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Quegli stranieri che non sono più estranei

Un Paese sempre più multiculturale: immigrati d'Italia tra lavoro e scuola

20 maggio 2009

L'immigrazione in Italia dagli anni '90 è più che decuplicata, nonostante la normativa tesa a regolamentarla e il basso livello di sviluppo, che dovrebbe renderci meno attraenti come destinazione. Come mai? Quali ragioni hanno determinato l'arrivo di così tanti immigrati stranieri sul nostro territorio?
A questa tematica di estrema attualità è dedicato l'incontro di presentazione del rapporto che l'Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali (Irpps) del Cnr ha preparato nell'ambito del Progetto Europeo "Mediterranean and Eastern European countries as new immigration destinations in the European Union" (IDEA). L'incontro si terrà a Roma domani, giovedì 21 maggio, presso l'Aula Marconi del Cnr.

"Nel 1991 si contavano sul suolo italiano 356 mila residenti stranieri, pari allo 0,6% della popolazione totale" spiega Corrado Bonifazi, dirigente di ricerca del Cnr presso l'Irpps. "Oggi, nel 2009, gli stranieri sono stimati in circa 3,9 milioni, pari al 6,5% della popolazione. La crescita è analoga a quella registrata in Germania negli anni cinquanta e sessanta, gli anni, per intenderci, in cui sei milioni di nostri connazionali emigrarono all'estero. Tra la Germania del dopoguerra e l'Italia degli anni 2000 ci sono tuttavia delle profonde diversità. L'economia tedesca del dopoguerra aveva un tasso medio annuo di crescita del 5,1%". "Tra il 1993 e il 2005 la nostra economia - aggiunge - è invece aumentata solo dell'1% annuo. Anche il contesto politico è profondamente diverso: nel dopoguerra i tedeschi incentivarono con accordi bilaterali l'arrivo di lavoratori stranieri; i governi italiani, invece, da quando ha avuto inizio il flusso migratorio verso il nostro paese, hanno sempre cercato di limitare il numero degli immigrati". "L'immigrazione straniera in Italia - spiega Bonifazi - ha in questi anni acquistato caratteri sempre più precisi. Si sono affermate tre collettività principali (la rumena, l'albanese e la marocchina), che insieme rappresentano il 41% del totale. La presenza straniera è concentrata nelle aree più dinamiche del paese, con il Centro-Nord che accoglie l'88% degli stranieri residenti. Al Nord gli immigrati rappresentano ormai circa il 10% della forza lavoro e degli occupati. Rilevante è anche il contributo che la popolazione straniera dà alla stagnante demografia del paese. Più del 15% dei nati nel 2008 ha entrambi i genitori o la madre straniera e in molte regioni dell'Italia centro-settentrionale questa percentuale supera il 20%. Senza contare che è straniero l'8,4% dei minori e l'11% della popolazione tra 18 e 39 anni di età".

"Le ragioni che hanno determinato una crescita così elevata dell'immigrazione - continua - in un contesto, come quello italiano, caratterizzato da un quadro politico teso a regolamentare gli ingressi e da un andamento economico non particolarmente brillante sono molteplici". "L'alto livello di reddito e i bassi tassi di disoccupazione - conclude - che caratterizzano molte aree del paese; la consistente economia sommersa (stimata tra il 15 e il 20% del Pil); la persistente bassa fecondità che si è avuta nella popolazione autoctona tra il 1991 e il 2007; il basso livello di mobilità interna tra il Mezzogiorno e il Centro-Nord; un sistema di welfare non in grado di rispondere ai bisogni di un paese che ha visto il numero di persone con più di 65 anni approssimarsi ai 12 milioni, di cui 2,3 milioni con qualche forma di disabilità".

La sempre più numerosa presenza di stranieri nel nostro Paese la si può osservare anche nell'ultima rilevazione condotta dal Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, che nelle classi delle scuole italiane ha contato 575mila alunni stranieri. La loro incidenza, in dieci anni, dall'anno scolastico 1998-1999 al 2007-2008, è infatti passata dall'1,1% al 6,4%. La rilevazione del ministero evidenzia anche la significativa presenza tra di loro di quasi 200mila ragazzi nati in Italia, le cosiddette 'seconde generazioni', che rappresentano più di un terzo della popolazione scolastica straniera.
Al contrario il numero di allievi stranieri di recentissima immigrazione, in quanto entrati nel sistema scolastico italiano nell'ultimo anno scolastico, è di circa 46mila, il 10% del totale degli alunni stranieri del primo e secondo ciclo di istruzione. Sono questi ultimi, evidenzia il rapporto del Miur, a rappresentare l'area critica della presenza straniera nella scuola, una presenza che reclama una priorità di misure di accompagnamento per un'integrazione rapida ed efficace.
Sono le regioni del Centro e del Nord del Paese, in particolare del Nord-Est, a detenere il ''primato'' della presenza di cittadini non italiani tra i banchi di scuola, così come sono le strutture statali ad ospitarne il maggior numero. Infatti, rileva il Miur, a fronte di un valore percentuale di popolazione scolastica presente nelle scuole non statali pari a 13,7 (ogni 100 scolarizzati circa 14 si trovano nelle non statali), per quanto riguarda la popolazione scolastica straniera il valore scende a 10,3.

[Informazioni tratte da Agenzia Internazionale Stampa Estero, Adnkronos/Ing]

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20 maggio 2009
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