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Quei borghesi piccoli piccoli, rimasti piccoli... Dal Censis il rapporto sulla mobilità tra le generazioni

10 giugno 2006

Censis, borghesi sempre più piccoli
di Luisa Grion (Repubblica.it)

Il borghese diventa piccolo borghese, l'impiegato resta impiegato, la classe operaia - per forza di cose - si è ridotta e ha, in parte, conquistato una scrivania.
In Italia, scalare i gradini del benessere sta diventando un'impresa sempre più difficile: la fascia alta della società non riesce più a ''proteggere'' i suoi figli e il ceto medio consuma ormai tutte le sue energie per restare tale.
Lo certifica un studio del Censis che - analizzando i percorsi fatti dai figli rispetto ai padri - rivela un paese tendente all'immobilità, destinato a farsi sempre più inghiottire dal grande mare del ''ceto medio'' nel quale affluiscono anche quelle che una volta erano le punte avanzate della borghesia intellettuale.

I salti verso l'alto, tanto frequenti negli anni Sessanta, non si vedono quasi più: negli ultimi anni il 40 per cento degli occupati non si è mosso rispetto ai padri. Non solo: analizzando il profilo dei lavoratori con più di 18 anni e partendo dalla parte alta della piramide, il Censis ha scoperto che oltre il 60 per cento dei figli della borghesia (intesa come classe sociale composta da medio-piccoli imprenditori, liberi professionisti, dirigenti e quadri alti) ha fatto un salto indietro rispetto alla posizione conquistata dai padri. Se il 50 per cento è scivolato nel ceto medio (quello della ''piccola'' borghesia) il 9,6 si è trovato a far parte della classe operaia. Il balzo in giù è molto più frequente fra i figli della borghesia intellettuale che in quelli della borghesia imprenditoriale.

Nella fascia centrale della piramide a dominare è stata invece la stasi. I grandi sforzi fatti dalla piccola borghesia per spingere in avanti i figli, nella maggior parte dei casi, sono stati vani: la fatica ha fatto sì che le bocce restassero ferme (oltre il 63 per cento della prole è rimasta stabile rispetto ai padri o ha concretizzato solo piccoli cambiamenti). E se poco più del 13 per cento dei figli ha fatto il grande salto verso i vertici della scala sociale, oltre il 22 ha invece perso posizioni passando da ceto medio a basso ceto.
Poi, certo, c'è stato il grande passaggio dalla ''tuta blu'' al ''colletto bianco'': i figli degli operi, nel 47 per cento dei casi, sono riusciti ad agganciare la fascia piccolo borghese-impiegatizia, ma alla base di questo spostamento - spiega il Censis - vi è soprattutto il fatto che il peso della ''manifattura'' è irrimediabilmente sceso rispetto a quello dei servizi.
In realtà solo l'8 per cento della classe operaia ''va in paradiso'' ed è riuscita a vedere il figlio ''dottore''.

Tra l'altro, segnala il Censis, va anche detto che il ''grande cambiamento'' sociale o arriva all'inizio della vita lavorativa o non arriva più. Solo il 14,7 per cento dei figli che hanno visto migliorare la loro condizione rispetto a quella dei padri continua poi a salire i gradini della scala sociale. Il 27,6 per cento non si sposta di un millimetro rispetto alla posizione di partenza: fedele allo status del padre, resta poi tale per tutta la vita.
''Nel nostro paese - osserva Giuseppe Roma, direttore generale del Censis - non ci sono i meccanismi che producono mobilità. Oltre al difficile accesso alla formazione ed alla conoscenza, continuiamo ad essere un paese con molte incrostazioni corporative''.

[Nella foto: ''Ritratto della Borghesia'', Alfaro Siqueiros , 1939]

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10 giugno 2006
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