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Quasi mezzo secolo di segreti

Nell'ultimo covo di Bernardo Provenzano si continuano a cercare i segreti che hanno retto la mafia degli ultimi quarant'anni

19 aprile 2006

La caduta del boss dei boss non sarà la fine della mafia ma sicuramente rappresenta un grande punto di svolta che potrà riuscire a fermare parte di quei vasi comunicanti che negli ultimi decenni sono intercorsi tra il mondo della politica e degli affari e il bacino paludoso degli interessi della criminalità organizzata. La cattura di Bernardo Provenzano deve essere vista come un punto di inizio e non come un punto d'arrivo. Dall'organizzazione della sua ''politica'' adesso bisogna scoprire quali sono i rami malati cresciuti nella società civile, reciderli e aspettare una prossima fioritura della legalità e della giustizia.
E' per questo che nell'ultimo covo di Provenzano, come nelle centinaia di ''pizzini'' trovati all'interno di esso, gli investigatori continuano a cercare incessantemente, ricerche che i tecnici dell'Ert, il gruppo Esperti ricerca tracce della quarta divisione di polizia scientifica della Direzione centrale anticrimine, condurranno per tutta la settimana.

Dopo la scoperta sabato scorso di due pistole nascoste sotto alcune pietre, a poca distanza dal casolare, gli esperti della scientifica continuano a setacciare palmo a palmo con il metal detector la zona di contrada Montagna dei cavalli. I tecnici dell'Ert stanno utilizzando per il loro lavoro anche sofisticate apparecchiature come una ''termocamera'' in grado di riscontrare differenze di temperature nel sottosuolo, segnalando la presenza di cavità e cunicoli dove possono essere stati nascosti documenti e altro materiale utile per le indagini.
Accertamenti di questo tipo sono già stati effettuati nel casolare dove dormiva il boss; adesso sarà la volta della stalla attigua, dove lavorava Giovanni Marino, il pastore arrestato insieme con il capo di Cosa Nostra. I biologi dell'Ert hanno infine repertato numerose tracce in grado di risalire al Dna delle persone che hanno frequentato il casolare prima del blitz dell'11 aprile.

Ieri il procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e i sostituti Michele Prestipino e Marzia Sabella, hanno analizzato per ore gli elementi fin qui raccolti nel covo del latitante, e fatto il punto sulla prima lettura degli oltre cento pizzini recuperati nel casolare. Un momento operativo per tirare le somme del lavoro fin qui svolto e definire l'indagine che si concentra soprattutto sui messaggi scritti a macchina con i quali il boss impartiva gli ordini ai suoi uomini. E proprio dai pizzini i magistrati pensano di poter ricostruire la rete di complicità che ha permesso a Provenzano di vivere per 43 anni da latitante. Alla conclusione del lungo vertice, i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo hanno fissato il primo interrogatorio a Provenzano fra oggi e domani.
Infine i magistrati hanno accolto l'unica richiesta fatta fino ad ora da Provenzano. Al vecchio boss è stata infatti data una bibbia, ma non quella vecchia e piena di appunti, l'unica usata sempre dal capo di Cosa Nostra. 

Intanto, con l'arresto di uno dei ''postini'' che recapitava i pacchi a Provenzano e che aveva accesso al covo nelle campagne di Corleone, si può iniziare ad avere una misura di massima di quanto si siano radicate in fondo le metastasi mafiose all'interno di quegli apparati che dovrebbero essere espressione della società che vive entro i confini della legalità.
Si è scoperto infatti che Bernardo Riina, vecchio amico del capo dei capi di Cosa Nostra, nonché fra i pochi che aveva libero accesso all'ultimo covo, era anche il vicepresidente di una storica cooperativa antimafia di Corleone, ''L'Unione agricola'', fondata cento anni fa dall'allora sindaco Bernardino Verro e ormai da anni ridotta a una sorta di circolo di agricoltori.
L'ex amministrazione comunale di Corleone guidata da Pippo Cipriani, nel 2001 avrebbe voluto rilevare l'antica cooperativa insieme all'archivio, ma ciò venne impedito. ''L'attività della coop - ha spiegato l'ex sindaco Cipriani all'Ansa - è inesistente e per questo stava per essere liquidata. A noi interessava recuperare l'immobile semidiroccato e l'archivio. L'accordo con i vecchi vertici della cooperativa sembrava già fatto, quando fu eletta una nuova dirigenza e tutto si bloccò. Non c'era nulla di economicamente valido da gestire - ha aggiunto Cipriani - l'interesse sta nella memoria di quel luogo, che ospitò tante assemblee contadine. Il nostro progetto era tutto concentrato a questo fine: l'esercizio della memoria. Proprio quello che la mafia vuole impedire''.

E la memoria di tutta la lunga, lunghissima vicenda dietro la latitanza e la cattura di Bernardo Provenzano verrà invece conservata nelle pagine della sua biografia, che uscirà oggi nelle librerie, ''Bernardo Provenzano, il ragioniere di Cosa nostra'', scritta dai giornalisti Salvo Palazzolo e Ernesto Oliva, ed edita da Rubbettino.
Vista la recente cattura del boss si potrebbe pensare ad un istant book, ma non si tratta assolutamente di una biografia ''espressa'' confezionata ad hoc nella sicurezza di strepitose vendite. Bisogna dire, invece, che l'improvvisa notizia della cattura di Provenzano ha completato il progetto di ricerca dei due autori iniziato nel 1999 (anche col sito Internet www.bernardoprovenzano.net), che  adesso si sono messi a lavorare sugli aspetti più misteriosi della latitanza di Provenzano: quelli che riguardano le protezioni eccellenti e i segreti che il padrino conserva in carcere.

La biografia del capo di Cosa nostra ripercorre la scalata al potere di un uomo che all'inizio era solo un killer, e alla fine del racconto è il depositario dei misteri che avvolgono i mandanti occulti delle stragi Falcone e Borsellino. Oliva e Palazzolo hanno analizzato tutte le inchieste giudiziarie che lo riguardano. Così è emerso il ritratto di un mafioso che è soprattutto il ''ragioniere'' e il ''professore'' della politica piuttosto che il ''tratturi'' come lo chiamavano un tempo a Corleone.
''La lotta alla mafia non potrà dirsi finita sino a quando non verranno scoperti i segreti di Provenzano'', dice Salvo Palazzolo. E sfogliando l'ultimo capitolo del libro, emergono tutte le presenze inquietanti del padrino: nei retroscena delle stragi Dalla Chiesa, Chinnici, Falcone e Borsellino; nelle zone d'ombra dei casi Andreotti e Dell'Utri; nei rapporti con la massoneria.
''Negli archivi del palazzo di giustizia - hanno spiegato gli autori - abbiamo scoperto un verbale del pentito Rosario Spatola, che accusa Provenzano di avere sciolto la loggia segreta dei Trecento, dopo la morte di Stefano Bontade, capomafia e gran maestro. Ma quale autorità aveva Provenzano per sciogliere una loggia di cui facevano parte anche gli esponenti pi in vista della Palermo del 1980?''. Questo è solo uno dei tanti interrogativi posti dal libro.
Uno dei capitoli più suggestivi della biografia è di certo l'ultimo che parla delle ''sette talpe'' dentro i palazzi delle istituzioni che hanno protetto la latitanza Provenzano. Il più suggestivo anche perché impegna adesso anche i magistrati di Palermo. L'ultima volta che il boss è sfuggito alla cattura è stato nella primavera del 2004, a Villabate. L'appuntamento che Provenzano aveva con i suoi favoreggiatori fu all'improvviso rinviato. Il racconto di questa e di altre mancate catture è lo spunto per gli autori per affrontare il tema della nuova Cosa Nostra, quella riformata da Provenzano dopo le stragi del 1992.

Nel sito Internet www.bernardoprovenzano.net è possibile consultare molti degli atti giudiziari che sono stati utilizzati dagli autori per la loro lunga e interessante ricerca.

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19 aprile 2006
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