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Quasi una nuova guerra di mafia

Dai ''pizzini'' di Provenzano e dalle intercettazioni ambientali un blitz che ha portato in carcere boss vecchi e nuovi

23 giugno 2007

Operazione antimafia a Palermo. I carabinieri Compagnia di Termini Imerese hanno eseguito questa mattina nove arresti. In carcere sono finiti, tra gli altri, il boss di Prizzi Tommaso Cannella, 67 anni, ritenuto 'fedelissimo' del capomafia Bernardo Provenzano. Colpiti anche i vertici delle cosche mafiose di Trabia, Caccamo e Termini Imerese, nel palermitano. Gli investigatori hanno spiegato che i provvedimenti, emessi dai pm della Dda di Palermo Michele Prestipino e Lia Sava e dal procuratore aggiunto Sergio Lari, si sono resi necessari per impedire che scoppiasse una sanguinosa guerra tra clan.
Oltre a Cannella, in manette sono finiti Giuseppe Bisesi, 31 anni, alla guida della cosca di Termini Imerese, Vincenzo Salpietro, 64 anni, ritenuto boss mafioso di Trabia, e Giuseppe Libreri, 59 anni, ritenuto boss della famiglia mafiosa di Caccamo. I tre, che avevano già scontato diverse condanne definitive per mafia, usciti dal carcere sarebbero tornati a occuparsi di estorsioni. Cannella, zio del deputato regionale di Forza Italia Giovanni Mercadante (anche lui in carcere da con l'accusa di mafia), era libero dopo aver finito di scontare la pena: secondo i pm Prestipino e Sava avrebbe avuto il ruolo di supervisore dei rapporti mafiosi nell'ambito della provincia, al cui interno avrebbe avuto funzioni direttive.
In carcere sono finiti anche Liborio Pirrone, 60 anni; Fabrizio Iannolino, 39 anni; Francesco Paolo Balistreri, 42 anni; Biagio Sumadele Esposto, 29 anni ed Emanuele Cecala, 30 anni.

A fare scattare il blitz, che ha impegnato oltre quattrocento militari, ha contribuito la decodificazione dei ''pizzini'' trovati nel casolare delle campagne corleonesi dove è stato arrestato Provenzano, ma anche intercettazioni ambientali e telefoniche. Sarebbero state proprio le intercettazioni a evitare la commissione di omicidi di almeno tre persone, ''ritenuti necessari - come sottolinea il capitano dei carabinieri Giovanni Pellegrino - per avere credibilità nei confronti di Cosa Nostra, ma anche degli imprenditori da loro vessati''.
''La testa ci si deve scippare (strappare, ndr). Così, dice, diamo il segnale per tutti! E' la soluzione giusta! Ci sono questi scappati di casa e gli si deve rompere le corna, punto e basta!''. Queste alcune frasi delle conversazione tra i boss di Termini Imerese e Caccamo, Giuseppe Bisesi e Giuseppe Libreri, intercettati dai carabinieri, da cui si intuisce la decisione della cosca di eliminare i pregiudicati ''colpevoli'' di avere messo a segno una serie di furti senza l'autorizzazione della mafia. In particolare i due capimafia sono infastiditi dal fatto che tra le vittime dei furti ci sono anche imprese come la Tecnoedil, azienda che avrebbe pagato il pizzo alla 'famiglia' di Termini. Un geometra dell'azienda si sarebbe lamentato con i boss della ''mancanza di sicurezza'' nei cantieri e ciò avrebbe suscitato la reazione dei boss.
Il progetto di morte della cosca che aveva una vera e propria ''lista nera'' di persone che nei dialoghi vengono definiti 'cani sciolti', ha indotto gli investigatori ad accelerare i tempi di un'indagine che durava da anni e a disporre i fermi.
Dalle intercettazioni si evince anche che i mafiosi non sono contenti degli effetti dell'indulto: ''Il problema dei 'ladri' c'è stato sempre, non solo qua, in tutte le parti. Ora con quest'indulto che hanno dato... siamo rovinati. A Palermo c'è una situazione: farmacie, supermercati che non dormono tranquilli. Ma che fa scherziamo! E' andata a finire a 'bordello'", commentano Libreri e Bisesi.

Da altre indagini è emerso invece che Bernardo Provenzano, così come era stato intuito dagli analisti del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato (leggi), avrebbe utilizzato alcuni passi del Nuovo e Vecchio Testamento per indicare alcuni dei suoi interlocutori con i ''pizzini''. In particolare, in uno dei ''pizzini'' rinvenuti a Montagna dei Cavalli, si leggeva, con tanto di errori grammaticali: ''Benedica il Signore e ti proteggi. Il Signore faccia risplendere su di... E ti conceda la sua...''. Dopo questa apparente invocazione religiosa, quelle che sembrano sigle per indicare gli autori del Vecchio e del Nuovo Testamento ma che secondo gli investigatori ci sarebbero dei nomi di boss. P.bd 65 è Pietro Badagliacca. .N 25 è Nino Rotolo, NN 164 è Nino Cinà, Aless parente 121 è Matteo Messina Denaro, 30 gr, e pic. sono Salvatore Lo Piccolo e il figlio Sandro, entrambi latitanti come Messina Denaro. Tra loro compare anche uno degli arrestati oggi, ovvero ''Gius 76'', che dovrebbe essere Giuseppe Bisesi.

Un'operazione importante, dunque, all'indomani dell'allarmato commento su di una possibile abolizione dell'ergastolo fatto dal Procuratore Nazionale Antimafia, Piero Grasso, presente a Palermo per presentare i dati della ricerca sull'economia illegale curata dalla Fondazione Rocco Chinnici. ''Una guerra di mafia di proporzioni immani può avvenire se, ad esempio, si cominciano ad indebolire quelli che sono punti fermi della legislazione antimafia e si comincia a parlare di abolizione dell'ergastolo''. ''Se qualcuno di quelli che abbiamo all'ergastolo dovesse tornare - ha aggiunto - cioè con alcuni corleonesi di nuovo in campo, certamente la situazione potrebbe cambiare''. ''Anche la tanto ventilata revisione dei processi - ha aggiunto Grasso - per riportare il cosiddetto giusto processo ai tempi in cui si sono fatti i primi dibattimenti contro le cosche mafiose per le stragi, potrebbe essere uno spauracchio che dà effetti negativi''.
Sull'assassinio del boss di 'Porta Nuova' Nicolò Ingarao avvenuto la scorsa settimana a Palermo, e per il quale si è parlato di possibile riapertura di una guerra di mafia, Grasso ha detto che secondo lui non si tratta del temuto inizio di una guerra di successione: ''Penso che, dai dati che abbiamo, si tratta di situazioni di assestamento piuttosto che di prodromi di una guerra di mafia''. Ma i pericoli incombono. E i rischi sono concreti.
''Non voglio fare pubblicità progresso ma voglio dire che noi ci siamo. Penso che ci sia qualcuno attualmente latitante che corre dei pericoli, lo Stato naturalmente offre possibilità a chi corre rischi come quello della vita'', ha aggiunto Grasso. ''Non è un invito a collaborare - ha aggiunto - non ne ho mai fatti, però, sono stato sempre disponibile quando c'è stata anche la minima volontà di collaborazione''.

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23 giugno 2007
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