività commerciale, secondo il gip, ''costituirebbe frutto del profitto dell'attività mafiosa dello stesso''. La circostanza viene confermata anche dal pentito Francesco Campanella. ''Colletti non era uno raccomandabile - ha detto agli inquirenti Campanella -. Era referente per gli stupefacenti ed era uomo di fiducia di Antonino Mandalà e prima del 2000 piazzava slot machines truccate che rendevano bene in una serie di locali di Villabate''.

Fonte: La Sicilia

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09 marzo 2006
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